Città del tufo, “Piccola Gerusalemme”, gioiello etrusco, fortezza naturale... Qualunque sia la definizione adottata, non basta a restituire il fascino e la magia di Pitigliano, borgo fiabesco e quasi irreale, che appare come un miraggio a chi la avvista arrivando da Manciano e fermandosi a contemplarne lo skyline dal belvedere di fronte al Santuario della Madonna delle Grazie. Il primo impatto è sempre formidabile, per la suggestione offerta da una visione scenografica senza pari, quella di un paese che si erge compatto sul pianoro tufaceo scavato nei millenni dai profondi fossi dei fiumi che lo circondano, Lente, Meleta e Prochio. Un panorama che toglie il fiato, specie allorché ci si accorge che le case sono costruite sul filo dello strapiombo, come una massa edilizia compatta che quasi si confonde con la roccia.

La posizione isolata e imprendibile di Pitigliano fa comprendere perché, all'inizio del Trecento, i signori Orsini (che l'avevano rilevata dagli Aldobrandeschi) pensarono bene di trasferirvi la sede comitale dalla vicina Sovana, il comune che aveva dato i natali a Ildebrando di Soana ovvero Gregorio VII, il celebre papa protagonista della lotta per le investiture a inizio secondo millennio. Prima ancora il luogo aveva attirato gli Etruschi, che vi costruirono le famose Vie Cave scavate nella roccia tufacea e utilizzate come via di comunicazione e difesa, e le loro Necropoli. Aveva attirato i Romani e aveva attirato i Longobardi. Furono proprio gli Orsini, però, a fare di Pitigliano una fortezza virtualmente inespugnabile, rafforzando in particolare il più vulnerabile lato orientale, il solo che non si protende nel vuoto. A metà del Cinquecento Niccolo IV Orsini convocò Antonio da Sangallo il Giovane, uno dei maggiori architetti militari della sua epoca, incaricandolo di adeguare le strutture difensive agli sviluppi di un'artiglieria sempre più potente. I torrioni circolari, così, vennero sostituiti a est da bastioni poligonali, cui si aggiungevano dalla parte opposta del paese baluardi e torrioni rivolti a nord e a sud. Il tutto a difendere un assetto urbano di straordinaria omogeneità, con edifici residenziali, chiese e monumenti armonicamente disposti lungo tre arterie viarie longitudinali e pressoché parallele, quelle della centrale Via di Mezzo (oggi via Roma), della via Zuccarelli o del Ghetto a sud, della via Vignoli o Fratta a nord. Il fascino di Pitigliano deriva dunque non solo dal colpo d'occhio che fornisce esternamente, ma anche da questo assetto interno di insolita suggestione, con l'articolata sequenza di vicoli e scalinate che raccordano le strade maggiori alle abitazioni e con i portali scolpiti, i terrazzi pensili, i lavatoi in pietra, le ripide vie cordonate dette “salciate”.

IL CENTRO STORICO
Al centro storico di Pitigliano si accede dunque da est, attraverso un poderoso portale bugnato sovrastato dallo stemma degli Orsini in travertino, proprio accanto al bastione cinquecentesco progettato da Antonio da Sangallo il Giovane. E subito si sbocca nella piazza della Repubblica, dove l'occhio è attratto dal panorama sulla campagna a sud di Pitigliano, inquadrato da una scenografica fontana ad archi. La piazza è però soprattutto dominata dall'immensa mole del Palazzo Orsini, che per secoli in città costituì l'imponente simbolo del potere, passando dagli Orsini ai Medici nel 1604, poi nel 1737, ai Lorena, infine nel 1793 alla Chiesa locale tanto che oggi il palazzo è residenza del vescovo della diocesi di Pitigliano Sovana Orbetello. Palazzo Orsini, nonostante i pesanti e non sempre ortodossi interventi ottocenteschi, unisce le strutture medievali a quelle rinascimentali, dall'elegante cortile interno, con il suo bel portico e un pozzo esagonale con motivi araldici a bassorilievo, al palazzo comitale vero e proprio, così come i segni della magnificenza principesca sono bilanciati dalla ruvidezza delle strutture difensive.

Gli interni, labirintici, sono un susseguirsi di stretti corridoi, logge e spalti, ripide scale e sotterranei (negli ambienti inferiori del palazzo ci sono la cisterna e il pozzo per l’acqua, il frantoio con le antiche macine e i torchi per frangere e spremere le olive, l’oliaia con gli orci per conservare l’olio). Oggi Palazzo Orsini ospita in 21 sale espositive le ricche collezioni del Museo Diocesano, aperto nel 1989 per ospitare tante opere d’arte sacra provenienti dalla chiese della città e della diocesi che, per motivi di sicurezza, non potevano più essere ammirate e venerate nelle chiese di origine.

Fuori del Palazzo Orsini, i cosiddetti “finestroni” che delimitano i lati opposti della piazza consentono di affacciarsi sui due versanti del paesaggio che circonda Pitigliano: a nord le valli del Prochio e del Lente con sullo sfondo la mole del Monte Amiata, a sud la valle della Meleta, la chiesa della Madonna delle Grazie e le Coste del Gradone lungo cui si estendeva la necropoli etrusca.

