Per tutto ottobre 2020, il sito del Touring Club Italiano - in collaborazione con Hertz - segue il Giro d'Italia edizione numero 103 (Monreale, 3 ottobre - Milano, 25 ottobre). A raccontarci le tante storie del Giro d'Italia 2020 è Gino Cervi, scrittore e giornalista, nonché cultore di storia del ciclismo, curatore di guide turistiche Tci e autore di volumi di storia dello sport (tra cui il recente "Il Giro dei Giri"). Seguiteci lungo le strade del nostro Bel Paese! A questa pagina trovate tutte le puntate.

La tappa di ieri ha cucito, in una lunga e sinuosa impuntura di strade, la pianura e la montagna friulana. Partiti dalla base area di Rivolto, i corridori hanno risalito il corso del Tagliamento, attraversato sullo spettacolare passaggio del ponte di Pinzano. È uno dei posti che preferisco di tutto il Friuli. Da un lato, a nord, le montagne della Carnia; a sud, il greto immenso e abbacinante del fiume; sotto la lingua cilestrina dell’acqua. Un luogo liminare, di trasformazione nella continuità: un fiume che scorre dentro a un paesaggio che cambia. 


Giro d'Italia, tappa 15 - foto LaPresse

Giro d'Italia, tappa 15 - foto Cervi

Erano appena trascorsi 30 km e per i successivi 155 sarebbe stato un continuo saliscendi senza sosta. Rotta a nord, percorrendo la valle d’Arzino, fino alla sella di Chianzutan; poi picchiata verso valle, a Villa Santina, dove la Carnia si apre in una valle ampia e luminosa. Quindi, inversione di rotta: si punta di nuovo a sud per scalare la forcella di Monte Rest, tra fitte faggete che sembrano cambiar colore a ogni curva. È l’autunno che ci viene incontro. Come ci vengono, al solito, incontro le storie.


Giro d'Italia, tappa 15 - foto LaPresse

In valle d’Arzino, alla svolta per Pielungo, compare un grande bassorilievo ligneo che rappresenta il volto di un uomo con dei grandi baffoni. È Giacomo Ceconi, che da queste parti è un po’ il nume tutelare. Nacque a Pielungo, al tempo terra austroungarica, nel 1833 da una famiglia poverissima. A meno di diciott’anni partì per Trieste per cercare lavoro: lo trovò come manovale al porto. Analfabeta, si iscrisse a corsi serali e, da manovale, divenne muratore e poi capomastro. In pochi anni le sue capacità e la sua intraprendenza lo portarono a mettere insieme, chiamando presso di sé molti compaesani, una squadra di operai che iniziò a lavorare per i cantieri di tutto l’Impero: strade, ferrovie, viadotti, stazioni. Il Ceconi, abile e instancabile, fondò la propria impresa di costruzioni e si specializzò nella realizzazione di infrastrutture, soprattutto ferroviarie, aggiudicandosi gli appalti del governo di Cecco Beppe e poi del nuovo Regno d’Italia.

Tra i capolavori ingegneristici il traforo ferroviario dell’Arlberg che mette in contatto il Voralberg e il Tirolo: l’impresa fu terminata nel 1884, dopo tre anni ma con tredici mesi di anticipo sui tempi previsti. Una clausola contrattuale stipulava che per ogni giorno di anticipo su tempi di conclusione lavori sarebbero stati riconosciuti 800 fiorini: l’impresa del Ceconi si portò a casa, oltre al compenso del lavoro, un premio di 276.000 fiorini. Il successo imprenditoriale valse al Ceconi il titolo di conte da parte di casa Savoia: volle allora costruire un fastoso castello nel suo piccolo villaggio natale, Pielungo. Il castello Ceconi è una maestosa dimora dallo stile eclettico, tra il neogotico e il liberty, abbellita da una teoria di statue di illustri personaggi, da Dante ad Ariosto, da Alessandro Volta ad Alessandro Manzoni, omaggio dell’imprenditore che era stato analfabeta ai grandi della cultura nazionale. Ma Giacomo Ceconi per la sua valle fece molto di più: tra il 1890 e il 1910, anno della sua morte, investì ingenti risorse nel rimboschimento del territorio, messo a rischio idrogeologico da numerose frane: durante quel ventennio si stima che nelle vaste sue proprietà nella valle vennero piantate quasi due milioni di piantine di abeti, pini e larici. Alla sua morte lasciò risorse per la manutenzione delle foreste. Nel 1982 la “Foresta Ceconi” è divenuta proprietà della Regione Friuli Venezia Giulia.  


