Se i libri di scuola dovessero avere lasciato qualche dubbio sulla cultura minoica, la visita all'Arheologikó Moussío di Iráklio colmerà sicuramente le lacune, dato che la sua collezione è la prima e unica al mondo per la conoscenza di una delle più brillanti civiltà di tutti i tempi. L'esposizione si apre con reperti dal neolitico e dal periodo prima dei grandi palazzi (2500-2000 a.C.): ceramiche da Cnosso, Festo, oggetti da necropoli neolitiche e corredi tombali. Si segue con le ceramiche di Kamáres e il celebre disco di Festo (1700 a.C.), dai geroglifici incisi nell'argilla di significato ancora misterioso. Tra offerte votive e oggetti destinati al culto del serpente, spiccano due statuette raffiguranti la dea dei serpenti, ritrovate a Cnosso, da dove provengono molti altri reperti, tra cui il rythón (si tratta di un vaso per bere) a testa di toro, l'impugnatura di una spada rituale che ritrae un acrobata che salta sopra un toro, una scacchiera in maiolica, cristallo, oro e pasta di vetro blu, e il prezioso rythón a testa di leonessa. L'esposizione al pianterreno si chiude con reperti del periodo postpalaziale (1400-1100 a.C.), per lo più ceramiche, che raccontano la decadenza dell'arte minoica e testimoniano la presenza di elementi micenei. Al secondo piano sono raccolti frammenti di dipinti parietali ritrovati nei principali palazzi cretesi (1600-1400 a.C.). Gli affreschi, in gran parte ricomposti e integrati, arrivano soprattutto dal palazzo reale e dalle case di Cnosso (ma anche da Amnissós e Agía Tríada), e raffigurano per lo più personaggi e celebrazioni sacre. Tra i più notevoli, lo stupendo “Principe dei Gigli”, “Delfini” e “Parigina”, profilo di una sacerdotessa con il nodo sacro alla nuca.