Chi è capitato a Gressoney-Saint-Jean in occasione di una festa importante, o magari anche solo quando si celebrava un matrimonio fra persone del posto, non può non essere rimasto colpito dalla ricchezza del tradizionale costume femminile gressonaro che le donne del posto amano indossare in occasioni speciali.

Linea, eleganza e colori ne fanno uno dei più raffinati e ammirati in Italia. Si tratta in genere di una lussuosa variante dell'assai più semplice abito che per secoli le donne walser indossavano normalmente ogni giorno per qualunque attività, domestica e di lavoro, e che resta documentato da alcune vecchie fotografie in bianco e nero di inizio 900. Allora l'abito tipico era un po' meno ornato e un po’ più corto, con tantissime pieghe (gére), proprio come il modello attuale, ma con la gonna in panno locale (landtuech in titsch, la lingua walser). Solo nei giorni festivi la gonna era di stoffa pregiata, di colore nero, blu o viola scuro, e l’attaccatura delle pieghe era più alta di quella attuale, influenzata da una moda più moderna. Sulla camicetta bianca, di canapa, le donne portavano un giacchino nero (wòlhemd) e un foulard di seta a colori vivaci.

Per i lavori nei campi e nella stalla, le donne alzavano la gonna assicurandola sulla parte posteriore del vestito stesso (ufschéerke), scoprendo così la sottoveste che però veniva protetta da un largo grembiule. Per proteggersi dal sole o dalla pioggia durante i lavori all'aperto le donne portavano un cappello di feltro a larghe tese, oppure un fazzoletto legato dietro la nuca.

Poi anche nella valle del Lys arrivò la modernità e le donne hanno iniziato a vestirsi come in tutto il resto d'Italia. Salvo appunto che per le ricorrenze particolari, si tratti di feste in famiglia o di solennità religiose, quando il costume tradizionale è diventato l’abito più bello, da arricchire sempre più con ricami preziosi e galloni dorati, ornando di pizzi la camicetta e anche il grembiule, rigorosamente nero e più stretto di quello antico. Il colore abituale del costume è rosso scarlatto (ròtanketò), ma ne esiste anche una variante per gli eventi luttuosi (trunanketò), di tinta violetto e con gli ornamenti in argento anziché in oro. Particolarmente graziosa è diventata la pettorina, un secolo fa ornate semplicemente da stretti galloni applicati a zig-zag, adesso di velluto nero ricamata con fili dorati, oppure con fili colorati, in svariati disegni (spighe, edelweiss, fiori di campo o arabeschi). E la cuffia resta ornata da una raggiera più alta (chròn) ed è intessuta di filigrana e di pietre incastonate. 

Testo di Roberto Copello; per le foto, si ringraziano centroculturalewalser.com (foto verticale), gruppo folcloristico di Gressoney (foto orizzontale).

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