Al piano terra dei settori ovest delle ali Denon e Richelieu, due grandi cortili coperti sono consacrati alla scultura. La sezione francese parte con le due sculture dei Cavalli tenuti dai palafrenieri (1745) di Guillaume Coustou e altri gruppi che decoravano i parchi reali nel ’600 e ’700. Nelle prime sale colpisce il fascino primitivo e orientaleggiante dei capitelli romanici provenienti da chiese ormai scomparse, come quello raffigurante Daniele tra i leoni (VI sec. e fine XI sec.); annunciano già il gotico le due statue a colonna (XII sec.) di Salomone e della Regina di Saba, provenienti dalla chiesa di Notre-Dame di Corbeil. Accanto alla scultura religiosa si afferma anche la ritrattistica celebrativa, come dimostra lo splendido Ritratto di Carlo V (XIV sec.) che doveva forse ornare l’entrata principale del Louvre. Conquista spazio anche la scultura funeraria: le sculture borgognoni e francesi del ’400 sono disposte intorno a una delle opere più singolari e impressionanti del museo, la tomba di Philippe Pot (XV sec.), proveniente dall’abbazia di Citeaux. Come la pittura, anche la scultura francese risente dell’influenza italiana: lo si nota nel S. Giorgio e il drago (XVI sec.) di Michel Colombe, ma anche nei bassorilievi di uno dei maggiori scultori francesi dell’epoca, Jean Goujon, autore della fontana degli Innocenti e dei Quattro Evangelisti (metà del XVI sec.), e soprattutto nell’anonima Fontana di Diana (XVI sec.) proveniente dal castello di Anet e ispirata a Benvenuto Cellini. Non mancano neppure i rimandi alla classicità, come testimoniano le Tre Grazie (XVI sec.) di Germain Pilon provenienti dal monumento che conservava il cuore di Enrico II. Nella cripta Girardon ci si immerge invece nella ricchezza del ’600: notevole la serie di ritratti di Antoine Coysevox. Nella cour Puget, il Milone di Crotone (1683), eseguito per Versailles, ricorda che anche il barocco francese ha un debito con l’Italia, mentre il dialogo con l’antico prosegue all’interno della galerie des Grands Hommes: con Houdon nella Diana cacciatrice (1790) e Edme Bouchardon in Amore costruisce un arco con la mazza d’Ercole (1750). Il genere più interessante del secolo dei lumi è però quello del ritratto, di cui è esempio significativo il Voltaire nudo (1776) di Jean-Baptiste Pigalle. Per la scultura italiana l’inizio del percorso sorprende con diverse opere bizantine e altomedievali, tra le quali spicca il Ritratto dell’imperatrice Ariane (VI sec.), e con una splendida Deposizione in legno policromo (XIII sec.) proveniente dalla cattedrale di Tivoli; ammirate le opere di Desiderio da Settignano e le terrecotte invetriate della famiglia Della Robbia, si incontra una delle sculture italiane che più hanno influenzato l’arte francese: la Ninfa di Fontainebleau (1543) di Benvenuto Cellini. Completamente diverso è il fascino dei Prigioni realizzati da Michelangelo per la tomba di papa Giulio II: praticamente finiti rispetto ai più tardi esemplari omonimi esposti alla Galleria dell’Accademia di Firenze, datano al 1513. Il busto di Richelieu di Bernini e il ritratto di Leopoldo de’ Medici di Foggini provano la capacità e l’importanza della ritrattistica nel XVII e XVIII secolo, ma è con la sensualità e con le forme perfette dell’Amore e Psiche (1793) di Canova che il Louvre chiude la celebrazione della grande scultura italiana. Se si eccettua il Cristo in croce (XII sec.), la sezione di scultura dell’Europa settentrionale, invece, trascura il medioevo per concentrarsi sull’evoluzione dello stile tra il gotico internazionale e il rinascimento. La Vergine con Bambino di Issenheim (XV sec.), attribuita a Martin Hoffmann è una delle più celebri opere del tardo gotico tedesco. Un secondo capolavoro, questa volta già influenzato da elementi rinascimentali, è la Maria Maddalena di Gregor Erhart (1510), forse ispirata da un’incisione di Dürer.