LA TAVOLOZZA DI PIETRO VANNI

La storica dell’arte Arianna Tabaro conclude venerdì 26 maggio alle ore 16,30 nella sala conferenze del Museo della Ceramica della Tuscia (Palazzo Brugiotti via Cavour 67 Viterbo) il ciclo di conferenze dei “Pomeriggi Touring” con una conversazione sul pittore viterbese Pietro Vanni (1845-1905). L’iniziativa, promossa dal gruppo consolare di Viterbo del Touring Club – in collaborazione con le associazioni Fidapa, Nimpha e Inner Wheel - si è articolata sulla vita e le opere di cinque pittori viterbesi con il titolo “Tavolozze d’autore”.

A Viterbo, la prima gioventù di Pietro Vanni fu segnata dal grande amore per Emilia (l’adorata Mimma) che morì prematuramente, causando all’artista una profonda depressione.  Nel 1887 sposò Angela Bevilacqua, vedova Calabresi, che gli regalò una dote provvidenziale e un figlio, Riccardo.  Si disse che, come pittore, gli mancava uno stile immediatamente riconoscibile, se non per quella ricorrente patina di dolce mestizia che avvolge molti dei suoi lavori, soprattutto gli affreschi commissionatigli dal Comune nella chiesa cimiteriale di San Lazzaro a Viterbo purtroppo sempre più sbiaditi e ammalorati.
 
Fedele alla scuola accademica di Cesare Maccari, Pietro Vanni aveva l’atelier a Roma in via Margutta, ma d’estate frequentava spesso lo studio di via Valle Piatta a Viterbo e la villa del Merlano di proprietà della moglie dove si contornava di animali (perfino un serpente) a dimostrazione di un carattere estroverso e sensibile. Tra i suoi allievi c’erano Corinna e Olga Modigliani, cugine di Amedeo Modigliani.

Oltre alla pittura Vanni coltivava l’arte della ceramica, del ferro battuto e nell’ultima stagione della sua vita delle acqueforti. In questo caso fece tesoro di passate esperienze e di una più solida maturità artistica. Nelle sue incisioni affiorano i paesaggi di Viterbo, tronchi irregolari, radici ritorte, filari di pini e di vigneti. Da ricordare i suoi lavori per il rifacimento della facciata del palazzo Calabresi su via Roma a Viterbo
Nella pittura di genere si fa notare per una sensuale “Odalisca” (collezione privata) premiata all’esposizione di Belle Arti di Rovigo.  Non eccelle nella ritrattistica dove si cimenta tuttavia in un autoritratto, nel ritratto della moglie Calabresi e in quello di un contadino (collezioni private).
              
Si disse che era convenzionale nell’uso della luce. Può darsi, ma la lamina lucente che guizza come una spada nella “Decollazione del Battista” conservata a Santa Maria della Quercia è vibrante, come lo sono, nello scenario brunito dei “Funerali di Raffaello” (Musei Vaticani), i volti dei paggi infiammati dai ceri che stringono in mano. Mai vista “La Peste di Siena” (il suo capolavoro) misteriosamente scomparsa dopo l’ultima guerra. Di grande valore documentario la copia, a Palazzo dei Priori, dello “Sposalizio della Vergine” di Lorenzo da Viterbo. Lugubre la “Deposizione” al Museo del Colle del Duomo di Viterbo. Bella la “Madonna dei gigli” custodita nella Prefettura di Viterbo.
 
Pietro Vanni morirà di polmonite a Roma, a sessant’anni, il 30 gennaio 1905. L’anno successivo il Comune di Viterbo fece realizzare nella chiesa di San Lazzaro al cimitero di Viterbo un’edicola funebre dedicata al Maestro, riproduzione di quella cinquecentesca nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma dove si svolsero i suoi funerali.
 
Vincenzo Ceniti

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Ingresso libero sino ad esaurimento posti
                                                                                                
Per informazioni:
VINCENZO CENITI
Gruppo Consolare di Viterbo del Touring Club
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