Che sul fondo del Lago di Nemi giacessero navi imperiali romane appartenute a Caligola e affondate al tempo di Claudio lo sapeva già il famoso umanista Leon Battista Alberti, che nel 1446 tentò invano di riportarle alla superficie su incarico del cardinale Prospero Colonna. Solo fra il 1929 e il 1930, però, si riuscì a recuperarle, dopo aver parzialmente svuotato la conca del lago.

Fu un'impresa archeologica di risonanza mondiale, che riportò alla luce due imbarcazioni uniche per il mondo antico, una lunga 73 metri e larga 24, l’altra di 71 metri per 20. Si trattava di due veri palazzi galleggianti, uno con funzione di residenza, l'altro di nave cerimoniale, per faraoniche feste in onore di Diana.

Per custodire i relitti, già nel 1930 veniva avviata lungo la sponda settentrionale del Lago di Nemi la costruzione del Museo delle Navi Romane, un doppio hangar di calcestruzzo, progettato in stile razionalista dal famoso architetto Vittorio Morpurgo. Il 15 ottobre 1935 la costruzione era ultimata, tranne la facciata verso il lago, attraverso cui il Genio Civile fece entrare le due navi, trasportate a una velocità media di 16 metri al giorno.

Gli scafi furono poi sospesi da terra con un’intelaiatura metallica che permetteva di ammirarli sia dal basso sia dall’alto. Il Museo poi conteneva anche le ancore in legno e i macchinari di bordo delle navi, oltre a un antico battellino e a due piroghe di età protostorica.

Il museo di Nemi insomma era l'orgoglio degli archeologi e dei cittadini di Nemi, che però non immaginavano quale tragico evento si profilava all'orizzonte. Il 31 maggio 1944, poco prima dell’entrata delle truppe americane a Roma, un incendio doloso (appiccato forse dai soldati tedeschi in fuga, ma la vicenda non è mai stata chiarita) distrusse completamente i due relitti e danneggiò fortemente l'edificio.

Dopo varie vicissitudini, il Museo è stato riaperto stabilmente nel 1988, entrando a far parte del Sistema Museale Museum Grandtour che riunisce dodici musei dell’area albana e prenestina. Non può più esibire le navi originali ma conserva un alto valore didattico, nelle sue due sezioni. Un'ala, dedicata alla navigazione nell’antichità, espone i modelli delle due navi ricostruiti in scala 1 a 5, oltre ad attrezzature di bordo, in copia e originali. L'altra ala riguarda invece l’archeologia del territorio, il santuario di Diana e testimonianze protostoriche dell’area albana. All’ingresso, è esposto un sarcofago marmoreo di età imperiale rappresentante Ermes che esce dalla porta degli Inferi e i due defunti, un uomo e una donna.

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