Piccole valli e dolci declivi, spazi aperti e fitte macchie boscose, zone di alberi dai colori scuri e cespugli di un verde brillante si alternano magistralmente, comunicando al visitatore l'idea che la vita e la morte non siano che tappe di un unico eterno divenire. Trasmette l'armonia di quelle composizioni per pianoforte che ci si immagina essere state scritte da qualcuno per il quale la pace interiore non è più un mistero. E invece si tratta di un cimitero, anche se la sua bellezza fa storcere il naso davanti a un termine che evoca solitamente scenari cupi. Riconosciuto dall'Unesco come una delle migliori realizzazioni dell'architettura svedese del Novecento, questo complesso di arte funeraria è il capolavoro di Erik Gunnar Asplud e Sigurd Lewerentz, che vinsero nel 1914 un concorso pubblico per il progetto di una nuova area cimiteriale lontana dal centro. Le costruzioni, come la cappella del Crematorio, la Skogskapellet e la cappella in stile greco, si sono piegate al paesaggio naturale, e questo a sua volta si è piegato davanti a una concezione profonda della vita e della morte. Non ci sono sculture e grandi monumenti funerari che parlano di differenze di classe, ma lapidi tutte uguali, improntante a un egualitarismo dal quale si discosta solo la tomba della grandissima diva del cinema Greta Garbo, leggermente diversa dalle altre.