In pieno deserto, il sito archeologico della città di Rusafah, ancora racchiusa tra alte mura di pietra rosata, appare in lontananza come un miraggio. Lunga 500 metri e larga 300, la cinta muraria che circonda l’insediamento appare poco a poco, in modo quasi impercettibile, tanto il colore della pietra ocra si fonde con i colori del deserto circostante.
Fa pensare a una città bombardata, dove solo le mura sono state risparmiate. Si accede dalla bellissima Porta Nord, a cinque arcate di altezza e larghezza diversa, bordate come un merletto dalla decorazione minutamente colpita. Davanti alla porta si trovano le tracce del cardo, l’arteria principale dell’antica Rusafah che attraversa le rovine. Seguendone il percorso si raggiunge un primo edificio ormai in rovina, il martyrion, del quale rimane in piedi la parte absidale. Proseguendo sul cardo, dopo aver passato tronconi di colonne in marmo e frammenti di capitelli, è la chiesa di Santa Croce, riconoscibile grazie a un alto pezzo di muro ancora in piedi, dietro il quale si trova la scala a chiocciola che saliva in cima alla torre. Continuando in direzione sud-ovest si arriva a ciò che resta della basilica di S. Sergio, dalla pianta a tre navate ancora chiaramente leggibile.
Il completo abbandono nel quale si trovano le rovine di questa città, persa nel deserto e disseminata di buche scavate da clandestini cacciatori di tesori, fa sì che questa tappa si riveli un’esperienza davvero emozionante.