Rocchetta “la Poetica”. Non capita tutti i giorni che un grande letterato arrivi in un piccolo borgo lontano dalle vie più trafficate e lo ribattezzi con un appellativo destinato a rimanere nel tempo, tanto gli calza a pennello. Accadde nel gennaio 1875, quando Francesco De Sanctis, il padre della critica letteraria italiana, affrontò 40 chilometri di strade polverose e ghiacciate per salire dal suo paese natale di Morra Irpina (oggi Morra De Sanctis) fino a Rocchetta Sant'Antonio, sperduto paese del Subappennino Dauno. Deputato della Sinistra storica e più volte ministro della Pubblica istruzione, il grande critico stava effettuando il suo ennesimo viaggio elettorale. Una fatica, per lui che ormai contava quasi 68 anni, ben ripagata però dall'essere accolto “a suon di poesia” da una folla di contadini. De Sanctis trovò che quello era un paese davvero allegro e subito per esso coniò quel nomignolo, “la Poetica”.

All'epoca Rocchetta Sant'Antonio era quanto mai lontano dalla “civiltà”. Oggi è l'ultimo paese della provincia di Foggia (anche se conserva un forte animo irpino), all'esatto confine fra tre regioni, Puglia, Basilicata e Campania, ma non vive certo più nell'isolamento geografico, sociale ed economico che, fra gli anni 50 e 70 del XX secolo, spinse gran parte della popolazione a emigrare, specie verso il Nord Italia. Molti per esempio andarono a Collegno, in provincia di Torino, città con la quale oggi Rocchetta è gemellata. Così, dai 5425 abitanti rilevati dal censimento del 1951 si scese a 4117 nel 1961, e via spopolandosi fino ai 1954 del 2011. Oggi però per fortuna il vento pare essere cambiato (e non solo perché il vento stesso sulle alture circostanti fa girare un discreto numero di pale eoliche). Una spinta l'ha data il turismo, impostosi come una delle risorse di Rocchetta, favorita in ciò dal suo essere così “poetica”, in posizione panoramica sulla Capitanata e sui monti dell'Irpinia, circondata da campi di grano e con l'atmosfera medievale trasmessa dai suoi antichi palazzi, dalle sue chiese e dal Castello d'Aquino che la domina dal 1507.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è questo imponente e caratteristico maniero che ha dato il nome al paese. “Rocchetta” deriva in realtà da rocche precedenti: quella che nel 984 il feudatario Roberto del Torpo fece erigere, in forma quadrata e contornata da mura, e di cui si possono ancora vedere alcuni resti; e dalla rocca di Sant'Antimo, edificata nel 1083 e distrutta da un sisma nel 1456. Sul finire del Quattrocento la famiglia Orsini decise di costruire la fortezza che tuttora domina il paese. Fu eretta in una forma affatto originale, con la torre di guardia ogivale e la massiccia e severa mole triangolare che termina con un alto spigolo a mura curvilinee. Una forma tanto particolare (molti da lontano vi vedono la prua di una nave) che a progettarla deve essere stato un architetto di primo piano: infatti si è fatto il nome del senese Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), un gigante dell'architettura civile, militare e religiosa della seconda metà del Quattrocento, il quale avrebbe ricevuto la commissione dagli Orsini. Nelle sue intenzioni, probabilmente, le curve della torre e dell'affilato angolo triangolare che dà su una scarpata avrebbero respinto più facilmente gli assalti nemici e le palle sparate da quei nuovi temibili strumenti di guerra, le bombarde. Il castello in realtà fu poi ultimato nel 1507 da Ladislao II d'Aquino, marchese di Corato, che nel 1501 aveva comperato dagli Orsini le terre del feudo, e che nella lapide sulla porta d'ingresso, sotto lo stemma dei d'Aquino (uno scudo con un polpo e due leoni), si attribuisce interamente il merito e la spesa della costruzione. Il maniero passò poi più volte di mano (oggi è di proprietà privata), ma fortunatamente è rimasto intatto e s'impone ancora oggi come il simbolo del paese, con la sua chiara pietra calcarea che domina dall'alto la parte antica del borgo, con le sue strette viuzze e i palazzi signorili con portali e balconi scolpiti (da segnalare il portale settecentesco e la loggia a tre archi del palazzo Bartimmo).

Notevole è poi la chiesa matrice dedicata alla Madonna Assunta, anche se quando fu edificata su disegno del barlettano Giovani Mancarelli (1754-1768) era dedicata a sant'Antonio abate, l'eremita da cui prende il nome il paese. La chiesa si impone innanzi tutto per l'alto campanile ottagonale del 1588, preesistente perché apparteneva a una precedente chiesa, dalla cupola ricoperta di maioliche colorate. Bella anche la facciata in lesene di pietra lavorata. L'interno, barocco e a tre navate, è decorato di stucchi policromi che raffigurano i quattro evangelisti ed altre scene bibliche, ha ricchi altari marmorei realizzati del napoletano Luigi Cimafonte e un'importante tavola cinquecentesca, la Madonna del Cardellino, del Giaquinto. Il coro in noce scura e gli arredi di sagrestia furono realizzati da un bravo intagliatore tardo barocco, Liberato Villani. Fuori, di fronte alla chiesa, si segnala un vistoso sedile del Cinquecento.

La parrocchiale dell'Assunta non è però l'unica chiesa del paese. In cima al borgo, dietro al castello e alla evidente Torre dell'orologio, la cappella di San Giuseppe conserva una tela secentesca della Sacra Famiglia e belle statue di santa Lucia, santa Maria di Costantinopoli, san Giuseppe e della Madonna Incoronata. Spostandosi nel rione Pescara, ecco poi la chiesa della Vergine delle Grazie, con un portale tardo barocco e numerose tele del 700, e la chiesetta di San Giovanni, con un rosone in pietra. Nel centro del paese, poi, c'è una chiesa settecentesca dedicata alla Immacolata Concezione. Ma gli edifici religiosi non finiscono qui. Usciti da Rocchetta, si trova l'antico monastero dell'Annunziata (o di Santa Maria di Giuncarico), fondato nel Medioevo da monaci benedettini. E a tre chilometri dal borgo, in cima alla collina Serralonga, c'è il veneratissimo santuario della Madonna del Pozzo, protettrice di Rocchetta, che in una torrida giornata d'agosto del 1709 apparve a un assetato contadino, Giuseppe Mastrostefano, e fece scaturire una sorgente d'acqua presto rivelatasi anche miracolosa. È qui che ogni anno si reca l'intera comunità, il 15 agosto, per prendere l’effige settecentesca della Madonna del Pozzo (una scultura lignea policroma) e portarla in processione fino a Rocchetta, dove l'attende san Rocco, compatrono del paese. Qui la statua rimane fino alle grandi celebrazioni del 24 e 25 agosto, e prima di essere riaccompagnata al santuario, il 26. Quello fra gli abitanti e la “loro” Madonna è un legame antico e viscerale, che si è rafforzato ancor più dopo il sacrilegio avvenuto nel novembre 2000 ai danni della venerata statua. Che però si è trasformato in  occasione per restaurare alla perfezione la statua e farla tornare nel santuario più bella di prima. Le celebrazioni di agosto sono dunque, per Rocchetta, la festa liturgica più importante dell'anno, anche se grande rilevanza assume pure la festa per il patrono sant'Antonio abate, il 16 e 17 gennaio.

Testo: Roberto Copello - Foto: Comune di Rocchetta Sant'Antonio e Archivio Touring Club Italiano

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