‹‹Diranno di me: “Era goffo maleducato vanesio, col fegato rovinato e pronunzia da contadino”››. Sarà anche stato così, ma il poeta e collezionista romagnolo Tito Balestra non è stato dimenticato, né dagli amici né dalla sua Longiano. E oggi, anzi, il borgo natio ospita nella Rocca Malatestiana la sua collezione di arte moderna e contemporanea, una delle più ricche dell'Emilia Romagna (pazienza se la gente del posto, un po' ironicamente, ripete che il quadro più bello del castello è quello che si ammira dalla Stanza di Tito nel torrione meridionale: una finestra da cui si vede il paesaggio circostante...).

Quella della Fondazione Tito Balestra è una galleria permanente, con oltre 3mila opere di artisti del Novecento: italiani come Mino Maccari, Ottone Rosai, Mario Mafai, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis, Renato Guttuso, Ilario Fioravanti, e stranieri come Francisco Goya, Henri Matisse, Oskar Kokoschka, Marc Chagall, Cy Twombly. La maggior parte di queste opere proviene proprio dalla collezione privata di Balestra.

Ma chi era Tito Balestra? Nato a Longiano, a 23 anni, nel 1946, si era trasferito a Roma, dove in via del Babuino aveva iniziato a occuparsi della galleria d’arte di un amico, “La Vetrina”, luogo che gli aveva consentito di entrare in contatto con molti dei protagonisti della scena culturale romana e italiana del Dopoguerra. Grazie anche a questi rapporti di amicizia, negli anni Balestra riuscì a mettere insieme una vasta collezione, tanto che alla sua morte, avvenuta nel 1976 a soli 53 anni, lasciò 2302 olii, grafiche e sculture, fra cui ben 1800 opere di Mino Maccari, artist di cui era amicissimo. Desiderio di Balestra era che la sua collezione non venisse smembrata. Così, coadiuvata da alcuni amici artisti del poeta romagnolo, la sua vedova Anna Maria De Agazio (l'assistente sociale di origini marchigiane che Balestra aveva sposato nel 1956, con Mino Maccari come testimone di nozze), costituì una fondazione dedicata al marito. E finalmente nel 1991 nella rocca di Longiano aprì le porte il museo, con una prima selezione di 400 opere.

Nel tempo, poi, la Fondazione ha saputo incrementare il proprio patrimonio artistico, acquisendo circa 900 pezzi fra sculture, dipinti, disegni e incisioni di moltissimi autori novecenteschi, fra i quali Enrico Baj, Remo Brindisi, Felice Casorati, Pericle Fazzini, Lalla Romano, Leonardo Sinisgalli, Renzo Vespignani. Importante anche l'impegno bibliografico e documentario, con la costituzione di un fondo librario che conta più di tremila titoli sull'arte, la letteratura e la didattica museale. Inoltre nel 1999 la Fondazione ha costituito il CIDO (Centro Italiano di Didattica Operativa) e i Laboratori Sperimentali Didattici,  spazi per la ricerca dei linguaggi espressivi. Un impegno che nel 2010 ha meritato alla Fondazione un prestigioso riconoscimento dalla Regione Emilia Romagna, per la sua intensa attività culturale (mostre, convegni, seminari, didattica…), la qualità dei servizi offerti al pubblico, l’attività editoriale e l’uso di tecnologie avanzate, applicate a sicurezza, archiviazione e catalogazione, visite guidate.

Balestra, insomma, sarebbe ben contento dei frutti che ha generato la sua passione. Il poeta romagnolo, del resto, era uomo che, senza darlo a vedere, era generoso e capace di cose eccezionali. Così per esempio lo ricordava Renato Guttuso: “La testa piegata all’indietro le palpebre pesanti, il mozzicone di sigaro, e il suo silenzio nelle conversazioni. Parlava di rado ma sempre in modo conclusivo. Come un prestigiatore faceva di tanto in tanto apparire dalle pieghe dei suoi vestiti una stampa di Goya o di Daumier, o un epigramma. Era un uomo colto e segreto, un amico sicuro, sul quale si poteva contare, disinteressato e senza compromessi».

Testo: Roberto Copello - Foto: Arttribune.com (immagine di testata), Comune di Longiano (interno fondazione), Viterbo Fotocine (piazza Malatestiana e castello).

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