Giorno dopo giorno è il progetto per raccontare Peccioli, il borgo Bandiera Arancione del Pisano che in questi anni ha visto portare avanti, anche con il sostegno e la collaborazione del Touring Club Italiano, molte iniziative riguardanti lo sviluppo turistico sostenibile. Nell'estate 2025 i 4600 abitanti di Peccioli sono stati chiamati a dare il loro punto di vista sul borgo, raccontando la loro esperienza, aneddoti sulle tradizioni e sulla quotidianità, momenti memorabili, stranezze, episodi che li legano al territorio e alle sue peculiarità. In questa pagina la presentazione del progetto e l'indice delle storie raccolte; a seguire il racconto di Sergio.
Perché lo chiamano "Campanile di Pellicce"?
Allora, un’idea è che, quando piove e poi torna il sole, la pietra del campanile fa quei cangiamenti... come se fosse velluto. Va dal verdastro al marrone e sembra un po’ un velluto, una pelliccia, non una pietra. Quindi una spiegazione potrebbe essere questa. Però non è quella più gettonata, diciamo.
Un’altra ipotesi è che i pecciolesi, per finanziare il campanile - perché sicuramente si sono autotassati per costruirlo, e ci sarà stata anche manodopera gratuita - abbiano venduto le loro pellicce, cioè i loro cappotti. Anche questa potrebbe essere una spiegazione, però fino a un certo punto...
E poi c'è un’altra teoria: la "pelliccia" sarebbe la zolla. La terza ipotesi, infatti, è questa: la pelliccia sarebbe la zolla di terra con sopra il ciuffo d’erba. È probabile che questa zolla, chiamata appunto "pelliccia", sia stata portata dai pecciolesi a Montecatini, dove la terra è più brulla, per scambiarla con la famosa pietra nera di Montecatini Val di Cecina - la "gite", quella con cui è stato fatto il campanile.
Quindi "campanile di pellicce" sarebbe il campanile costruito con il costo delle pellicce. Forse non solo le pellicce vere e proprie, ma anche con i soldi ricavati dalla loro vendita. Secondo il racconto, la leggenda, potrebbe essere stato finanziato anche così.
Hai ricordi su questa piazza, su questo campanile?
Sì, della mia vita e di quella del mio babbo, che andava a suonare le campane quando ancora si suonavano a mano.
Perché tuo babbo... cioè, era qualcuno? Un volontario?
Sì, lui era abbastanza bravo. Sapeva come si suonavano e andava a tirare le corde. I suoni delle campane cambiavano a seconda dell’occasione: se c’era una processione, se c’era una grande festa, la messa della domenica… Se era un funerale, chiaramente, era completamente diverso. Ma non credo che ci fosse solo lui, però era anche lui che ci andava a suonarle.
E tu non hai mai provato a salire con lui?
No, perché praticamente alla fine degli anni Sessanta hanno installato le campane elettriche, quindi tutto è diventato automatizzato. E adesso, sì, è ancora elettrico. Non è più il suono della suonata a mano. Quando erano suonate a mano, era un suono diverso, ogni volta particolare, per quella festa lì. Ora invece è sempre uguale.
Com'era il rapporto con il territorio circostante?
Nella quotidianità delle persone — un po’ per via della Piaggio, un po’ per tutto ciò che era legato al divertimento giovanile — già negli anni passati era tutto lì, a Pontedera. Le scuole superiori erano (e sono ancora in gran parte) tutte lì. Certo, qualcuno può scegliere di andare a Cascina, qualcun altro ancora a Volterra, e chi è più coraggioso può anche decidere di andare fino a Pisa a fare le superiori. Anche se andare a Pisa tutti i giorni è faticoso, e lo è ancora oggi.
La maggior parte delle persone che conosco ha frequentato le superiori a Pontedera, perché lì c’erano tutte le scuole. Mandare i ragazzi più lontano era più complicato. Ora non lo so se la situazione sia cambiata, se ci siano scuole anche più vicine, ma allora era così.
La vita di un giovane pecciolese, quando finisce le scuole medie, cambia radicalmente. All’improvviso si trova in un ambiente nuovo. Anche le amicizie si trasformano: si cominciano a conoscere ragazzi e ragazze di Pontedera, di Ponsacco, e dei paesi dei dintorni. Cambiano così anche i cerchi di amicizia.
Se penso ai miei compagni di terza media e a come sono andate poi le loro vite, direi che non prevaleva tanto la voglia di andarsene. Si andava via solo se necessario, oppure per matrimonio. Magari qualcuno, frequentando persone di fuori, si trasferiva dopo essersi sposato: a Pontedera, a Cascina… conosco diverse persone della mia età che sono andate a vivere lì per questo motivo.
Tu hai mai avuto voglia di andartene?
