Il Touring Club Italiano sostiene Va' Sentiero, il progetto di sei ragazzi che da maggio 2019 hanno iniziato a percorrere tutto il Sentiero Italia. Alla pagina www.touringclub.it/vasentiero tutti gli articoli dedicati al cammino, con resoconti periodici e approfondimenti sulle varie tappe. Seguite anche voi Va' Sentiero!

Ci siamo. Va' Sentiero ha ricominciato a camminare per le montagne italiane e, come avevamo annunciato in quest'articolo, ha preferito iniziare il suo percorso 2021 dalla Sicilia, lasciando l'ultima parte della penisola all'estate 2021. Primo punto di partenza, dunque, la città di Messina, dove i ragazzi sono giunti con il fido furgone Santos in un giorno di fine aprile. "È stato un bel viaggio" racconta Diego, che per il team si è sempre occupato della parte grafica ma che quest'anno si è aggregato alla spedizione in veste di autista, sostituendo temporaneamente il fido Giovanni. "Dopo mesi di quarantena e zone rosse finalmente ci si poteva rivedere... non ti dico l'adrenalina e l'ansia pre partenza!".

Dopo un passaggio a Sondrio per "pimpare" il Mercedes classe 1995 da un amico che aveva preparato i nuovi sticker (per chi non è abbastanza giovane: "pimpare" significa "effettuare modifiche per rendere qualcosa più appariscente"), Diego ha recuperato alla spicciolata il videomaker Andrea, il capospedizione Yuri, il logistico Giacomo, poi la social manager Martina e la fotografa Sara, e infine il cambusiere-filosofo Francesco: primo pit stop a Termoli, dove il gruppo ha re-incontrato i ragazzi di Sentieri Olistici, che già avevano partecipato alla spedizione lo scorso anno; e poi via verso Reggio Calabria, ospiti di Irma e Domenico, gestori del b&b Kalavrìa: "due ragazzi giovani e molto accoglienti" racconta Diego, "tornati nella loro città dopo aver studiato fuori". Il giorno dopo traghetto sullo Stretto ed ecco Messina, dove Va' Sentiero è stato accolto dal presidente del Cai Messina e dall'Assessore alla cultura del Comune. Non poteva mancare la prima granita al caffè con panna e brioche annessa... un ottimo benvenuto in Sicilia!


Francesco ci parla lungamente delle tante peculiarità della città di Messina, spesso trascurata dal turismo, eppure ricchissima di storie e di cultura. "A partire dai forti umbertini, realizzati a scopo difensivo per un'eventuale invasione inglese tra Ottocento e Novecento; pensa, ce ne sono ben 23, tra la parte siciliana e quella calabra dello stretto: sono unici nel loro genere perché, a differenza di altre fortificazioni, non avevano come oggetto la difesa della città, bensì lo specchio d’acqua dello Stretto. I forti erano stati costruiti in modo tale da non essere visti dal mare, ma con l'avvento degli aerei diventarono obsoleti". Oggi potrebbero diventare un'attrazione turistica, alla pari della tradizione centenaria dei Pupi ("ne abbiamo provato a muovere uno: incredibile quanto sia pesante!") e degli edifici in stile neoliberty costruiti dopo il terrificante terremoto del 1908, uno dei più disastrosi registrati in Europa in tempi moderni. "Ma Messina è interessante anche per due altri aspetti" continua Francesco "innanzitutto le leggende e i miti che la vedono protagonista, dal titano Urano che crea il porto con la sua falce a Colapesce, il ragazzo sfidato da Federico II che rimane sott'acqua per reggere sulle spalle la Sicilia (e quando cambia spalla, ecco che si scatena il terremoto). E poi, la gastronomia: dalla focaccia messinese alla pignolata, fino alla Birra dello Stretto, una bella storia di resilienza, con i dipendenti di una fabbrica fallita che grazie all'aiuto di Regione, cittadini e grazie anche al loro stesso TFR sono riusciti a rimetterla in moto". 

Prima notte "ufficiale" di Va' Sentiero 2021 al Forte San Jachiddu, appunto uno di quei forti umbertini di cui parlavamo sopra. "È un luogo fuori dall'ordinario, con una vista magnifica sullo stretto" spiega Yuri. "Abbandonato per lungo tempo, è stato recuperato da padre Mario Albano, un ex missionario energico e benvoluto dalla popolazione locale, purtroppo ormai quasi cieco, che ha ristrutturato la costruzione facendo lavorare anche ragazzi immigrati, che oggi aiutano nella manutenzione". Il forte è diventato così un Parco Ecologico, "bene comune" immerso nel verde dove sventola la bandiera italiana e dove tutti sono benvenuti.


