Dopo 24 giorni e 6380 chilometri si conclude il Gran Giro d'Italia dei nostri sposi
I nostri #inviati di nozze tornano a casa

Ventiquattro giorni e 6380 chilometri dopo il loro viaggio si è concluso con gran soddisfazione e il rimpianto tipico di ogni bella avventura: peccato non sia stato più lungo. «Sicuramente ero stato troppo ottimista. Avevo stampato una cartina, fatto pallini rossi delle cose che volevo vedere lungo la strada. Ma erano davvero troppe: un posto al giorno l'abbiamo dovuto tagliare. Abbiamo cercare di fare le cose con calma, senza strafare con i chilometri da percorrere ogni giorno e prendendoci il tempo giusto per vedere le cose. E così abbiamo tagliato anche qualche tappa, saltato a pié pari alcune zone» racconta Nicola. Però alla fine hanno toccato quasi tutte le regioni tranne Sardegna, Valle d'Aosta e Friuli (e il Lazio, solo attraversato). Un vero grand tour vecchio stile.
L'idea di base era di percorrere solo strade statali e provinciali affidandosi ad atlanti e mappe Touring, ma alla fine qualche strappo alla regola l'hanno fatto. «Altrimenti saremmo ancora in giro». Strade spesso scenografiche, di norma poco trafficate, quasi sempre relativamente ben tenute. «Anche se Lauria Sud a Maratea quel tratto è una cosa pazzesca. Almeno 15 chilometri di strada sconnessa, buia, senza segnaletica, un vero disastro quello». Ma sono cose che capitano quando si fa tutta quella strada. «Capitano, come capita alle volte di trovare cartelli con indicazioni contrastanti che indicano la stessa destinazione da due parti opposte». Cose che passano in secondo piano quando hai attraversato strade come quelle tra Marche e Umbria: «nastri d'asfalto appoggiati sui colli, strade sui crinali delle colline dove domini tutto il paesaggio, immersi in tanto verde. Colori bellissimi che attraversi a 50 chilometri all'ora con calma» racconta. «Ma anche la strada della val d'Ega verso Canazei, il passo di Praderago, e le strade tra Feltre e Valdobbiadene, immerse nei vigneti di Prosecco». Insomma: davvero un bel viaggiare.
Difficile dire cosa sia piaciuto di più ai nostri inviati di nozze. «Individuarne uno davvero non mi riesce» riflette Elisa. «Così tante, così varie e così stupefacente le cose che abbiamo visto che tutto mi ha colpito» prosegue. Ma nemmeno in negativo? «Oddio, forse Bellagio, sul lago di Como. Ma intendiamoci: non perché sia brutta, anzi è molto graziosa. Però sempre proprio un luogo a uso e consumo turistico, una cartolina d'Italia bella per gli americani, ma con poca anima» spiega. «Non so dire quale sia il posto più bello, però so dire cosa mi ha colpito di più» interviene Nicola. «Incontrare così tanta gente con cui condividere quel che stavamo facendo è stato davvero bello. Osti, cuochi, camerieri, albergatori tutte persone con cui è stato bello parlare e confrontarsi, approfittare della loro ospitalità, della capacità di accogliere l'ospite. E il bello è che spesso erano giovani che mandano avanti strutture a condizione familiare, perché nello scegliere dove avremmo soggiornato siamo stati attenti a che fossero piccole e con qualcosa di distintivo locale» racconta.
Qualcosa di distintivo che hanno cercato, e trovato, anche a tavola. «Uno lo sa, perché lo sa. Ma confrontarsi di seguito, giorno dopo giorno, con una varietà così grande di sapori, di piatti, di modi di cuocere, anche solo di varietà di verdure, leggermente diverse da un posto all'altro ti dà il senso e la misura della bellezza e della ricchezza di questo Paese» sottolinea Nicola. E ora che tutto è finito, che i nostri inviati sono rientrati a Firenze, non rimane che mettere in fila i ricordi, guardare le fotografie, aggiornare l'itinerario del viaggio e pensare alle tappe del prossimo grand tour d'Italia. Altro che la Polinesia.
