Compare all'improvviso dopo il claustrofobico cammino lungo la gola del Siq e anche se il più delle volte si sa bene che, svoltato l'ultimo angolo, si incontrerà questo capolavoro, l'emozione è difficile da trattenere. E ci si immagina cosa debbano aver provato i romani, i bizantini, i crociati e i primi archeologi che, senza aspettative e guide alla mano, si trovavano innanzi tale meraviglia. Petra, per molti, è sinonimo della facciata in stile ellenistico di al-Khaznah, il monumento più fotografato della Giordania, conosciuto come il "tesoro del faraone". Un'antica tradizione racconta infatti che un faraone vi avrebbe nascosto dell'oro e le "cicatrici" di proiettile sulle sue pareti provano quanto combattuta (ma vana) fu la gara per trovarlo. Il tempio non è stato costruito, ma letteralmente scavato nella roccia, in un periodo che non è ancora stato accertato dagli archeologi. Per alcuni risale all'epoca di Adriano (117-138), mentre altri lo collocano in un periodo precedente all'annessione di Petra all'Impero romano, intorno all'84-61 a.C. Alta 40 metri e larga 28, la facciata colpisce per l'armonia degli elementi: due ordini corinzi sovrapposti sono decorati con colonne, rilievi e statue. Al piano inferiore, due bassorilievi dei Dioscuri spiccano tra le colonne, sovrastate da un frontone; tra i due semifrontoni del livello superiore si trova un "tholos" centrale, dove è un bassorilievo di Iside e l'urna che avrebbe dovuto contenere il mitico tesoro. Le due porte laterali, decorate da raffinati bassorilievi, immettono su altrettanti ipogei, mentre dall'ingresso centrale si accede a un ambiente spoglio con nicchie laterali alle pareti e una piccola camera. Qui, il ricordo corre a un "archeologo" tra i più famosi, Indiana Jones, ma la magia dei raggi di sole che accendono di infinite tonalità di rosa l'interno di al-Khaznah toglie il fiato. E ci si chiede dove possa essere nascosto il leggendario tesoro.