Bivaccando al Forte San Iachiddu - foto Sara Furlanetto

INCONTRI E PANORAMI SUI PELORITANI
Tempo di mettersi in marcia: prima tappa, quella dal forte al santuario di Dinnammare. "I monti Peloritani hanno iniziato subito a mostrarsi nella loro bellezza primaverile, si camminava tra querce, sugherelle, eucalipti, cespugli di erica" racconta Yuri. "Siamo stati accompagnati da Angelo Rosa di Milazzo, socio Cai con un passato sportivo d'eccezione, pensa che dalla Sicilia è arrivato a Capo Nord in bicicletta, poi non ti dico le spedizioni alpinistiche sul Bianco e ai viaggi in Sudamerica... insomma, una persona piena di aneddoti che ci ha allietato il cammino". Così come ad allietare l'arrivo al santuario è stata Liliana, della sezione Cai di Novara di Sicilia, che si è palesata con un vassoio di arancini e di pidoni (o pitoni, una sorta di calzone fritto ripieno di scarola, alici e mozzarella)... 

"Il santuario della Madonna di Dinnammare è situato in una posizione incredibile" continua Yuri "a 1200 metri, su una cresta, affacciato sullo Ionio a oriente e sul Tirreno a nordovest: da qui si vede sia l'alba sia il tramonto...". Qualcuno dice che il nome Dinnammare deriverebbe proprio dal termine latino "bimaris". Dopo un tramonto meraviglioso, per dormire i ragazzi hanno montato la loro grande tenda, mentre due di loro hanno trovato accoglienza all'interno del santuario, in una notte tanto suggestiva quanto gelida e ventosa. "In ogni caso" conclude Yuri "come ingresso di Va' Sentiero in una regione finora è stato il più bello, sia a livello di paesaggio sia a livello umano". 


Tappa Messina > Santuario Dinnammare. Vista sul porto di Messina - foto Sara Furlanetto


Tappa Messina > Santuario Dinnammare - foto Sara Furlanetto​


Tappa Messina > Santuario Dinnammare. Vista sul porto di Milazzo dal santuario di Dinnammare - foto Sara Furlanetto

"Un po' rintronati per il vento e il freddo della notte, siamo ripartiti con il sole che si è fatto spazio tra le nuvole" racconta Sara "camminando su una cresta che dietro al santuario scende su un promontorio: era solo il preludio di una tappa bella, aperta, in cresta, con lo sguardo che andava dalla costa nord con Milazzo e il Tindari fino all'Etna con la neve in cima". Sara era già stata nella zona, qualche anno fa: "nel 2017 io e Yuri avevamo deciso di fare un giro da queste parti: mi ricordavo in particolare del monte Scuderi, una vetta dei Peloritani dalla forma peculiare, la cui cima è insolitamente pianeggiante". Yuri, nel pomeriggio, non si è lasciato sfuggire l'occasione di scalarlo; il gruppo, invece, è arrivato a Piano Margi e ha iniziato a montare la tenda. "Si tratta di un piccolo pianoro dove spiccano i resti di un rifugio, attivo fino al 1995 e poi purtroppo andato a fuoco" continua Sara "ci siamo posizionati sotto a un grande e vecchissimo ciliegio, con vista sullo Scuderi: davvero un magnifico posto, peccato solo per il vento apocalittico...".

A un certo punto, mentre erano rifugiati all'interno della tenda a mangiare la colomba pasquale portata da Angelo, i ragazzi hanno sentito una voce che li chiamava: "era Giovanni Ciulla" spiega Sara "un pastore con un baffo che tutti gli hipster del mondo gli invidierebbero, una coppola in testa e tre cani al fianco, fra cui un affetuosissimo pastore abruzzese con un occhio azzurro e un occhio marrone. Giovanni parlava un po' in dialetto, per cui avere Angelo con noi ha aiutato a rompere il ghiaccio. È stato un bel momento, tra racconti da una parte e dall'altra: Giovanni, che ha con le sue bestie un rapporto viscerale, ci ha spiegato che il suo soprannome è Lumeri, perché il nonno usava la lanterna per lavorare di notte; ed è rimasto entusiasta del progetto, soprattutto rispetto alla possibilità che grazie al Sentiero Italia si riesca a rendere le sue zone più vive". Ad attendere i ragazzi un'altra notte di vento, con la tenda che sembrava volare via da un momento all'altro...


