Dal centro di Arona occorre prendere la statale che sale verso Stresa ma poi, quasi subito, deviare a sinistra, per una strada che sale a serpentine. A ogni curva verrebbe da fermarsi per contemplare il panorama sul lago, ma in realtà lo sguardo corre verso l'alto, desideroso di avvistare un altro spettacolo: quello della colossale statua che a fine XVII secolo, quando fu realizzata, apparve a tutti come una delle meraviglie del mondo. Di fatto, era la statua più alta del mondo, e tale rimase per quasi due secoli, fino al 1886 quando a New York fu inaugurata la Statua della Libertà, alta 46 metri, il cui scultore Frédéric-Auguste Bartholdi pare avesse soggiornato ad Artona per studiarla.

È la statua di san Carlo Borromeo, forse un tempo più famosa che ai giorni nostri, che tutti hanno sempre popolarmente chiamato San Carlone, o forse addirittura “sancarlone”. Una colossale statua in rame alta 20,68 metri, la cui imponenza è aumentata dal piedistallo di granito alto 11,320 metri. Così si volle onorare il più famoso figlio di Arona, nonché uno dei più importanti santi lombardi, Carlo Borromeo, nato nel 1538 nella rocca di Arona, secondo figlio del conte Giberto. Aveva come zio papa Pio IV e, dopo gli studi a Pavia, a 22 anni fu chiamato e Roma e nominato cardinale. A 25 anni, nel 1563, fu già consacrato arcivescovo della enorme diocesi di Milano, che governò con energia e generosità incrollabili, nello spirito riformatore del Concilio di Trento, percorrendola in lungo e in largo, dando vita a oratori per i giovani, ospizi per gli anziani, ospedali per i malati, seminari per il clero. Un'opera ciclopica che lo portò a morire a soli 46 anni, stremato dalla fatica e dalla febbre, ma che ne fece uno dei più grandi vescovi della storia.

E ciclopica dunque doveva essere anche la statua fortemente voluta dal padre oblato Marco Aurelio Grattarola, a conclusione del percorso di cappelle di un Sacro Monte dedicato a san Carlo (ne restano solo tre). Realizzata da Bernardo Falconi e Siro Zanelli su un modello ideato nel 1614 da Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano, la statua ritrae il santo a capo scoperto, con la destra benedicente e il codice delle costituzioni sinodali nella sinistra. L'iniziativa godette dell'indispensabile appoggio del cardinal Federico Borromeo, cugino di san Carlo e suo successore alla guida della diocesi di sant'Ambrogio. I lavori iniziarono nel 1630 ma per vedere completato il capolavoro si dovette aspettare il 1697.

Inizialmente la statua doveva essere in marmo, ma poi si era ripiegato su una statua cava rivestita di lastre di rame, il che non impedì che il conto finale salisse a un milione e 200mila lire milanesi dell'epoca, un'enormità. L'ossatura interna è costituita da una colonna di blocchi di pietra. Tanto per dare un'idea: solo l'indice della mano è lungo 1,95 metri, la mano è larga 1,45 metri, il breviario è alto 4,20 metri. La statua è stata restaurata nel 1975. Due ripide e strette scale in ferro, una a chiocciola e una a pioli, consentono l’accesso all’interno della statua, rivestita in bronzo, fino a raggiungere la testa che può ospitare sei persone, consentendo di ammirare il panorama sul lago attraverso i fori degli occhi e delle orecchie.

Sul piazzale stesso del “San Carlone” si affaccia il grande collegio De Filippi, già seminario di San Carlo, costruito su disegno del Richini fra il 1620 e il 1643, con la chiesa di San Carlo che vede all'altare maggiore una tela di Giulio Cesare Procaccini raffigurante il santo. Dietro l'altare maggiore è ricostruita la camera di san Carlo che si trovava nella rocca prima della distruzione operata da Napoleone nel 1800.

Testo di Roberto Copello; per le foto, si ringraziano Getty (foto della statua nel corpo del testo) e il sito web statuasancarlo.it.

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