Una delle immagini simbolo del XX secolo è certamente quella di una folla di berlinesi in delirio che, a seguito della caduta del muro di Berlino, vi passava sotto o ne tentava la scalata. Avrebbe dovuto chiamarsi “Carro della Pace” la “Quadriga della Vittoria” (di Johanne Gottfried Schadow, 1793) che sormonta la Porta di Brandeburgo, l’unico sopravvissuto dei 14 archi voluti da Federico Guglielmo I, costruito a immagine degli ingressi ai luoghi di culto nell’acropoli di Atene. E invece questo monumento è sempre stato associato al militarismo, diventando di monopolio dei nazisti dal 1933, quando Hitler vi organizzò una fiaccolata, fino al 1° maggio del 1945, quando i soldati dell’Armata Rossa vi issarono la bandiera dei vincitori. Relegata in una sorta di terra di nessuno dal 1961 al 1989, la Porta era separata da Berlino Ovest dal Muro e da Berlino Est dalle transenne metalliche. Non stupisce che questa colossale costruzione neoclassica sia oggi uno dei simboli della riunificazione tedesca e che si sia deciso di non ricostruirlo, salvo i necessari restauri alla Quadriga, danneggiata dalle “scalate” alla Brandenburger Tor per celebrare l’unificazione. Parla infatti da sé questo arco, delle tragedie attraversate dalla Germania e dai suoi abitanti, e degli indimenticabili momenti di gioia del novembre 1989 che hanno fatto sentire i cittadini di tutto il mondo “ein Berliner”.