La famiglia Monni porta avanti dall’inizio del Novecento la millenaria tradizione casearia sarda del pecorino, nella quale è fondamentale l’esperienza dei pastori tramandata di generazione in generazione. Francesco Monni, nato in Sardegna e titolare dell’azienda I formaggi del Pastore (via Case Sparse, Bacciana, frazione di Montone, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano), ha vinto diversi riconoscimenti nazionali e la sua ricotta è stata dichiarata più volte come la migliore in Italia.

"L'esperienza è fondamentale - dice Francesco - il motivo è che la lavorazione del latte di pecora, quotidiana, è completamente a crudo e del tutto manuale, così che il casaro deve avere una sviluppato una sensibilità unica rispetto alle naturali variazioni del latte a seconda della stagionalità dell’alimentazione del gregge liberamente al pascolo. Ogni fase deve essere eseguita manualmente, a partire dal primo taglio del caglio che avviene con la “spada” e successivamente si mantiene in agitazione, con un altro strumento di origine antichissima, lo spino, per favorire l’uscita del siero. In seguito si attende pazientemente che la cagliata si depositi e si separi bene dal siero, poi utilizzato per la leggendaria ricotta."

Il futuro pecorino poi viene, sempre manualmente, collocato in apposite fustelle e pressato a mano. In seguito viene tenuto in salamoia per poi essere depositato a stagionare, su assi di ciliegio, in una cantina – non una cella! – fino a due anni.

"Una nostra specialità, oltre al pecorino e alla ricotta, è il formaggio di fossa, che ha una delle lavorazioni più ricercate in Italia. La fermentazione è infatti anaerobica e il volume cala anche del 50%. Le forme vengono “infossate” a Talamello, nelle Marche, il 30 luglio e “sfossate” il 2 novembre."

L’azienda ha scelto di non aumentare la produzione, nonostante l’enorme apprezzamento dei suoi prodotti l’avrebbe permesso senza difficoltà e tutte le vendite avvengono sul territorio umbro, in alcuni mercati settimanali tra Perugia, Gubbio e Umbertide. Francesco ha deciso di non servire la grande distribuzione per potere mantenere la produzione nell’assoluto rigore della tradizione, senza, come dice lui, l’uso di «macchine e macchinette».


"Ho imparato l’arte casearia durante l’infanzia da mio padre e l’ho trasmessa al mio genero Eros, approfittando anche del periodo di lockdown nella primavera 2020. Fare il formaggio secondo la tradizione - ci tiene a sottolineare Francesco - non è solo una questione di tecnica, è un autentico atto di amore per gli animali, la natura e il territorio, senza il quale non sarebbe possibile mandare avanti e trasmettere alle generazioni future questo mestiere."

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Testo: Nicola Patruno, a cura di Touring Club Italiano  - Foto: Cesura / Luca Santese

Articolo realizzato nell’ambito del progetto RESTA! –finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese-Avviso n.1/2018