Verrebbe voglia di passare subito al dolce, quando ci si siede a tavola a Làconi. Sì, perchè questo è il posto ideale per gustare un dolce popolarissimo in tutto il Sarcidàno, oltre che in Marmilla, dove non manca mai negli eventi più importanti: su pappài biàncu, parente del siciliano biancomangiare. Candido e soffice, è in sostanza una crema di latte con zucchero, o di riso, sapa, scorza di limone, acqua di fiori d'arancio e biscotti. Un dessert molto piacevole, che incontra il favore di tutti, grandi e piccoli.

Come detto, fra gli ingredienti di su pappài biàncu non può mancare la sapa (o saba): si tratta di uno sciroppo denso, scuro, dolcissimo e molto aromatico, diffuso in tutta la Sardegna e ottenuto facendo bollire a lungo mosto d’uva con scorza d’arancia, cannella, finocchietto selvatico e chiodi di garofano. La saba stessa è l'ingrediente fondamentale del pan’e saba (Pan di Sapa), un altro dolce tipico sardo (e ad altissimo impatto calorico), preparato da inizio novembre per le feste di Santi e dei Morti ma che trova la sua massima glorificazione in gennaio per la festa di Sant'Antonio Abate, attorno al grande falò (Su Fogòne) acceso in paese per l'occasione. Si tratta di panini di pasta lievitata e impastata con sapa, uva passa, noci, mandorle, pinoli, scorza d'arancia, cannella: dopo la cottura, vengono ricoperti di una glassa formata da sapa stessa e da traggera, ovvero i confettini multicolori tipici della Sardegna.

Più impegnativo e per palati forti invece è un altro dolce di antica tradizione, che racconta di una Sardegna antica e che pure ancora sopravvive. Si tratta di una variante dolce del sanguinaccio che si prepara, quando si uccide il maiale, riempiendone le budella con il suo stesso sangue. Non a caso, infatti il dolce si chiama is buddixèddas, i budellini, nel cui ripieno, oltre che il sangue, si aggiungono spezie, zucchero, scorza d'arancia, in dosi lasciate alla bravura di chi lo prepara. Dolce tutt'altro che umile e volgare: un tempo, infatti, non poteva mancare nei doni (su mandau) che venivano fatti al parroco, al maresciallo e al sindaco del paese in occasione dell'uccisione del maiale.

Prima di arrivare ai dolci, in ogni caso, è il caso di provare le altre specialità della tavola di Làconi, che si inseriscono nell'alveo della tradizionale gastronomia dell'interno sardo: salumi, pecorino e provole, fregula incasada, culingiones di formaggi e spinaci... Il tutto da digerire con uno dei tanti ottimi liquori (di mirto, finocchietto, elicriso, gineprino...) prodotti in loco.

Prima di chiudere però va segnalata quella che da qualche tempo si è imposta come una nuova e notevole tipicità locale: il tartufo. Da una ventina d'anni infatti anche in Sardegna si è iniziato a cercare e a trovare i tartufi, sembra grazie ad alcuni esperti toscani che hanno esportato sull'isola le loro conoscenze in materia. E proprio i boschi di Làconi, soprattutto quelli vicini a Santa Sofia, sono quelli dove si raccolgono più tartufi in Sardegna, almeno una decina di quintali all’anno. Si tratta di tartufi di tre varietà: lo Scorzone, tartufo nero che si trova fra maggio e agosto sotto querce, faggi, pioppi, noccioli e pini; il Bianchetto, fra gennaio e aprile, esteriormente simile al pregiato tartufo bianco; e infine il raro tartufo nero invernale, che si raccoglie da gennaio a marzo. Il successo del tartufo sardo è stato immediato, come provano i visitatori che accorrono in giugno a Làconi per la Sagra del tartufo di Sardegna, che si svolge ormai dal 2009. E come attestano i menù dei ristoratori locali che ormai propongono malloreddus alla crema di tartufo o porchettone in umido con tartufo. Di Làconi, infine, è anche la prima azienda sarda che trasforma il tartufo, traendone nel laboratorio della borgata di Santa Sofia una trentina di prodotti, partendo dal pecorino con il tartufo per arrivare alle fave, alle melanzane e agli altri ortaggi insaporiti con l'oro nero.

Testo di Roberto Copello; per le foto, si ringraziano Dolce Sardegna (pan de saba); Cookaround (su pappai biancu).  

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