Nel mondo dell’arte servono due cose:
genio e mecenatismo. Il genio è necessario per creare opere e rinnovare ogni volta; il mecenatismo per sostenere gli artisti e, in seguito, per rendere accessibili al pubblico le loro creazioni.
Al 15 di via Giorgio Jan a Milano, alla Casa museo Boschi-Di Stefano, il genio non manca: basta guardare le opere dei vari Fontana, Sironi, De Chirico e Morandi appese ai muri. Adesso si cercano i mecenati. Già, perché una parte della palazzina che ospita la casa museo dei coniugi Boschi-Di Stefano, aperta da anni anche grazie ai Volontari del Touring Club Italiano, è in procinto di essere venduta.
La storia è ben complessa, come lo sono tutte le storie che riguardano le eredità. Solo che questa volta in mezzo non ci sono parenti serpenti, ma da un lato il Comune di Milano e dall’altro la Fondazione che si occupa di valorizzare la collezione d’arte dei coniugi. Nel loro testamento infatti, Antonio Boschi e Marieda Di Stefano oltre a donare tutta la loro collezione di oltre duemila opere d’arte al Comune di Milano, lasciarono all’amministrazione cittadina l’intera palazzina, purché venisse allestita al suo interno una casa museo. Negli anni il secondo piano è stato allestito per la visita al pubblico, che solo nell’ultimo anno ha risposto con quasi 30mila presenze. Mentre il terzo piano fino a poco tempo fa era stato trasformato in alloggio di servizio per un alto funzionario dell’amministrazione comunale. Alloggio di gran valore, anche perché il palazzo di per se è già un monumento: fu costruito negli anni Trenta del Novecento su progetto dell’architetto Portaluppi.
Da qualche tempo l’appartamento è libero – al momento ospita una mostra fotografica che chiude a fine luglio – e il Comune di Milano sembra intenzionato a metterlo in vendita. «Era già stato inserito nel piano di dimissioni del 2014» ha spiegato al Corriere della Sera Roberto Tasca, assessore al Bilancio del Comune, che nel frattempo l’ha fatto valutare – 900mila euro – ed adesso si appresta a metterlo all’asta. «Vale una cifra importante e non possiamo, aldilà della passione per l’arte, trascurare il problema del bilancio» ha proseguito Tasca.
L’amministrazione dunque non sembra al momento voler fare marcia indietro. Per questo la Fondazione Boschi Di Stefano settimana scorsa ha inviato una lettera al Comune, invitandolo a rivedere la sua decisione. Un appello cui si è unito anche il Touring Club Italiano, che dal 2009 contribuisce attivamente grazie ai suoi Volontari per il Patrimonio Culturale a rendere accessibile questo piccolo gioiello milanese (sono stati ben 150.000 i visitatori dalla data dell'apertura al pubblico).
Le soluzioni possibili sono diverse. L’assessore Tasca ha suggerito l’ipotesi del mecenate che partecipasse all’asta, acquistando l’appartamento per poi donarlo al Comune che lo dovrebbe rendere visitabile. Possibile, certo: ma perché un mecenate dovrebbe regalare 900mila euro al Comune per restituirgli un bene appena acquistato?
Ci sarebbe un piano B, che appare più di buon senso. Lo ha suggerito
Andrea Kerbaker sempre sulle pagine del
Corriere: basterebbe che il Comune rinunciasse alla vendita, diventando così “
mecenate di se stesso”. Facendolo permetterebbe di rendere visitabile il terzo piano, il modo più logico
per poter ampliare il percorso espositivo della Casa Museo, che
al momento espone poco più di un decimo delle duemila opere oggi in parte chiuse nei forzieri di
Palazzo Reale.
Ma anche con questa ipotesi l’intervento dei mecenati di cui si parlava all’inizio non guasterebbe: ci vorrebbe infatti qualcuno che intervenisse a supporto del Comune per finanziare i restauri necessari per rendere visitabile l’appartamento. Come si diceva, di opere di geni Casa Boschi Di Stefano è piena, ora servono i mecenati illuminati.
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