Tappa Santuario Dinnammare > Piano Margi - foto Sara Furlanetto


Tappa Santuario Dinnammare > Piano Margi. Montando la tenda a Piano Margi - foto Sara Furlanetto


Giovanni Lumeri Ciulla, pastore di Fiume dinisi - foto Sara Furlanetto

Sempre accompagnati da Angelo, che aveva studiato e segnato perfettamente il tracciato, i ragazzi hanno proseguito sui monti Peloritani verso Fondachelli-Fantina, il piccolo paese meta della terza tappa. "Dapprima abbiamo incrociato un parco di pale eoliche, poi proseguendo in cresta abbiamo avvistato l'enorme letto del torrente Patrì, totalmente in secca: una distesa di ghiaia tra monti ricoperti di verde" ricorda Diego. I vari quartieri di Fondachelli sono sparsi proprio lungo il letto del torrente, che nel tempo ha portato con sé disastrose alluvioni, ultima delle quali nel 1973, quando una valanga di acqua, fango, detriti e massi provocò l’esodo di circa seicento persone e il completo spopolamento della frazione Raiù. "Gravi danni furono causati anche dalla attività mineraria sviluppatasi tra il 1720 e il 1880, che contava ventisei miniere" spiega Francesco. "Le miniere richiedevano legname per sostenere le volte delle gallerie e i tunnel sotterranei indebolivano la stabilità dei terreni".


Tappa verso Fondachelli-Fantina - foto Andrea Buonopane​


Tappa verso Fondachelli-Fantina - foto Sara Furlanetto
Tornando al cammino, anche durante la terza tappa l'accoglienza è stata superlativa: "prima quella di alcuni ragazzi che ci hanno riempito di dolci, tra cassatelle e cannoli" racconta Diego "poi l'enorme gelato di Enzo Catania, pasticciere che ha il suo negozio in paese e che è noto per aver realizzato un cannolo gigante dedicato al Papa. E poi ancora l'ospitalità di Angelo Catalano, che ci ha accolto nel suo centro Le Miniere". Il centro, proprio sulle sponde del fiume Patrì, comprende sia una struttura con camere, sale comuni e una cappella, sia una tenuta dove sono stati piantati 800 alberi da frutto coltivati biologicamente. "Un posto bellissimo" continua Diego "amministrato da una persona carismatica, piena di idee e di passione, un ex imprenditore del cemento innamorato dell'Africa che si è reinventato in questo luogo. Abbiamo avuto l'impressione che ci siano nuove energie in questo angolo di Sicilia, dai ragazzi che stanno ri-tracciando i percorsi nei dintorni del paese ad Angelo con il suo centro c'è più di una persona che si impegna per farlo rivivere".
 

Centro Le Miniere nel comune di Fondachelli - Fantina - foto Sara Furlanetto​


Cettina ed Angelo Catalano, gestori del centro Le Miniere a Fondachelli Fantina - foto Sara Furlanetto

Fondachelli, ovvero il fondo dove un tempo si cambiavano i cavalli nel cammino tra Ionio e Tirreno, è situato nel punto dove si incontrano i Peloritani e i Nebrodi: ai primi, composti da scisti cristallini, appartiene il Monte Bonavita; ai secondi, il gruppo calcareo di Rocca Salvatesta. "Ho provato a chiedere in giro da dove venisse il nome: ho ricevuto sei spiegazioni diverse!" ride Francesco. Nome a parte, i ragazzi sono saliti in serata sulla cima del Bonavita, davanti al quale si erge appunto il Salvatesta, conosciuto anche come "Cervino di Sicilia" per la sua particolare forma. "Ci hanno accompagnato i ragazzi del collettivo Viyo, in dialetto locale U Vëjiò significa sentiero" racconta Martina "che vogliono valorizzare il territorio attraverso la montagna, sensibilizzando sull'importanza del cammino. Dopo aver fatto esperienze fuori, hanno cominciato da poco a lavorare insieme come collettivo e stanno progettando degli eventi per l'estate. Un bell'esempio di restanza".

Il panorama ha lasciato a bocca aperta: "incredibile, oltre al Salvatesta lo sguardo andava fino alle Eolie, si vedeva persino Stromboli con il fumo che esce dal vulcano. Un tramonto mozzafiato: a un certo punto eravamo tutti in silenzio e in contemplazione, con gli occhi infuocati di questo sole che si è buttato all'orizzionte nel mare". Tra l'altro Andrea avrebbe scalato in solitaria il Salvatesta, in uno dei giorni seguenti, tra bellissime pecore dal mantello folto e uno scirocco che quasi non lo faceva stare in piedi: "ma poi, quando sono arrivato sul bellissimo pianoro in cima, cosparso di erba soffice, incredibilmente non tirava più un alito di vento: come se l'aria si fosse dimenticata della piana!".


