La nuova sede disegnata da Renzo Piano vede notevolmente ampliato lo spazio espositivo a disposizione per la ricca collezione di arte americana del XX secolo, iniziata nel 1907 dalla scultrice Gertrude Vanderbilt Whitney (1875-1942) e costituita in museo nel 1931. L'edificio viene utilizzato anche come location di mostre temporanee, note per l’arditezza e la provocatorietà dei soggetti affrontati, di rassegne cinematografiche e di una rinomata Biennale che promuove i più promettenti artisti esordienti del panorama americano e permette al museo l’acquisizione di opere d’arte delle tendenze più attuali. La collezione permanente consta di oltre 19.000 opere d’arte americane, dipinti, sculture, installazioni, disegni, stampe, film e fotografie. La raccolta di quadri di Edward Hopper è la più grande al mondo, include circa 3000 opere (tra olii e lavori su carta): si ricordano Light at two lights (1927), Early Sunday Morning (1930), South Carolina morning (1955), Woman in the sun (1960). Alla stessa temperie culturale si rifanno il realismo sociale di Reginald Marsh (Why Not Use the ‘L’?, 1930), la fantasia ‘dark’ di Georgia O’Keeffe e di Charles Demuth. A una corrente derivata dal precisionismo, definita «hard-edged style», si associano Joseph Stella (The Brooklyn Bridge, 1939) e Stuart Davis. In sintesi, tra gli altri capolavori che si possono ammirare citiamo, di Arshile Gorky, The Artist and His Mother, 1926-36; le ingegnose sculture ‘mobili’ di Calder (Calder’s Circus, 1926-31); l’espressionismo astratto di Willem De Kooning nel periodo maturo (Woman and Bicycle, 1952-53); Mark Rothko (Blue, Yellow, Green on Red, 1954); i precursori della pop art, come Jasper Johns (Three Flags); le sculture silenziose di George Segal (Walk, Don’t Walk, 1976); fino all’estremo della provocazione corrosiva di Andy Warhol con le sue Campbell’s Soup (1968) ed Electric Chair (1971).