A Borgo Valsugana

Là ove un tempo avean dominio temporale i Vescovi di Feltre. Correva infatti l’anno 1786 quando la Valsugana con le Pievi di Roncegno, Borgo, Telve e Strigno, passarono alla diocesi di Trento. Ma i tratti veneti sono rimasti tutti nell’abitato di Borgo che il gruppo del Touring Club Italiano ha visitato nella mattinata dell’ultima domenica d’aprile, al pari degli influssi artistici nelle architetture e nei dipinti che si scoprono entrando nelle chiese o passeggiando nelle strade più recondite del centro attraversato dal Brenta. Poco o nulla si sa del periodo che precede l'arrivo dei romani, mentre è noto che furono proprio loro ad assegnare la Valsugana al Municipium di Feltria della X Regio, appartenenza che sarà alla base delle più tarde divisioni tra la Diocesi di Feltre e quella di Trento. D’altro canto la valle era attraversata dalla via consolare Claudia Augusta Altinate che passando per Feltre raggiungeva Merano e scavalcava il Passo di Resia e, quindi, venne di conseguenza insediare una stazione militare (mansio) nei primi decenni del I secolo d. C. nel punto più stretto della valle, primo nucleo della futura Borgo Valsugana. Quanto al diffondersi del cristianesimo in valle, lo si deve nei primi secoli dopo Cristo ad opera di militari e commercianti, anche se una penetrazione sistematica avvenne solo nel periodo compreso tra il IV e il VI secolo. Numerosissimi i luoghi del centro storico degni d’interesse. Impossibile enumerare i tanti palazzi allineati lungo il Corso Ausugum, connotati da simmetria e regolarità, con portoni maestosi, che fanno da contrappunto all’allegro e variopinto disordine di stampo tipicamente veneto del retro degli stessi palazzi che danno sul fiume, con poggioli, sgabuzzini pensili, scale in legno, ballatoi, ringhiere, carrucole e quant’altro. Altresì improbo per motivi di spazio, sarebbe descrivere gli interni e le opere d’arte di cui sono ricche le chiese. Da non perdere in centro sono senz’altro quelle dedicate a San Francesco e a Sant’Anna, o il magnifico Oratorio di San Rocco che conserva affreschi del 1516. Una sorpresa tutta bellunese lo riserva la parrocchiale della Natività di Maria, dall'interno barocco ma che sorse come pieve nel 1027, con numerose e pregevoli pale d’altare tra le quali la Pala dei Martiri (1590 ca.) di Cesare Vecellio e ben sei pale del feltrino Antonio Cogorani - che meriterebbe un riconoscimento maggiore dalla terra natale - il Martirio di San Lorenzo (1731), il San Giuseppe col Bambino (1731 ca.), i Santi Gaetano da Thiene, Carlo Borromeo e Filippo Neri (1732-34 ca.), il Martirio di San Valentino (1735-37 ca.), il Martirio di San Giovanni (1737 ca.) e il Cristo deposto (1737 ca.). Nel pomeriggio seguito al pranzo in Val Sella, tenutosi nei suggestivi locali di Malga Costa, il Presidente di Arte Sella, Giacomo Bianchi, bellunese trapiantato a Borgo, ha condotto il gruppo guidato dal console TCI Eldo Candeago, lungo il percorso nel bosco dove s’incontrano vere e proprie opere d’arte che artisti di tutto il mondo accettano di creare con materiali naturali in simbiosi con la natura. Ne risulta uno straordinario museo en plain air che muta e si rinnova con il trascorrere del tempo e il rinnovarsi delle stagioni. Simbolo di Arte Sella resta la “La Cattedrale Vegetale” realizzata nel 2001 dall’artista Giuliano Mauri, che consta di tre navate di dodici metri di altezza, con quattrocentoventi colonne di sostegno, cinquecento anelli e tremila ramoscelli intrecciati che ne costituiscono l'impalcatura. All'interno delle colonne crescono alberi di carpine e le colonne sono solo artifici per accompagnare le piante durante i vent'anni di cui hanno bisogno per diventare adulte. Fra una decina d’anni le strutture marciranno, lasciando il posto a veri alberi, i cui rami in alto si saranno nel frattempo uniti a formare delle imponenti navate gotiche verdi, tempio in memoria dell’artista scomparso nel 2009.