Si tratta della rievocazione in costume di un’epica battaglia sostenuta e vinta dai moranesi intorno IX – X secolo per affrancarsi dal giogo saraceno. Le fonti collocano la manifestazione nel mese di maggio, nei giorni dedicati a san Bernardino da Siena (patrono, insieme alla Madonna delle Grazie, della città, prodigo di favori nei confronti di questa “devota popolazione” e del paese, avendolo, nel 1496, mediante una prodigiosa apparizione - così scrivono alcuni studiosi - salvato dal saccheggio da parte del condottiero spagnolo Consolavo de Cordova). Tuttavia la data dell'evento è spesso trasferita per ragioni di opportunità turistica al periodo estivo. 

Secondo la tradizione, nel combattimento (tramandato come battaglia di Petrafocu, dal nome della contrada prospiciente la cittadina, sito nel quale si sarebbe consumato il cruento scontro) il capo guarnigione sarebbe stato catturato e decapitato. La testa del moro, ancora sanguinante, portata per i vicoli dell’abitato sarebbe infine divenuta testimonianza perenne della vittoria sugli invasori.

L’immagine della “testa di moro” che si richiama, appunto, a questo episodio, divenne con il trascorrere degli anni un simbolo iconografico dalla chiara matrice popolare. Il reperto più antico, legato alla vicenda altomedioevale, ancora oggi visibile e ben conservato, si trova in una epigrafe lapidea che sormonta la fontana cittadina di Piazza San Nicola, risalente al 1561.

Dopo alcune modifiche e contaminazioni, apportate soprattutto tra il Cinquecento e il Settecento, il blasone raffigurante la testa del saraceno è tuttora lo stemma di Morano. La testa mozza si erge su tre colli, nelle quali gli studiosi individuano variamente i tre borghi del paese o, più fantasiosamente, le colline Petrafocu, Monzone e Sant’Angelo, un tempo urbanizzate. Nello stemma sopravvive il motto latino: “Vivat sub umbra” (Viva nell’ombra il Moro), segno eloquente del legame nutrito dai moranesi verso il ricordo di una battaglia che, pur nell’incertezza della sua reale identificazione storica, si è impresso nella memoria e nell'identità della popolazione.

Appaiono poco fondate le tesi di quanti intravedono un’attinenza fra la battaglia di Petrafocu, la decapitazione del Moro e il toponimo “Morano”. E’ ormai opinione diffusa, infatti, che le origini del borgo risalgano all’epoca della Magna Grecia, e già esistente nel II secolo a.C., come risulta dall’incisione del nome Muranum (o Summuranum) in diversi reperti, quali: il “Lapis Pollae, II secolo a.C., l’Itinerario di Antonino Pio (II secolo), la Tabula Peutingeriana (III secolo), tutte testimonianze di età decisamente anteriore alle incursioni musulmane.

I tre i rioni che costituiscono l'intricata maglia urbana dell’abitato antico, insieme alle associazioni del territorio, sotto lo stimolo organizzativo e promotore del Comune, sono coinvolti nella realizzazione della tregiorni. Ed è proprio nelle fasi preparatorie e nei lunghi convegni propedeutici alla festa che si rinsaldano vincoli e prossimità, si riscopre l’appartenenza alle proprie radici, si progettano percorsi condivisi, si riempie di contenuti e valori l’essere comunità viva e collaborante. Nel periodo della festa si respira un’aria di fratellanza; il dedalo di viuzze colorate, le centinaia di bandiere che sventolano in ogni angolo, i balconi e le finestre agghindati con piante e fiori profumati, l'imponenza maestosa e suggestiva del Castello Normanno/Svevo dominante dall'alto il centro storico, il riecheggiare dei vecchi mestieri nelle botteghe artigianali allestite nei caratteristici fondaci, il via vai di visitatori che fruiscono del patrimonio architettonico di una località Bandiera Arancione, fanno risaltare ancor più e meglio la bellezza di Morano. La qual cosa contribuisce a rafforzare concretamente i nobili sentimenti e la nota capacità di accoglienza della comunità, rendendola aperta, dinamica e tollerante.