Monte Bonavita, vista su Rocca Novara e la costa, col promontorio del Tindari e le isole Eolie in lontananza  - foto Sara Furlanetto


Monte Bonavita, sopra Fondachelli Fantina - foto Sara Furlanetto

NOVARA DI SICILIA, TRA MULINI E FORMAGGI
La breve tappa successiva ha portato i ragazzi a Novara di Sicilia su un sentiero percorso nel tardo pomeriggio, con arrivo conseguente al tramonto: "peccato che il sentiero non ci fosse, abbiamo seguito le tracce dei cinghiali su una salita ripidissima!" ride Yuri "ma il panorama che ci aspettava sul colle che fa da spartiacque tra Fondachelli e Novara era ancora una volta da togliere il fiato: sempre il Cervino che ci guardava, le Eolie, e poi Milazzo e il Tindari...".


Novara di Sicilia al tramonto - foto Sara Furlanetto

Novara di Sicilia è un comune di 1200 abitanti caratterizzato da un centro d'impronta medievale, con piccole case affastellate ed eleganti palazzi decorati dagli scalpellini locali, chiese sontuose, vicoli sormontati da archi, strade pavimentate di arenaria e acciottolato. "Un paese che ci ha colpiti molto" racconta Giacomo "dove siamo stati accolti come delle rockstar sia dal vicesindaco Salvatore sia da Liliana, presidente del Cai di Novara di Sicilia. Con loro abbiamo visitato dapprima il Mulino Giorginaro, con ruota orizzontale, costruito a fine Seicento e riportato in vita da Mario Affannato, di professione scalpellino; poi il bel teatro del paese; poi ancora il Duomo di Santa Maria Assunta con la sua cripta, dove si trovano sei mummie di arcipreti e canonici del Sette/Ottocento, alle quali si aggiungono ben 74 teschi e pure due gatti mummificati. Il tutto condito da numerose pause gastronomiche, tra cannoli e dita d'apostolo!". 


Mario Affannato, professione scalpellino, 49, e Ugo Affannato, 88 - foto Sara Furlanetto


Novara di Sicilia. Francesco e Aldo Buemi di Novara - foto Sara Furlanetto

"Si tratta di dolci simili a cannoli, anche se cotti in forno e non fritti" spiega Francesco "sono ricoperti per metà di cioccolato e per metà di glassa - il cioccolato rappresenta il dito insanguinato dell'incredulo San Tommaso che ha toccato il costato di Cristo". Ma Novara, dove ancora si parla un dialetto gallo-italico derivante dalla conquista normanna, ha anche un'altra specialità: il formaggio detto maiorchino, che prende il nome da un grano antico, il maiorca. "Abbiamo visitato la produzione della famiglia Giamboi, nella frazione di san Marco" continua Francesco "dove Filippo e il figlio Michele producono ricotte infornate e maiorchini da generazioni; e poi abbiamo sperimentato il gioco che si svolge tutti gli anni a Carnevale, quando le forme di formaggio pecorino - con un diametro intorno ai 35 cm, pesanti dai 10 ai 12 kilogrammi - vengono lanciate per le vie del paese e fatte rotolare in una agguerritissima gara tra gli abitanti". 

"A guidarci nella preparazione della “lazzata” (la corda che serve per dare velocità di rotazione alla forma) c’era Sonia Furnari, la responsabile del torneo femminile" continua Francesco. "Una gara all'ultimo fiato - giocata con una forma di formaggio storica che ha partecipato a ben cinque edizioni - ha incoronato Sara come vincitrice di giornata: con una traiettoria perfetta, la forma si è andata a posizionare esattamente nel punto in cui inizia la lunga discesa verso il mulino. Io, invece, sono rimasto impietrito dalla brutta figura fatta. Mi hanno detto “si smugliau la lazzata”, non so bene cosa voglia dire - ma la mia forma di maiorchino, senza rotolare, è caduta rovinosamente a pochi metri da me!".  


Filippo e il figlio Michele producono maiorchini e ricotte infornate a Novara di Sicilia - foto Sara Furlanetto​


Pronti a far rotolare il maiorchino? - foto Sara Furlanetto​

Ed ecco il video realizzato da Andrea sulla prima parte del percorso siciliano.

