Il nome ufficiale, Muro occidentale (Hakotel Hama'aravi), è in realtà il meno noto e utilizzato, perché manca di quelle suggestioni e di quel simbolismo che si ritrovano invece nel suo nome più comune, Muro del pianto. Venne così battezzato dalla tradizione cristiana, perché gli ebrei vi piangevano e vi piangono tuttora la distruzione del Tempio di Gerusalemme del 70 d.C. e, insieme a questa, tante altre sciagure che nel corso della storia hanno piegato la loro comunità. Altro non è che una porzione delle mura di contenimento fatte erigere da Erode il Grande nel 20 a.C. per rafforzare la spianata del Tempio. Bello, nel tradizionale senso del termine, non è. Eppure a guardare i fedeli che pregano con la testa fronte al muro, in piedi i più giovani, seduti su una seggiolina i più anziani, è un'emozione fortissima. Simbolo dell'ebraismo, il Muro occidentale non è un luogo santo, ma rappresenta un forte legame con il passato per un popolo che è sempre stato alla ricerca di radici e di una terra nella quale sentirsi rappresentati. Trasformato in una sinagoga a cielo aperto, con un settore per gli uomini e uno per le donne, non è raro vedere inserire tra le fessure fra le pietre dei bigliettini contenenti delle preghiere.