Luoghi destinati ai defunti e ai riti segreti della loro inumazione. Luoghi carichi di mistero che nascondevano nelle viscere della terra straordinari tesori, sepolti per accompagnare il corpo nell'aldilà, nella vita dopo la morte. Luoghi sacri, abitati soltanto da chi costruiva templi e scavava tombe che non si sarebbe mai potuto permettere. Ma la Tebe dell'ovest non era solo una necropoli. Più della fine della vita, i suoi monumenti funerari emanavano, ed emanano tuttora, per chi ci crede e per chi no, l'idea della rinascita. E quindi, sulle pareti di tombe e templi si leggono riti e preghiere tratte dai libri sacri, formule da pronunciare al cospetto di Osiride, per poter compiere un cammino attraverso il regno delle tenebre e rinascere a nuova vita. Fu intorno al XX secolo a.C., quando Tebe era ancora un piccolo centro di scarsa importanza, che quest'area sulla sponda occidentale del Nilo venne scelta per realizzarvi una “città dei morti”, prima sulla collina di Dra Abu en-Naga, di fronte a Karnak, poi sulle alture circostanti. La maggior parte delle tombe risale al periodo dalla XVIII alla XX dinastia (1570-1085 a.C. circa), epoca in cui questa città fu capitale incontrastata dell'Egitto. Rigidissima la gerarchia, nella morte come nella vita. Il popolo era sepolto nella terra. Le personalità importanti e i dignitari di corte in tombe scavate nella roccia, talvolta tanto ricche da essere degne di un sovrano. I re del Nuovo Regno scelsero invece per i loro monumenti funerari una gola dietro la montagna, la famosa Valle dei Re, separati dalle tombe delle regine che erano collocate in un vallone a sud-ovest.