Sì, da giovane l’ho avuta. Dove volevo andare? Beh, ho vissuto anche all’estero. A Roma, per un periodo, e poi in Russia. Ho studiato lingue, ho fatto lingue. Sono stato a San Pietroburgo, e ci ho vissuto. Il periodo più lungo è stato lì, alla fine degli anni ’90, in un momento di grandi cambiamenti per quella Russia. All’epoca forse sì, mi era venuta la voglia di restarci. Ma oggi no. Se dovessi fare una scelta del genere ora, no, non mi verrebbe nemmeno in mente di trasferirmi all’estero.
Adesso, alla mia età, cercherei di evitarlo. Per le vacanze sì, volentieri. Ma per andarci a vivere, no. È una questione di stanchezza, ma anche di altre considerazioni. Con l’età, passa un po’ quella voglia di cambiamento. Si cambia mentalità. Si inizia a pensare in modo diverso. Diciamo che col tempo si tende più a rimanere, piuttosto che a partire.
Come hai reagito all'arrivo di nuove persone a Peccioli?
Nella vita quotidiana, l’arrivo di persone da fuori ha un impatto visibile. Sono in tanti quelli che, pur non essendo nati a Peccioli, a un certo punto della loro vita hanno deciso — per vari motivi — di venire ad abitare qui. Alcuni tornano dopo aver vissuto altrove, altri arrivano da zero, da altre parti d’Italia o dall’estero.
Ci sono persone che vengono da varie regioni italiane, ma anche immigrati. E si nota come la popolazione originaria si stia riducendo: una volta le famiglie facevano molti figli, oggi ne fanno pochi. Quindi, i pecciolesi “storici” diminuiscono.
Oggi ci sono tanti pecciolesi che hanno un solo genitore originario del paese. Sono “pecciolesi a metà”, diciamo così, perché ormai quello zoccolo duro di famiglie completamente radicate qui, che c’era 50 o 100 anni fa, si è quasi dissolto. Quando andavo a scuola io, già si vedeva il cambiamento: alle elementari, i casi di bambini “non pecciolesi purosangue” erano rarissimi, ma qualcuno c’era. Venivano da altre regioni d’Italia, ma erano eccezioni. Alle medie la cosa si notava un po’ di più, perché lì confluivano anche i ragazzi degli altri paesi del Comune. Alle elementari, invece, ognuno studiava ancora nel suo paese: esistevano piccole scuole nei paesini, ma poi sono state chiuse perché c’erano troppi pochi alunni. Spesso si finiva in classi miste, con bambini di età molto diverse: uno di prima in classe con uno di quinta. Così però si perdeva il senso dello stare con i propri coetanei. Alla fine, hanno preferito organizzare un sistema di trasporti e riunire i bambini in classi più numerose e omogenee.
Pensi che Peccioli sia un paese accogliente?
Se dovessimo fare un confronto con altri territori, direi che Peccioli è un paese accogliente… ma dipende. Anche per quanto riguarda le migrazioni più recenti, da altre parti del mondo, direi che non ci sono particolari problemi. Non credo ci sia razzismo, almeno non in maniera evidente. Prevale piuttosto la curiosità. Peccioli è una comunità piccola, e come spesso accade nei piccoli centri, le persone sono molto curiose. C’è un interesse spontaneo verso chi arriva da fuori. Si tende a voler sapere tutto di tutti, perché siamo in pochi e quindi si riesce a “tenere il filo aperto” su ogni cosa.
È una caratteristica tradizionale di qui: la curiosità, più che la diffidenza. E per chi arriva da fuori, può essere anche qualcosa di molto interessante.
Com'è cambiato Peccioli con il turismo e come è cambiato il turismo a Peccioli?
Negli ultimi dieci anni il turismo a Peccioli è cambiato molto. Oggi viaggia un numero sempre maggiore di persone, anche tra fasce d’età che in passato non si muovevano quasi mai. Non è raro, ad esempio, vedere arrivare pullman pieni di anziani, magari accompagnati dai centri sociali o dai circoli per la terza età. Anche persone che camminano con difficoltà si lasciano convincere a partecipare a queste gite.
Il numero dei turisti è in costante crescita. In inverno si nota soprattutto il turismo giornaliero, con persone che arrivano il fine settimana, soprattutto dalla Toscana, ma non solo. Durante l’estate invece si cominciano a vedere anche visitatori da altre regioni d’Italia, che spesso soggiornano in appartamenti, case vacanza o agriturismi. In quel periodo arrivano anche gli stranieri.
Il turismo internazionale è aumentato, anche se in realtà c’è sempre stato. La differenza, oggi, è che ci sono nuovi canali di accesso. Ad esempio, l’apertura del resort “Borgo alle Vigne”, che si trova nel comune di Terricciola ma fa parte della catena Hilton, ha portato molti turisti americani in zona. In effetti, al di fuori di questo contesto, non è così frequente vedere turisti da fuori Europa, a meno che non ci sia qualcuno che li sappia attirare e gestire, magari grazie alla conoscenza delle lingue.
