Qua non serve essere fotografi provetti o avere al collo una Reflex di ultima generazione per portare a casa degli scatti straordinari. Le lagune salmastre continuano a occupare la riva destra del Guadalquivir, le dune muovono un paesaggio punteggiato da isolotti (chiamati “vetas” e “paciles”), da specchi di acqua ferma, da affioramenti di acque profonde, da boschi di querce da sughero attraversati da canali e canaletti. Tutto è rimasto pressoché identico al tempo in cui questa era la zona di caccia di doña Ana Gómez de Mendoza y Silva, nobildonna del XVI secolo a cui si deve il nome del parco. Situato alla confluenza delle rotte migratorie europee e africane, il Parco nazionale de Doñana (protetto dall'Unesco) continua ad essere un habitat ideale per 365 specie di uccelli, mammiferi, tra cui la rarissima lince pardiana, rettili, anfibi e pesci. La leggendaria pazienza degli appassionati di bird-watching qui non viene messa alla prova. Ogni stagione ha infatti i suoi protagonisti: d'inverno oche selvatiche, alzavole e fischioni, ma sono l'autunno e la primavera a trasformarsi in un festival di colori e richiami, coincidendo con il tempo della nidificazione di uccelli di provenienza africana e europea. Immancabili le eleganti silhouette di fenicotteri e aironi, habitué del Parque, ma numerose sono le specie poco comuni, dai nomi curiosi come gobbo rugginoso, anatra marmorizzata, avvoltoio monaco, pollo sultano, per non parlare della “Aquila adalberti” (specie in pericolo di estinzione di cui il parco ospita il 10% della popolazione mondiale). Per i cacciatori di scatti fotografici il parco organizza safari a bordo di jeep. Si passa da una spiaggia deserta con pittoreschi pescatori di vongole, si osserva il vento che fa e disfa le dune mobili ricoprendo i pini marittimi di sabbia come fosse neve, le “marismas” (lagune d'acqua salata), popolate di cinghiali, cervi e cerbiatti. Si raggiunge una palazzina di caccia dei primi del '900, nei cui pressi sorge un villaggio di capanne dove vivevano fino a poco tempo fa i pescatori di vongole, infine, di ritorno ad Acebuche costeggiando l'Atlantico.