Elvis Moro fa parte di quella schiera di persone che non affidano ad altri il proprio destino. Vengono, anzi, in mente quegli scalatori, o meglio quei free climber che alle vie tracciate, ferrate, messe in sicurezza, preferiscono aprirne di nuove, rischiose, ma affini al proprio sentire. Il ritratto di questo artigiano che ha vissuto Sarsina nell’ultimo decennio pare infatti poco riproducibile, come i suoi strumenti.

Sarsina, è il contesto, anzi la minuscola frazione di Calbano, tre case e due torri a tiro dal Teatro Plautino. Anche Sarsina non è replicabile. Anzi. Il patrimonio di Sarsina (che si merita tutto l’arancione della Bandiera Tci), risale fino al VI secolo a.C. Nel borgo romagnolo splende un centro storico da strabuzzare gli occhi, in cui spuntano reperti archeologici e monumenti di epoca Romana: il Mausoleo di Obulacco, il foro Romano, gli scavi di via IV novembre, il tempio votivo di Cesio Sabino e la casa di Tito Maccio Plauto, il poeta e commediografo romano. Il tutto raccontato ed esposto nel Museo Archeologico Nazionale.

Scorcio del centro storico di Sarsina / foto Shutterstock

Il paesaggio tiene il passo. Per trovare Sarsina, partendo da Cesena, si risale la Valle del Savio passando da pendici intagliate a creste e speroni, dai frutteti profumati a vene di gesso e calanchi (Il Parco delle Marmitte dei Giganti), e poi boschi di latifoglie e le prime faggete che annunciano il Parco delle Foreste Casentinesi. In questa tavolozza di colori, tipicamente appenninica, la riviera romagnola pare lontana, anche se poi non lo è davvero.

Colori e natura, sono anche gli elementi primari da cui Elvis Moro parte per definire le forme dei suoi liuti e quindi arrivare al fine ultimo, il suono. “La chitarra classica come la conosciamo oggi si allontana dal mio concetto di strumento musicale”: è la radicale tesi di Moro, che prende la parola e spiega come “sia fuorviante affermare che la chitarra italiana sia solo uno strumento di passaggio, prima dell’avvento di quella che è universalmente considerata la vera chitarra, ovvero quella spagnola, imbracciata per prima dallo 'stradivari' iberico delle sei corde, Antonio De Torres".

Elvis (che all’anagrafe italiana porta in dote la passione materna per The King), a De Torres preferisce la riminese Maria Rita Brondi (1889-1941): chitarrista, liutista, cantante, compositrice e storica della musica italiana. E guarda pure alla figura fondamentale di Luigi Mozzani, anche lui concertista, compositore e liutaio, amico e collega della concertista riminese (presso il Museo della Musica di Pieve di Cento, tra l'altro anch'essa Bandiera Arancione del Touring Club Italiano) è presente un'ampia collezione di strumenti realizzati da Mozzani tra il 1920 e il 1930.

“Io lavoro da sempre per restituire dignità alla liuteria del nostro Paese e ne sto percorrendo filologicamente la storia. Come Brondi e Mozzani, anche io non credo che la definizione di chitarra sia sovrapponibile a quella della chitarra spagnola. Così mi impegno giorno per giorno studiare e divulgare le conoscenze che si sono tramandate sul nostro territorio, dal basso medioevo al periodo classico-romantico, creando strumenti originali, esemplari unici che vogliono rifarsi a quelli costruiti tra la seconda metà del 1700 e la prima metà del 1800”.

Elvis Moro nel suo laboratorio / foto E. Moro

La pratica spiega più della teoria. Moro e i puristi come lui partono dalla ricerca filologica, poi c’è il disegno, la ricerca dei legni, colle animali e corde di budello al posto dei materiali sintetici. “Io uso legna che si usava al tempo, noce, tasso, pioppo, spesso anche legni di alberi da frutto – precisa Moro - a volte mi è capitato di abbattere anche qui intorno a Sarsina i tronchi. Per la cassa armonica cerco quasi sempre legna di faggio rosso da segherie in Trentino, quando invece nella produzione industriale il legno arriva da lontanissimo e quasi sempre è palissandro. Anche le vernici che uso sono naturali, derivate dalle resine degli alberi. Un procedimento lungo, poco economico, anzi per niente remunerativo, che ricalca un approccio pittorico. Sono i pittori i primi ad aver usato resine e pigmenti naturali per fare i colori, e i liutai hanno mutuato tutte queste tecniche per, alla fine, arrivare ad altri colori, quelli dei suoni.

Un sentiero nelle Foreste Casentinesi / foto Shutterstock

Come si mantiene un ribelle: “È una buona domanda – chiosa Moro -, intanto i miei strumenti sono piuttosto costosi. Ho anche una linea di strumenti che faccio su ordinazione per musicisti e studenti dei conservatori, l’attività quotidiana è ovviamente fatta anche di riparazioni e restauri ordinari e infine c’è l’attività formativa, laboratori e atelier”.

Questa storia finisce con una separazione, dolorosa ma necessaria, perché Elvis Moro ha preso al volo un’occasione che può dare una mano al suo progetto professionale e di vita: una nuova sede per le sue attività, proprio di fronte al Conservatorio di Cesena. “Dopo dieci anni di lavoro artigianale e attività culturale, lascio qui un pezzo di vita e uno spazio in cui espongo alcuni dei miei strumenti. A Cesena porto il laboratorio e una energia rinnovata per continuare la mia attività, che riguarderà anche la pubblicazione di un libro, manca solo l’editore”.

La frazione di Calbano

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