I piaceri di un viaggio di nozze sono molti e molteplici. Di alcuni non è questa la sede per parlarne. Di altri abbiamo detto. Ma viaggiando per l'Italia minore come fanno da due settimane i nostri inviati di nozze Elisa e Nicola una delle gioie maggiori è sedersi a tavola e gustare le sorprese che riserva il territorio. Partendo dalla Liguria, passando per il Piemonte dei grandi vini, l'Alto Adige dalla rinnovata cucina, l'inaspettato Veneto, la Romagna e l'Abruzzo la prima metà del Gran Giro d'Italia dei nostri inviati è stato un susseguirsi di assaggi che i nostri sposi non esitano a definire strepitosi. E adesso che sono entrati in Puglia chissà che cosa li aspetta quanto a pesce fresco e non solo.
 
IL SAPORE DEL LEON.. D'ORO
Ma già fin qui il piatto è ricco. Anzi, Nicola arriva a dire che «il timballo mangiato al Leon D'Oro di Leonessa (comune Bandiera Arancione in provincia di Rieti) è una delle cose migliori che abbia mai mangiato nella mia vita. Me lo sogno di notte» racconta. E cosa sarebbe questo piatto delizioso? «Aveva una consistenza strana, non era un purre, era sodo, quasi stagno. Servito su un letto di caciotta fusa e con una abbondante grattugiata di tartufo. Una cosa, guarda...» E il bello è che non l'avevano neanche ordinato. «Eravamo arrivati a fine cena, stavamo prendendo un tiramisù leggero poi arriva il cameriere con questo piatto, omaggio della cucina dice. Lo provo, ed è davvero un'epifania» aggiunge. E dire che non dovevano neanche entrare in quel ristorante. «In effetti quando ci siamo affacciati ci han detto che era tutto pieno. Poi abbiamo fatto un giro per il paese senza trovare nulla che ci a un primo impatto ci soddisfacesse, quando eravamo lì davanti è uscito un signore che ci ha detto “guardate che si è appena liberato un tavolo, il mio. Entrare che ne vale davvero la pena». Ed in effetti sembra ne sia valsa davvero la pena. «E prima del timballo avevamo provato degli anelli di pasta alla 'matriciana e dei fegatelli alla griglia avvolti nell'alloro che hanno stregato anche l'inviato del Guardian, che ne ha scritto tempo fa» aggiunge Elisa.
 
SCEGLIERE UN RISTORANTE
Ma come scegliete i vostri ristoranti, a istinto? «È un lavoro complesso» scherza Elisa. «Sostanzialmente un incrocio di quel che troviamo sulla guida Alberghi e ristoranti d'Italia del Touring, sommata ai consigli di chi ci ospita e con una sbirciatina, va detto, a quel che dicono i commenti su Tripadvisor» racconta. Insomma un algoritmo complesso che però fino ad ora ha regalato grandi soddisfazioni. «In queste ultime tappe lungo la dorsale adriatica devo dire che abbiamo fatto grandi scoperte. A Urbino degli strozzapreti al cartoccio con sugo di funghi, salsiccia e tartufi fantastici, a San Leo passatelli asciutti davvero ottimi e un'abbondanza di salumi e formaggi localissimi che erano una scoperta» racconta. Come è stata una scoperta la carne di puledro assaggiata in un agriturismo a Crespignaga (frazione di Maser, in provincia di Treviso) scovato sulla guida Tci, o il galletto ruspante cotto per quattro ore sotto vuoto preso a Genga, nelle Marche.
 
E per le portate come fate? «Ci affidiamo totalmente ai camerieri facendoci consigliare quello che è davvero locale, o la specialità del ristorante. E fino ad ora non ci hanno deluso» raccontano. «Anche i vini si sono dimostrati un buon modo per conoscere i territori, vista la varietà di bottiglie legate alle diverse zone. Per ora ci ha colpito soprattutto un Rosso Conero assaggiato a Genga» spiega Nicola. E poi le colazioni. «Abbiamo elaborato una teoria che magari non è troppo originale ma per ora si è dimostrata vera: se il posto dove dormi è un piccolo b&b o un agriturismo hai più possibilità che la mattina ci sia una colazione luculliana, con torte e marmellate fatte in casa. E poi il salato, che per me non dovrebbe mancare mai» racconta Elisa.
 
UN PO' DI TURISMO CULTURALE
Certo, in queste tappe tra la San Leo e Ostuni hanno visitato anche un sacco di bei posti poco frequentati. «Come Rocca Calascio vicino l'Aquila, oppure Sassocorvaro a due passi da Urbino, Colle Pino con i suoi quaranta abitanti e poi Roccascalegna, in provincia di Chieti: tutti piccolissimi ma davvero affascinanti» prosegue Elisa mentre Nicola è intento a guidare per le ampie strade pugliesi. Qualcosa che non avete potuto assaggiare ma dove tornerete di certo? «Ah, a Roccascalegna ci hanno racconto che il piatto tipico si chiama ciffe ciaffe, o qualcosa del genere. Pare siano avanzi di maiale che poi vengono cotti alla griglia, ma avevamo ancora tanta strada da fare che non potevamo fermarci ad aspettare che venisse ora di cena. Torneremo».

Ultima domanda: quanti chili avete preso in questi giorni? «Non ci siamo pesati prima di partire e dunque non lo sappiamo. Ma non tanti, perché ne consumiamo. Camminando su e giù per chiese, manieri e castelli si brucia. E poi...» risponde Elisa. E poi? «E poi a pranzo non mangiamo, che altrimenti ci fermeremmo troppo tempo...». Giusta soluzione per un problema altrimenti insolvibile.
 
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