Molti di questi turisti, alloggiando nella zona collinare davanti a Peccioli, restano incuriositi dal paese e decidono di visitarlo. In particolare, il martedì mattina partecipano al tour gratuito del museo archeologico comunale, spesso guidato da Arianna, una guida turistica che parla benissimo l’inglese e che ormai tiene il tour in modalità bilingue. Inizialmente era pensato solo per gli stranieri, ma oggi è normale trovare gruppi misti, con italiani e turisti internazionali.
Anche il modo in cui i pecciolesi accolgono i turisti è cambiato. Negli anni ’90 le case vacanza e gli appartamenti in affitto turistico erano pochissimi, e gli agriturismi erano appena nati. Adesso invece molti residenti si sono lanciati in questo tipo di attività, rendendo Peccioli più attrezzata e ricettiva.
Naturalmente, non sono mancate anche alcune reazioni negative. Qualcuno, soprattutto sui social, ha espresso fastidio per l’eccessivo affollamento, in particolare dopo il riconoscimento di Peccioli come “Borgo dei Borghi”. In quelle settimane iniziali, il centro era così pieno che non si riusciva nemmeno a passare per le strade o nelle piazze. Molti visitatori venivano per curiosità, spesso senza neanche conoscere Peccioli prima.
Ci sono stati due momenti chiave in questo cambiamento: il primo è stata l’inaugurazione della terrazza sospesa, che ha generato tantissima curiosità proprio in coincidenza con l’allentamento delle restrizioni post-Covid. La gente aveva una gran voglia di uscire, viaggiare e scoprire nuovi luoghi, e la terrazza ha rappresentato una forte attrazione. Il secondo è stato il riconoscimento come “Borgo dei Borghi”, che ha rafforzato ulteriormente la visibilità e l’interesse per il paese.
Rispetto all’anno scorso, si è forse registrato un lieve calo, ma non particolarmente significativo. D’estate, essendo nell’entroterra, Peccioli soffre un po’ la concorrenza della costa. Eppure anche nei mesi estivi non mancano gli stranieri: proprio stamani, per esempio, ne ho visti molti, anche americani.
Il turismo locale è in una fase di assestamento, ma ci sono già progetti in corso per migliorare l’accoglienza. È previsto, ad esempio, il prolungamento della passerella sospesa progettata da Mario Cucinella, che arriverà fino all’area dell’incubatore, vicino alla vecchia fabbrica Toncelli, ora di proprietà del Comune. In quella zona nascerà un hub, forse anche un parcheggio, così da consentire ai visitatori di lasciare l’auto e accedere al centro storico a piedi, attraverso la passerella.
Penso che questa infrastruttura darà un ulteriore impulso al turismo. Le opere di arte contemporanea attirano interesse, ma sono le grandi architetture a lasciare il segno più forte. Sono più visibili, più scenografiche, e riescono a catalizzare l’attenzione di un pubblico molto ampio.
Il ritrovamento del cimitero medievale è stato importante?
Il ritrovamento archeologico del cimitero medievale è molto importante per Peccioli, ma lo è ancor di più per Ghizzano, perché si tratta di una necropoli che interessava soprattutto quell’area. Non sappiamo con certezza se durante il Medioevo anche i pecciolesi venissero sepolti lì, ma sicuramente sì i ghizzanesi e gli abitanti dei dintorni.
Tra i resti emersi dagli scavi c’è quello di una giovane ragazza, che lo studio delle ossa ha rivelato essere morta in età molto giovane, probabilmente intorno ai 16 anni. Si pensa che la causa della morte sia stata la peste, verso la metà del XIV secolo. Il fatto che fosse sepolta con un corredo funebre ricco — tra cui una cintura, un copricapo e un anello — ha fatto supporre che appartenesse a una famiglia nobile.
È proprio da questi elementi che, in tempi recenti, è nato il mito di Isadora. Si tratta di una figura completamente ricostruita, perché in realtà non esistevano documenti d’archivio precedenti che parlassero di lei. L’unica traccia concreta è costituita dai resti ritrovati e dagli oggetti sepolti con lei. Il nome "Isadora" è fittizio, scelto per darle un’identità simbolica. Qualcuno ha detto che nei pressi della tomba fosse incisa una luna, un dettaglio che ha contribuito ad alimentare l’alone di mistero e di magia attorno alla sua figura.
Su questa storia è stato fatto un grande lavoro di narrazione e immaginazione: sono stati scritti racconti, realizzate drammatizzazioni, e perfino girato un video con un’attrice che interpretava Isadora. Insomma, da pochi frammenti è nato un personaggio che oggi fa parte dell’immaginario collettivo locale.