Giorno dopo giorno è il progetto per raccontare Peccioli, il borgo Bandiera Arancione del Pisano che in questi anni ha visto portare avanti, anche con il sostegno e la collaborazione del Touring Club Italiano, molte iniziative riguardanti lo sviluppo turistico sostenibile. Nell'estate 2025 i 4600 abitanti di Peccioli sono stati chiamati a dare il loro punto di vista sul borgo, raccontando la loro esperienza, aneddoti sulle tradizioni e sulla quotidianità, momenti memorabili, stranezze, episodi che li legano al territorio e alle sue peculiarità. In questa pagina la presentazione del progetto e l'indice delle storie raccolte; a seguire il racconto di Sonia C.
Era il 1969 quando le strade di campagna facevano ancora da teatro agli incontri del destino. Sonia aveva diciotto anni e abitava nel borgo di Tonda, in una casa di contadini circondata dai campi. Il suo futuro marito arrivava da Ghizzano, accompagnava il cugino agli allenamenti che giocava nella squadra del prete.
La prima volta che si fermò lungo la strada per "fare il furbo" - come si diceva allora per descrivere il tentativo dei ragazzi di attaccare bottone, Sonia lo mandò via senza mezzi termini. "Vai a quel paese", gli disse con la schiettezza tipica della sua età. Non erano tempi di discoteche facilmente raggiungibili; per andare a ballare bisognava spingersi fino a Castelfiorentino o Empoli; quindi i circoli dei paesi e gli incontri casuali lungo le strade erano i luoghi dell'aggregazione giovanile.
Ma l'amore, si sa, è ostinato. Lui tornò, si fece conoscere al circolo dove Sonia andava a ballare con le sue amiche di campagna, e da lì nacque tutto. Scoprirono persino di essere lontani parenti: la madre di lui era cugina di Sonia. Come spesso accadeva in quei territori dove le famiglie si conoscevano da generazioni.
La maestra arriva in paese
Nel 1972 Sonia arrivò a Ghizzano come maestra della scuola dell'infanzia, appena un anno dopo che la scuola era stata costruita. Era il secondo anno di vita della nuova struttura, e lei si trovò a formare una classe di ventotto bambini insieme alla sua collega, con cui avrebbe condiviso trent'anni di insegnamento.
A quell'epoca, l’assessore all'istruzione era Renzo, l'attuale sindaco. La scuola era aperta dalle 8 alle 16, poi cambiato alle 17, per andare incontro alle esigenze delle madri che lavoravano nei laboratori di confezionamento del paese.
Ghizzano allora era un microcosmo autosufficiente. C'era il bar dove ora sorge il bed & breakfast del nipote (Baba), con di fronte la macelleria. I parrucchieri, i barbieri, i negozi di stoffe. L'ufficio postale che esiste ancora oggi, un altro bar che vendeva anche generi alimentari. Vicino la chiesa c'era il fabbro, più in basso la piccola cooperativa gestita direttamente dagli abitanti del paese.
La pedagogia della gioia
"Doveva essere gioia", dice Sonia parlando della sua idea di scuola. "Si va a scuola perché mi diverto.". Con la sua collega aveva creato un metodo tutto suo: i bambini dovevano indossare vestiti vecchi perché a scuola si faceva di tutto. Si dipingeva con i piedi, con le mani, si facevano lavoretti manuali che sporcavano.
Il rapporto con le famiglie era diverso allora. I genitori si ritrovavano la sera dopo cena a scuola per organizzare eventi, teatro, carnevale. Il primo carnevale di Ghizzano, organizzato nel 1977 o 1978, aveva come tema King Kong. Poi arrivarono i robot d'acciaio e tante altre rappresentazioni che vedevano la partecipazione attiva di tutto il paese.
Sonia e la sua collega riuscirono persino a mandare alcuni bambini alle elementari che già sapevano leggere e scrivere, grazie a corsi speciali per i bambini di tre anni. "Era la nostra vita", ricorda Sonia. "Anche se avevo quattro figlie, la sera veniva qui da me la mia collega e ci dedicavamo ai lavori di scuola come se fosse casa nostra."
Il mondo che cambia
Gli anni Ottanta portarono trasformazioni radicali. Il marito di Sonia racconta di come la sua famiglia avesse vissuto sulla propria pelle il passaggio dal mondo contadino a quello industriale. Suo suocero era stato un visionario: da contadino si era messo a fare il gelato, aveva gestito un bocciodromo, poi era diventato commerciante di vino e frutta.
Quando i contributi dell'artigianato furono portati al pari di quelli dell'industria, il loro laboratorio di scarpe non riuscì più a stare sul mercato. "Si lavorava d'estate a 5 lire al paio di scarpe", ricorda.
Così iniziò l'esodo verso la Piaggio. Intere famiglie si organizzavano per raggiungere Pontedera, dividendosi a turni le macchine. Il paese iniziò a svuotarsi durante il giorno.
