Per tutto ottobre 2020, il sito del Touring Club Italiano - in collaborazione con Hertz - segue il Giro d'Italia edizione numero 103 (Monreale, 3 ottobre - Milano, 25 ottobre). A raccontarci le tante storie del Giro d'Italia 2020 è Gino Cervi, scrittore e giornalista, nonché cultore di storia del ciclismo, curatore di guide turistiche Tci e autore di volumi di storia dello sport (tra cui il recente "Il Giro dei Giri"). Seguiteci lungo le strade del nostro Bel Paese! A questa pagina trovate tutte le puntate.

Placatosi il torbido scirocco dell’esordio di sabato, azzurro ieri mattina era il cielo di Alcamo, dal balcone alto sul profondo golfo di Castellammare. Da Punta Raisi a San Vito lo Capo era tutto un abbraccio. 

Tutto un abbraccio con la sua bella avrebbe voluto essere anche Cielo, il giullare di Alcamo, che intorno alla metà del Duecento, compose il “Contrasto”, ovvero una tenzone a due voci, Rosa fresca e aulentissima, da cui, spesso, si incomincia a studiare le secolari vicende della letteratura patria. Scuola siciliana, sì, ma non aulica, bensì popolare, se non addirittura popolareggiante: insomma Cielo, o meglio Ciullo, sarebbe stato, secondo alcuni sarebbe stato un “finto giullare” e dietro al suo nome si sarebbe nascosto un poeta colto che voleva fare il verso a certe salaci tenzoni a sfondo erotico. Non era di questo parere Dario Fo che, nel suo cavallo di battaglia, Mistero buffo, prendeva le mosse proprio dall’analisi del “Contrasto” per dimostrare che il testo era autenticamente popolare e che l’originalità creativa non doveva, per forza di cosa, essere prerogativa di una letteratura colta e consapevole. Il premio Nobel sospettava anche che il nome del giullare di Alcamo fosse Ciullo, e non la forma ingentilita di Cielo. Che cosa volesse dire, invece, Ciullo ce lo possiamo far spiegare, tanto per tornare dalle pagine di storia letteraria a quelle del Giro, dal mitico direttore sportivo della Legnano, Eberardo Pavesi, ovvero l’Avocatt in bicicletta, per quasi mezzo secolo mentore e tutore dei più grandi campioni del ciclismo nazionale, da Brunero a Binda, da Bartali al giovane Coppi, per passare poi a Baldini e a “Gambasecca” Massignan. Dai suoi corridori il burbero Eberardo esigeva il rispetto assoluto del voto agonistico di castità e, in milanese, li ammoniva con queste infervorate parole: «Me racumandi! Bisogna ciulà no!».


Alcamo - foto Getty Images

LA VITTORIA DI ULISSI
Aulentissima e fresca era la maglia rosa di Filippo Ganna alla partenza di Alcamo. Un po’ più sdrucita e sudata l’ha portata, conservandola, fin sul traguardo di Agrigento al termine di 149 km di corsa, prima tra le colline vitate a Cataratto, Ansonica, Trebbiano, Grecanico e Damaschino, tra Calatafimi, Vita e Salemi; poi nel solco della valle del Belice, dove, nei pressi di Gibellina Nuova il gruppo si infilato sotto la Porta del Belice, la grande stella d’acciaio realizzata da Pietro Consagra, uno degli artisti che, negli anni Settanta, hanno segnato il territorio ferito dal terremoto del 1968 con grandi opere di arte pubblica; e infine, per il lungo tratto da Menfi a Porto Empedocle, che corre bene in vista del mare del Canale di Sicilia grigio e lucente come metallo. 


La partenza da Alcamo - foto LaPresse/Giro d'Italia​

Cinque sono stati gli avventurieri di giornata: Mattia Bais, da Rovereto; il bresciano Alessandro Tonelli; il lussemburghese Ben Gastauer; l’olandese Etienne Van Empel; e, a guidarli, e a fare incetta di traguardi volanti, il capitano di ventura Thomas De Gendt, veterano delle fughe dalla lunga distanza. Come da programma, il gruppo li ha inghiottiti poco prima che la strada s’impennasse in vista dell’erta finale, tra la valle dei Templi e viale Francesco Crispi, fin sul terrazzo di piazza Vittorio Emanuele. A uscire vincente con un colpo di mano dal gruppo, è stato Diego Ulissi, alla sua settima vittoria al Giro d’Italia, nove anni dopo il suo primo successo del 2011, nella Feltre-Tirano, e a quattro dall’ultimo, nella Modena-Asolo del 2016. Un brillante ritorno alla vittoria al Giro avvalorato dal nome del secondo arrivato: il VIP del Giro 2020, la star della 103a edizione, Peter Sagan.