Il Castello Ceconi a Pielungo - tappa 15 - foto Wikipedia Commons ​

Dalla forcella di Monte Rest, scesi dopo un susseguirsi di stretti tornanti in val Tramontina, le sirene che mi invitano a una sosta – non troppo lunga, perché dietro la corsa incalza – sono tutte gastronomiche: le confetture di cipolla rosa di Cavasso e del valle Cosa con uno zic di formadi frant, geniale e gustoso riuso delle forme di formaggio che non vengono destinate alla stagionatura, un assaggio di (attenzione all’accento!) asìno, altro formaggio piccantino che prende il nome dal paese di Vito d’Asio; una fetta di pitina, insaccato di capra, un salame e una polpetta affumicata.

Giro d'Italia, tappa 15 - foto Cervi


Giro d'Italia, tappa 15 - foto LaPresse
 

Ma bisogna correre. Uno sguardo rapido a Navarons e alle poesie di Novella Cantarutti appese sui muri delle case, e ai balconi fioriti di Poffabro, borgo Bandiera arancione Touring, e si arriva in tempo per assistere a un bel finale di tappa. Sulla lunga salita che dalla pianura di Aviano sale ai 1280 di Piancavallo, la corsa esplode. Ripreso l’ultimo fuggitivo di giornata, Rohan Dennis, per tutto il giorno intrepido cronoman all’assalto delle salite, in testa al gruppo si mette a menare a tutta la Sunweb per preparare l’assalto del secondo in classica, l’olandese Wilco Keldermann, alla maglia rosa del portoghese Joao Almeida, che infatti si stacca. In testa a trenare come locomotive, Keldermann, il suo compagno di squadra, l’australiano Jai Hindley, e l’inglese Tao Geoghegan Hart. Almeida è staccato ma contiene, facendo smorfie e linguacce per tutta la salita, il distacco e alla fine conserva la Maglia Rosa. Dietro ancora, tutti gli altri, tra cui Nibali che perde il passo dei migliori e all’arrivo pagherà un distacco che, forse, lo mette fuori gioco per la vittoria finale. Anche se manca ancora una settimana a Milano.  

Giro d'Italia, tappa 15, la Maglia Rosa Almeida - foto LaPresse

Vince con bello spunto finale Tao Geoghegan Hart, per la fatica di chi cerca di pronunciare in modo corretto lo scioglilingua del suo cognome. Geoghegan è un nome gaelico, evoluzione della forma originaria Mac (o Mag) Eochagáin, che rimanda alla figura di Eochagáin, capostipite dell’antica dinastia dei Uì Neill, che furono sovrani d’Irlanda nei primi secoli dell’era moderna, prima della cristianizzazione dell’isola. Ma se il cognome è impronunciabile in verità è il nome, Tao, che è difficile da spiegare. Non per il suono, ma per il significato che si porta dietro. 

Il Tao, concetto principale del pensiero cinese, è quasi intraducibile all’interno dei riferimenti della filosofia occidentale: non è il logos di Eraclito e neppure il noùmeno di Kant, non è l’apèiron di Anassimandro né l’élan vital di Bergson, a dimostrare come i cinesi, da sempre, trovino la via più breve alle cose. Il concetto che forse meglio, noi occidentali, riusciamo a capire del Tao è che sia movimento, divenire, cambiamento continuo pur nel permanere identico dell’essere, forse come il Tagliamento sul ponte di Pinzano. L’ideogramma che lo rappresenta nella lingua cinese inoltre racchiude l’idea di piede, quindi di camminare, di strada, di viaggio, le strade e i viaggi che hanno portato il conte Ceconi da Pielungo in giro per il mondo a fare ferrovie per poi tornare nella sua terra a piantare alberi. 

Giro d'Italia, tappa 15, l'arrivo di Tao Geoghegan Hart - foto LaPresse
 
Il "Giro del Touring" è realizzato in collaborazione con Hertz, partner storico dell'associazione, che ha messo a disposizione di Gino Cervi una vettura per seguire le tappe della Corsa Rosa. 
 
Si ringraziano per il sostegno al progetto anche AcdB Museo-Alessandria Città delle Biciclette e Terre di Ger.

In occasione del Giro d'Italia, per tutto il mese di ottobre il volume Touring "Il Giro dei Giri" è scontato del 40% per i soci Touring