FORESTE E LAPILLI VERSO L'ETNA
Dopo un'ulteriore, abbondante colazione a base di dita d'apostolo ("...non la più consigliata prima di iniziare a camminare", sorride Martina), il gruppo si è rimesso in marcia direzione sud: perché il Sentiero Italia prevede anche di circumnavigare l'Etna, il nostro vulcano più importante e la montagna più alta del centro-sud. "Ci hanno raggiunto Natale, Alice e Raffaele" spiega Martina "loro sono tre guide di AIGAE, l'Associazione Italiana Guide Ambientali ed Escursionistiche, che quest'anno farà vari tratti con Va' Sentiero per raccontarci delle peculiarità del paesaggio e delle loro attività. Ad attenderci c'era il bosco di Malabotta, ricco di alberi monumentali, veri e propri patriarchi: si crede che alcune roverelle abbiano oltre 700 anni. Pensa, si dice che qui siano stati girati alcuni degli scatti del film de Il Signore degli Anelli, in particolare quelli degli Ent... ma nessuno sa bene se sia una leggenda o meno". 


Le querce secolari del Bosco di Malabotta, chiamati Patriarchi - foto Sara Furlanetto

A un certo punto arriva un uomo a cavallo: è Attila, un settantenne di origine tedesca, in sella al suo Tyson. "Una colonna sonora di Ennio Morricone ci sarebbe stata benissimo" ride Martina "la scena era davvero epica, con questo cavallo possente che cavalcava sui crinali in mezzo alla macchia fiorita... e Attila che sembrava anche lui uscito da un libro del Signore degli Anelli, con la sua barba bianca e gli occhi azzurri!". Attila ha raccontato ai ragazzi la sua storia: era finito in Sicilia negli anni Settanta, diretto verso la Tunisia, ma a Trapani si era imbattuto in uno sciopero dei battelli e così... era iniziata la sua permanenza sull'isola. "Essendo figlio di allevatori di cavalli, si è dedicato anche lui agli equini, porta in giro gli escursionisti. Curiosità: da dieci anni si nutre solo di minestroni (che cucina una volta a settimana per ottimizzare), alla mattina e alla sera, niente pranzo!". 

Intanto Francesco e Diego esploravano Settevoci, una giovane realtà di comunità, arte e permacoltura nata nelle campagne di Castiglione di Sicilia. Un progetto in divenire, in cui alcuni ragazzi bolognesi hanno ereditato un antico palazzo diroccato e lo stanno recuperando a poco a poco, dedicandosi all'agricoltura e offrendo vitto e alloggio a chi passa di qui per un periodo di lavoro e condivisione.


Attila, cavaliere originario di Hannover - foto Sara Furlanetto


Settevoci, una giovane realtà di comunità, arte e permacoltura nata a Castiglione di Sicilia - foto Sara Furlanetto

Lasciata Mojo Alcantara, dove ad accogliere i ragazzi è arrivato il sindaco, ecco l'Etna: "piano piano il terreno è cambiato" racconta Giacomo "e Va' Sentiero, per la prima volta, ha camminato sulla lava!". Un'esperienza totalmente nuova: "camminare sui lapilli è davvero uno spettacolo, una sorta di massaggio rilassante per le gambe e anche per l'udito, visto il continuo scricchiolare dei granelli sotto le scarpe". Ad aspettare i ragazzi ben 1500 metri di dislivello positivo, tra paesaggi molto diversi: prima i vigneti delle pendici del vulcano, poi boschetti, poi ancora le distese di lava con le conifere sparse e i caratteristici cespugli bassi, sferzati dal vento; infine le pinete del versante nord del vulcano.

Giacomo a un certo punto si è staccato dal gruppo: "Volevo raggiungere il mio amico Andrea, che non vedevo da 12 anni. L'ho ritrovato in compagnia della figlia Anita, 10 anni, una bambina speciale, dolcissima, con un sorriso genuino, ce ne siamo tutti innamorati! Abbiamo camminato per un tratto insieme, tra racconti del passato e risate. E mi sono reso conto di quanto sia speciale quello che stiamo facendo, questo viaggio è servito ancora una volta per riallacciare i rapporti con persone che non vedevamo da tanto tempo... è davvero un modo per riprendere i contatti e stabilirne di nuovi". Salutati Andrea e Anita, il gruppo è arrivato al posto tappa del giorno: lo chalet Clan dei Ragazzi, completamente immerso nel verde della pineta Ragabo, nel territorio del Comune di Linguaglossa. "Siamo a poca distanza da Piano Provenzana, a 1800 metri di quota, stazione sciistica d'inverno e punto di partenza delle escursioni guidate ai crateri sommitali dell’Etna" conclude Giacomo "lo chalet, gestito da Ugo e Roberta, è davvero immerso in una pace totale, un luogo spettacolare. Dopo una cena super abbondante, ci aspettava la nostra tenda". 


Tappa Mojo Alcantara > Piano Provenzana - foto Sara Furlanetto


Tappa Mojo Alcantara > Piano Provenzana - foto Sara Furlanetto