L'accoglienza degli altri
Verso gli anni Novanta iniziarono ad arrivare i primi bambini stranieri: marocchini, albanesi, etiopi. Sonia racconta con orgoglio di come Ghizzano li abbia sempre accolti senza problemi. C'era la bambina etiope la cui nonna veniva a scuola a portare caramelle tipiche del suo paese. C'era il bambino marocchino il cui padre, musulmano, chiese espressamente che partecipasse alle lezioni di religione: "Gesù Cristo non era mica italiano", disse durante l'assemblea dei genitori.
Solo con una famiglia albanese ci fu un piccolo incidente: il bambino si buttò dallo scivolo dal lato sbagliato e le maestre dovettero chiamare il padre al lavoro. Lui si arrabbiò molto, ma poi a Pasqua venne a fare gli auguri, segno che aveva capito la buona fede delle insegnanti.
Le tradizioni della comunità
Negli stessi anni nacque la sagra dell'olio, che si svolgeva nella villa degli uffici della fattoria. Le "nonne", Sonia che così chiamava le signore anziane del paese, si ritrovavano il giovedì per preparare tutto: come cuocere l'erba (bietole e spinaci), i fagioli e pulire le verdure. "Era bello", ricorda Sonia guardando le vecchie fotografie, "c'erano queste cucine a legna, tutte queste donne anziane, una lavava, l'altra puliva."
Il teatro era un'altra passione che Sonia si portava dietro fin da ragazza. Col parroco di Montaione aveva imparato a fare spettacoli, e questa passione la trasferì a Ghizzano. Si formò un gruppo teatrale che per anni animò le serate del paese durante la sagra dell'olio. Facevano testi originali sui personaggi del paese, coinvolgendo anche i meno esperti: "Abbiamo fatto recitare il barista, abbiamo fatto recitare il dottore."
I personaggi del paese
C'era Vago, l'autista del pulmino rosso che portava i bambini a scuola. Era "il mitico Vago" che, arrivando al ponticello, gridava: "Pronti ragazzi, ora si fa il salto!". E portava Maria, la bambina con disabilità, a fare fisioterapia con una dedizione che commuove ancora oggi Sonia.
C'erano i personaggi del bar che bevevano il sassolino (un liquore dolce come la sambuca) la mattina alle nove, insieme all'anice e china. "Tutti i giorni andavano al bar e si giocavano il fiasco", racconta il marito di Sonia. "Il fiasco del vino fino a che non lo seccavano, era tipo la loro clessidra."
C'era il conte Pesciolini, che rappresentava l'autorità insieme al parroco, al maestro e al dottore. Erano loro le persone più importanti del paese, ciascuna con il suo ruolo nella piccola comunità.
La rivoluzione digitale e la perdita
Oggi Sonia guarda con preoccupazione i giovani del paese. Racconta di essere andata nella stanza che la Chiesa ha dato loro e di aver trovato venti ragazzi, ognuno con il telefono in mano, che in venti minuti non si sono scambiati una parola. "Questo locale vi deve servire per scambiare le vostre opinioni, per crescere, non per stare con codesto maledetto telefonino."
I bambini sono cambiati "da bianco a nero", dice senza mezzi termini. "Non stavano davanti al telefono o al computer, però erano sempre disponibili, si impegnavano, leggevano molto." Le sue allieve riuscivano a mandare bambini alle elementari che già sapevano leggere e scrivere, ma oggi vede che "vanno a scuola e non si divertono."
La trasformazione turistica
La strada del paese che una volta si chiamava "Fondaccio" - perché era considerato il posto peggiore della zona - oggi è meta di turismo internazionale. "Era morto quel paese", racconta il marito di Sonia. "Abbiamo visto specialmente il primo anno, quando arrivava la bella stagione da aprile-maggio fino a settembre, c'erano le macchine un chilometro prima di arrivare al paese, era tutto pieno che non ci si camminava. Il paese era rinato!".
La trasformazione è stata radicale. Prima c'erano botteghe e vita quotidiana, poi tutto era scomparso, adesso ci sono bed & breakfast e ristoranti per turisti. “È cambiata la vita di Ghizzano", conclude Sonia con malinconia, “ma è ugualmente bello”.
La memoria che resiste
Nonostante i cambiamenti, qualcosa resiste. Sonia continua a fare teatro, anche se il gruppo si è ridotto a "un ragazzo solo e tutte donne". Ha conservato tutto il materiale dei suoi quarant'anni di insegnamento: "Mi dispiaceva buttare via quella cartina geografica, l'ho portata via insieme a tutto il resto".
I suoi ex alunni, ora adulti, continuano a cercarla. Come quello che è venuto pochi giorni fa con la fidanzata di Pontedera, e insieme hanno rivisto i vecchi filmini delle recite. "Ci siamo divertiti più noi quando li facevamo", dice sorridendo.
La sua storia è quella di una donna che ha dedicato la vita a educare e a costruire comunità, che ha visto cambiare il mondo e che ne conserva la memoria con la nostalgia di chi sa che alcune cose, una volta perse, non tornano più. Ma anche con la saggezza di chi ha capito che ogni epoca ha le sue bellezze e le sue difficoltà, e che il compito degli adulti è sempre quello di aiutare i giovani a crescere, qualunque sia il mondo che li aspetta.