Una visita a Opi non sarebbe completa senza un'escursione nella natura circostante. La meta giustamente più popolare è l'idilliaca Val Fondillo, la valle più verde del Parco nazionale, che dopo le Grotte Fondillo, a poco più di mille metri di altitudine, si apre formando un anfiteatro di origine glaciale, fiancheggiato dai monti Amaro (m 1862) e Dubbio (m 1702), collegati fra loro dalla grande Serra delle Gravare (m 1960). Al suo imbocco un centro visite del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise mette a disposizione informazioni utili sui percorsi e sui servizi, dalle passeggiate a cavallo o su un asinello al tiro con l'arco e al noleggio delle mountain bike. E poi c'è il Museo della foresta e dell'uomo, ricavato in un vecchia segheria dove un tempo si lavorava il legno delle faggete della valle, documenta la storia e il lavoro dei tagliatori e dei mulattieri locali.

La Val Fondillo infatti non è solo un intatto patrimonio naturale, ma anche culturale, in quanto da sempre cuore delle attività agro-silvo-pastorali praticate per secoli dalla popolazione di Opi e dintorni: dalla lavorazione del bosco, curato e coltivato da boscaioli e mulattieri il modo da non alterarne lo sviluppo, all'allevamento di bovini, il cui pascolo è stato regolato in forma comunitaria dalla “Società delle Erbe Seconde”, sino all'agricoltura, praticata all'imbocco della valle e nelle zone di altura (le “Cese”), ricavate nel bosco sui ripidi versanti del monte Dubbio per coltivarvi grano, patate e lenticchie (duro lavoro svolto con mezzi manuali e ancora documentato in alcune stalle in località Pagliara). Le impetuose acque del torrente Fondillo, per parte loro, fornivano la forza motrice ai mulini di fondo valle e hanno consentito anche la prima produzione di energia elettrica, giunta a illuminare Opi solo nel dopoguerra.

La rete di sentieri, adatti a tutte le esigenze, consente di raggiungere le cinque sorgenti principali del limpidissimo torrente Fondillo, come la sorgente Tornareccia (ci si arriva facilmente con un sentiero natura che parte dal museo della Foresta), e altre mete interessanti come il rifugio dei briganti, la grotta delle fate, il passaggio dell'orso. Un classico è l'ascensione al Monte Amaro, dove si può arrivare con circa due ore e mezza di faticosa salita (partendo dal Museo della foresta e dell'uomo). La vetta del Monte Amaro è un fantastico belvedere sul Parco nazionale, verso il Monte Marsicano e le creste della riserva naturale La Camosciara. Non solo: percorrendo la sua cresta quasi sempre si riesce ad avvistare i camosci nel loro ambiente. Ed è allora che si comprende, e si apprezza, il forte isolamento grazie a cui in cui l'alto Sangro ha potuto conservare nei secoli tante specie animali, dal camoscio all'orso bruno marsicano, simbolo del Parco nazionale, e poi a cervi, caprioli, lupi, volpi, linci e persino gatti selvatici.

Testo di Roberto Copello; foto Thinkstock e Wikipedia Commons (G. Iannarelli e M. Carnevale)

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