Ci si avvia poi lungo la centrale via Roma, fra semplici edifici impreziositi da decorazioni architettoniche, sino alla piazza San Gregorio VII, su cui prospetta la facciata del Duomo dedicato ai santi Pietro e Paolo, di aspetto barocco ma la cui esistenza è attestata sin dal 1061. Il poderoso campanile palesa con evidenza gli scopi militari con cui fu inizialmente pensato, come torre di avvistamento. Singolare, di fronte al Duomo, il monumento alla “progenie orsina”, voluto per celebrare la casata che a lungo dominò il paese: su un basamento di travertino scolpito a bassorilievi poggia l'orso araldico che con le estremità anteriori regge uno scudo con il “collare di Caniforte”, emblema degli Orsini.

Dalla piazza San Gregorio si può quindi andare alla scoperta dei tortuosi vicoli di Pitigliano, fra i quali particolarmente pittoreschi con le loro scalinate sono il vicolo della Battaglia, il vicolo della Vittoria e, oltre l'antichissima chiesa di S. Maria (documentata nel ’200, ha una sobria facciata e una singolare pianta trapezoidale), la via Antica Porta di Sovana, da cui si raggiungono i resti delle fortificazioni sangallesche delle porte di Capisotto, che all'estremità del paese incorporano blocchi di tufo unico resto visibile della città etrusca. Tutti da esplorare pure gli scoscesi vicoli che si dipartono da via Zuccarelli, cuore della Pitigliano ebraica e del suo Ghetto. Prima del tunnel sottostante l'abside del Duomo c'è il cancello dell'antica sinagoga del 1598, memoria di quando la comunità ebraica di Pitigliano era tanto fiorente da far definire la città “Piccola Gerusalemme”. Restaurata recentemente è stata riaperta al culto dopo anni di totale abbandono, mentre dal vicino vicolo Marghera, cuore del Ghetto, si scende al recondito “forno degli azzimi”.

I MUSEI DI PITIGLIANO 
Il primo nucleo del Museo diocesano di Pitigliano fu inaugurato nel 1989 a Palazzo Orsini.Nel 1998 poi vennero aperte al pubblico molte altre sale, tra le quali anche il cassero e la loggetta del Sangallo, tanto che oggi il Museo si estende su ben 21 sale , dove sono esposte opere di argenteria e oreficeria, monete, sculture lignee, dipinti su tavola e su tela, tessuti preziosi, materiale lapideo, manoscritti e libri antichi. Il pezzo più importante è forse una statua lignea quattrocentesca (Madonna col Bambino) di Jacopo della Quercia. Ci sono poi la tavola di una “Madonna in trono” del 1494 opera di Guidoccio Cozzarelli, due grandi tele di Francesco Zuccarelli, nato proprio a Pitigliano nel 1702, raffiguranti San Michele arcangelo che sconfigge il demonio e il Redentore e le anime sante del Purgatorio, opere provenienti dalla cattedrale di Pitigliano. Fra gli oggetti più antichi, oltre a preziosi incunaboli, ci sono rarissimi frammenti di pergamene dei secoli X-XII con canti liturgici natalizi. Notevole il reliquiario in rame dorato a forma di tempietto gotico delle Sante Flora e Lucilla, opere provenienti dalle chiese di Santa Fiora. Particolarmente interessanti gli oggetti liturgici, fra cui un tabernacolo del secondo Quattrocento con un eccezionale sportello in metallo con Cristo in pietà e i simboli della Passione, proveniente dalla cattedrale di Sovana, antichi calici del secolo XV e dei secoli successivi, turiboli, ostensori, paci e il reliquiario secentesco con il braccio di papa san Gregorio VII.

Un'ala di Palazzo Orsini ospita poi il Museo Civico Archeologico della Civiltà etrusca di Pitigliano, inaugurato nel 1995 e che raccoglie reperti prevalentemente etruschi, risalenti al VII-VI sec. a.C., scoperti durante gli scavi fatti alla necropoli di Poggio Buco e a Pitigliano: vasi con decorazione geometrica, ceramiche con decorazioni di animali fantastici dello stile etrusco-corinzio (fine VII-metà VI sec. a.C.), grandi crateri e anfore per l’acqua (hydria) databili nella prima metà del VI secolo a.C, un'anfora di produzione ceretana con fregio attribuito al Pittore di Marsiliana (fine VII sec. a.C.), un cinerario biconico con decorazione geometrica dipinta (VIII sec. a.C.), un raffinato frammento di Kylix attica a figure nere attribuita alla cerchia di Exechias (530 a.C.).

A sud di Pitigliano, infine, il museo all'aperto “Alberto Manzi”, inaugurato nel 2004, si articola in tre sezioni: etrusca, ebraica e della civiltà contadina. Tramite un percorso lungo la via del Gradone collega idealmente la “Città dei vivi” (una capanna protostorica e una casa arcaica, ricostruite, illustrano aspetti della vita degli Etruschi) e la “Città dei morti”, nell'area della necropoli del Gradone.

Testo di Roberto Copello; per le foto, si ringraziano Carlo Gabrielli e Amedeo Tacchinardi, partecipanti al concorso fotografico Tci Borghi d'Italia (rispettivamente: foto panorama con corvo e foto panorama dal basso); museidimaremma.it per le cantine di Palazzo Orsini; Thinksotck. 

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