Il racconto del progetto #remiveri: Milano-Venezia a remi
ReMIVEri, prima tappa. Fino a Pavia... in bici
Si parte, le prime remate trasmettono una strana sensazione mentre ciclisti, famiglie e persone disposte lungo il Naviglio Grande, ci incoraggiano per la nostra impresa. Man mano che ci avviciniamo alla darsena la folla aumenta e un applauso ci accoglie al passaggio sotto l'ultimo ponte che si apre sul bacino finalmente riportato agli antichi splendori. E' bello incontrare e ritrovare tanti amici, imbattersi in sconosciuti che sono venuti a vedere, incuriositi, questi dieci canottieri che remeranno da Milano a Venezia: percepisci chiaramente che per molti, questo viaggio, non rientra nell'alveo delle possibilità razionali. Ed invece lo era e lo è ancora: noi vogliamo dimostrarlo.

Spendiamo qualche tempo in Darsena per poi entrare, non senza difficoltà dovute alle forti correnti, nel Naviglio Pavese dove pochi metri ci separano da una prima esperienza unica: entriamo in una conca, ovvero in una chiusa che ci consente di superare un salto d'acqua di parecchi metri. Le due barche allineate aspettano al centro la chiusura delle paratie mentre un nuovo nugolo di persone incuriosite ci osservano sprofondare. Ed ecco aprirsi le paratie di fronte a noi e con esse la prospettiva del Naviglio Pavese. Il viaggio è veramente iniziato. Dopo qualche centinaio di metri una gru di Cavanna Traslochi, a bordo strada, è già pronta ad alare le barché perché il Naviglio Pavese, abbandonato alla navigazione da molti decenni, non è più percorribile, avendo il sistema di chiuse completamente compromesso.
E da questo punto, con le persone che ci osservano sempre più stranite, il nostro viaggio proseguirà fino Pavia – per una trentina di chilometri – con le imbarcazioni trainate da due tandem ed appoggiate su due carrelli autocostruiti da alcuni di noi. Un grazie di cuore ad Alise Sicuri di Quantica, allo ZIO Bruno e alla Ciclofficina Balenga. Il viaggio si trasforma in un'avventura, un primo carrello sembra cedere ma si è solo spostato per colpa di un dosso. Lì capiamo che dovremo andare molto piano.