E il terzo giorno arrivarono i viaggiatori. Dopo il convegno di venerdì sul futuro del Po e la giornata di sabato dedicata alla scuole, la domenica è la volta dei turisti venuti a vedere da vicino questo Delta del Po da vivere e conoscere. Splende il sole a Ca' Vendramin per la terza giornata di Io sono il Po, il progetto di valorizzazione del più grande fiume italiano curato dal Touring Club Italiano con il contributo del ministero delle Politiche agricole e il patrocinio di Expo. I primi ad arrivare sono camperisti. Poi un folto gruppo di Chieri, Torino, con tanto di fischietto per tenere l'ordine. Vengono sul Delta ogni anno, alcuni sono figli di emigranti polesani andati via decenni fa, ma di fare un giro in battello sui rami del Po non si stancano mai. «Ah se mi rilassa venire qui» dice la signora Maria, capogruppo e polesana. C'è una coppia di Bergamo che ha organizzato il suo ponte nel Delta proprio per essere qui con il Touring per fare tutte le escursioni in programma. Anche se non sono soci (ma a fine giornata si convertiranno) non se ne vogliono perdere nessuna: giri a piedi con guida naturalista, passeggiata in bicicletta lungo gli argini e navigazione in battello lungo il Po di Goro per scoprire da tutte le angolazioni e tutte le altezze la ricchezza del sistema Po in queste zone.

 

IN BARCA
Silvano naviga sul Po da quando è bambino. Non ha bisogno di cartelli per riconoscere da che parte tagliare le onde basse mentre risale dall'approdo di Ca' Vendramin fino a San Basilio. Non ha bisogno di cartelli anche perché non ce ne sono, e l'ecoscandaglio qui ti dice che sei a zero quando ci sei già sopra, troppo tardi. «Devi guardare le anse. Il lato stretto è quello dove si sedimenta di più la sabbia, e dunque il più pericoloso. Il lato largo è dove c'è corrente e dunque puoi passare senza problemi» spiega mentre con la Lino IV risale verso l'antico insediamento di San Basilio. Una zone dove in epoca romana c'era la linea di costa e oggi dista oltre 30 chilometri da mare. Prima di arrivare si incontra il ponte della statale Romea, che era la linea di costa intorno all'anno mille. E poco dopo, sulla sinistra il castello di Mésola, una delizia architettonica costruita da Alfonso II d'Este per vigilare sul confine con Venezia e chiedere dazio a chi passava di qui. In quarantacinque minuti si risale la corrente e si arriva all'insediamento tardo romano di San Basilio, scavo aperto che fa parte del museo archeologico dell'Alto Adriatico. «Forse questa non è la prospettiva migliore per vedere il Delta» spiega Silvano. «Meglio salire sull'argine per rendersi conto di dove sei. Però se vieni fino a qui un giro lo devi fare, magari ancora più lungo, scendendo fino a dove il mare e la terra si incontrano, con una barchetta piccola che ti permette di entrare tra i canneti, visitare le valli da pesca, fermarsi sulle dune a guardare come il mare e il fiume costruiscono il paesaggio».

IN BICI
Solo quando pedali sull'argine ti rendi conto di quanto davvero grande sia il sistema del Po qui in provincia di Rovigo. Del resto la sommità dell'argine è di gran lunga la parte più alta tra le terre emerse di questa zona. E allora finalmente riesci a vedere quel che ti hanno spiegato al Museo della bonifica, ovvero la differenza di livello, fino a otto metri, tra il corso del Po e il resto delle terre del Delta. Leggi il reticolo dei campi, che in questa parte dell'isola di Ariano sono coltivati a grano tenero, pannocchie, erba medica, meloni e angurie. Vedi da vicino alcune delle 33 idrovore che ancora ogni giorno pompano l'acqua da dentro a fuori. E inizi a orientarti un poco tra questo dedalo di terre piatte strappate faticosamente al mare. A destra il Po di Goro, a sinistra i campi. Più lontano l'altro argine, quello del Po di Venezia. In fondo, impercettibile come una presenza muta, l'Adriatico. I percorsi sono semplici, il dislivello è un concetto sconosciuto su queste strada, l'ombra – ahimè – pure. Si pedala con calma, controvento. Seguendo il Po di Goro per un anello di una ventina di chilometri, da Ca' Vendramin a Ca' Vendramin ritornando dal lato opposto, lungo l'argine del Po di Venezia. Per rendersi conto fino in fondo che ambiente naturale artificiale si sta attraversando.

 

A PIEDI

Solo se cammini a piedi senti l'odore del Delta. Odore di canna e di risaie. Di caldo afoso in estate, di umido sempre. Solo se cammini riesci a entrare nel paesaggio fino in fondo. Sorprendendo gli aironi cinerini prima che si levino in volo, senza disturbare le rane, che fanno il loro concerto in sotto fondo. Se cammini a piedi ti inoltri tra filari di pioppi canadesi ordinati come le pedine di una scacchiera, salici arruffati e poi campi coltivati fino a dove l'argine non segna il confine tra la terra e l'acqua. Camminando intorno a Ca' Vendramin entri in punta di piedi in un ambiente naturale che in realtà è frutto dell'uomo. Filari di pioppi, rigagnoli, canneti, boschetti: tutto quel che è natura è figlio del lavoro dell'uomo. Fino a un centinaio di anni fa non c'era nulla. Nemmeno la terra su cui camminare. Solo acqua e aria malsana. Poi lì in fondo hanno tirato su quella ciminiera di mattoni alta 60 metri, hanno azionato le idrovore e tutto è cambiato. Camminarci in mezzo è un buon punto da cui partire per vedere dove finisce il Po. E dove inizia il viaggio del Touring Club Italiano lungo il grande fiume italiano.

 

Leggi i resoconti della prima tappa sul Delta del Po