Diego Ulissi ad Agrigento - foto LaPresse/Giro d'Italia​

IL RACCONTO DI CAMILLERI
Sabato a Palermo abbiamo rivissuto, nelle parole di Davide Enia, i bombardamenti del maggio 1943. Ieri ad Agrigento, anzi a Porto Empedocle, idealmente ha corso al fianco dei ciclisti in gara, Andrea, un ragazzo di di non ancora 18 anni nell’estate del 1943. Nel luglio di quell’anno gli Alleati dalle coste del Nordafrica approdavano in Sicilia per dare inizio alla campagna di liberazione della penisola dal regime fascista e dall’esercito tedesco. Quando i primi bombardamenti aerei colpirono le città della costa sud dell’isola, furono molti a fuggire verso l’interno. In una di queste famiglie, sfollata a Serradifalco, nell’entroterra verso Caltanissetta, da settimane non si avevano più notizie del padre, rimasto a Porto Empedocle. Un giorno, il figlio decise che avrebbe preso a prestito una bicicletta e, accompagnato da un coetaneo anche lui ciclista, avrebbe provato con quella ad andare incontro al padre. Il viaggio fu un’Odissea: a stento riuscivano a farsi largo nella fitta schiera dell’esercito alleato che procedeva in direzione opposta alla loro, dal mare all’interno. Ma a differenza dell’amico, continuamente rallentato da forature e altri incidenti meccanici, Andrea pedalava su un mezzo praticamente perfetto, quella bicicletta pareva miracolosa e sopravviveva indenne allo scenario infernale di distruzione cui andava incontro. Andrea, per il gran caldo, intanto, poco per volta si era spogliato di quasi tutti gli indumenti e quasi nudo pedalava alla volta di Agrigento. 


Alcamo/Agrigento - foto LaPresse/Giro d'Italia​

Le cose andarono così:  «Lo facevo per il caldo, certo, ma sentivo di farlo anche per un'altra ragione che sul momento mi sfuggiva. Era dentro di me, quella ragione, e non riuscivo a tirarla fuori. E sentivo che, più che l'ansia per la sorte di mio padre, era quell'oscuro motivo che mi dava la forza di continuare a pedalare, malgrado la stanchezza più psicologica che fisica, malgrado la sete. Già, perché la borraccia era vuota da un pezzo e aveva seguito la sorte dei miei indumenti. Mi ero fermato solo una volta a domandare da bere a un contadino e poi non avevo voluto più perdere tempo. Fu quasi alle porte di Agrigento che vidi scritto sul muro di una casupola, a caratteri cubitali, con della vernice verde: “W la libertà”. E allora di colpo capii la vera ragione per la quale mi ero spogliato strada facendo. Oggi può sembrare retorica ma allora non lo era per niente. Sentivo di dovermi presentare nudo davanti a una realtà nuova, e tanto attesa, come per una seconda nascita. Se avessi potuto, avrei gettato via anche la vecchia pelle».

Il giovane ciclista in sella alla bicicletta Montante che andava, pieno di ansia e di paura, in cerca di notizie di suo padre, era Andrea Camilleri, che sulle pagine de “La Repubblica” del 4 maggio del 2008 raccontò questa esperienza di vita vissuta di quando era ragazzo. Ad Agrigento gli dissero di andare a cercare il genitore alla marina di Porto Empedocle: molti l’avevano visto lì per l’ultima volta. Tremante di paura e d’incertezza per la sorte del genitore, il ragazzo Camilleri imboccò la lunga discesa che da Agrigento conduce a Porto Empedocle, forse la strada all’incontrario che ieri ha fatto la corsa del Giro. Giunto al porto, Andrea vide una scena che nessuno meglio di lui avrebbe potuto descrivere: «Proseguii a piedi fino alla Passeggiata, dalla quale si vedeva il mare. Solo che il mare non c'era più. Era stato sostituito da un ammasso di acciaio e ferro, da centinaia di navi affiancate fino a perdersi all´orizzonte, erano in attesa del loro turno per scaricare i rifornimenti bellici per l'esercito alleato. Restai esterrefatto. Un tale, che mi stava in silenzio accanto, a un tratto commentò: “Si potrebbe arrivare a piedi in Tunisia”».


Porto Empedocle al tramonto - foto Getty Images

L’avventura ciclistica del giovane Camilleri nel mezzo della Sicilia in guerra, nell’estate del 1943, ha fortunatamente un lieto fine. Alla Capitaneria di Porto Empedocle ritrovò e riabbracciò suo padre, nominato Master Harbor, comandante civile del porto. Stremato dalla fatica, il ragazzo si diresse verso casa. La trovò occupata dai soldati americani che approfittavano del fatto che quella fosse una delle poche case in cui ci si poteva fare un bagno in una vasca. Diligentemente erano tutti in fila per il loro turno di abluzioni. Diedero però con rispetto e deferenza la precedenza al giovane padrone di casa che, su un letto di fortuna, nella casa completamente svuotata dagli sciacalli che avevano approfittato dell’assenza dei proprietari, una volta lavato per la stanchezza e le emozioni di quella giornata fece uno dei sonni più profondi della sua vita.

Oggi il giro arriva sull’Etna. Dopo la gloria ciclistica di Ulissi e l’“Odissea” a pedali di Camilleri, andremo anche noi incontro alla grotta di Polifemo.


Agrigento - foto Getty Images
Il "Giro del Touring" è realizzato in collaborazione con Hertz, partner storico dell'associazione, che ha messo a disposizione di Gino Cervi una vettura per seguire le tappe della Corsa Rosa. 
 
Si ringraziano per il sostegno al progetto anche AcdB Museo-Alessandria Città delle Biciclette e Terre di Ger.

In occasione del Giro d'Italia, per tutto il mese di ottobre il volume Touring "Il Giro dei Giri" è scontato del 40% per i soci Touring