«La natura non ha creato il sole, né l’aria, né l’acqua come privata proprietà, ma come tesori pubblici» (Ovidio)

L’acqua è elemento di equilibrio ed essenza di vita e i Romani subito compresero l’importanza dell’oro blu, tant’è che l’Urbe fu caratterizzata da abbondanze di acque, per cui si meritò l’appellativo di regina aquarum, grazie alla perizia dei suoi costruttori, che realizzarono acquedotti per portare l’acqua dalle colline. Fu “La più alta manifestazione della grandezza romana”. A testimonianza di questo trionfo idraulico, sono ancora visibili le rovine di quei “monumenti alle acque” che il Goethe definì “una successione di archi di trionfo”. Oggi il territorio che più di ogni altro sembra identificarsi con l’acqua è quello di Tivoli, l’antica Tibur Superbum ed in particolare quello che si trova nei pressi di Poli, Gallicano nel Lazio, San Vittorino, San Gregorio di Sassola, che dovrebbero far parte dell’istituendo Parco Archeologico Naturalistico dell’Agro Polense, in cui è possibile ammirare gli imponenti e ben conservati resti di acquedotti romani, resi celebri anche dal famoso acquerellista Ettore Roesler Franz e dalle fotografie di Thomas Ashby. Uno di questi è il Ponte della Mola, acquedotto a otto arcate a doppio ordine appartenente all’Anio Vetus, nei paraggi di San Gregorio da Sassola, cui si arriva per una strada sterrata dopo un piccolo tratto di splendido selciato di origine romana. Nelle immediate vicinanze, seminascosto da una fitta vegetazione, domina il Ponte di San Pietro, dotato di una lunga arcata di 16 metri di luce. Il Ponte Sant’Antonio è uno dei più bei ponti degli acquedotti romani. Questa imponente opera fu costruita per l’Anio Novus. Originariamente formato da un arco centrale alto 30 metri, sostenuto alle estremità da poderose opere di contenimento e fiancheggiato da sei archi, lungo la parte settentrionale e due lungo quella meridionale, per una lunghezza di 120 metri, fu soggetto a ripetuti restauri che, pur conferendo alla struttura uno stile più “massiccio”, non ne diminuì il fascino: tant’è che fu fonte di ispirazione di molti artisti fra cui Ettore Roesler Franz.

 

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