Si chiama Cheers, un acronimo che sta per Cultural HEritagE. Risks and Securing activities. Si tratta di un progetto europeo finanziato dal programma Alpine Space che, fino al 2021, vede il Touring a fianco di altri 11 partner di 6 Paesi (Austria, Francia, Germania, Italia, Slovenia, Svizzera). Obiettivo: valorizzare il patrimonio culturale, affrontando la questione ancora trascurata della loro protezione dalle calamità naturali.

Un tema importante e caro al Touring, che spesso ha cercato di sensibilizzare sui temi della protezione e della salvaguardia del patrimonio - perché questo, sia esso materiale o immateriale, è espressione dell’identità di un territorio. Anche perché l’Italia è caratterizzata da un forte rischio naturale - sismico, idrogeologico, vulcanologico; e tra le macerie dei disastri naturali rischiano di perdersi pezzi di eredità e di storia importanti per intere comunità.

Cheers si propone di integrare in particolare tre aree di competenza: quelle relative all'analisi dei rischi, alla gestione dei beni culturali e alla pianificazione di emergenza, sostenendo le comunità alpine ad aumentare la consapevolezza e la conoscenza dell'impatto dei rischi naturali sul loro patrimonio culturale e la loro capacità di implementare politiche e misure per la protezione del patrimonio e la gestione del recupero. Per far meglio capire che cos'è Cheers e quali sono i suoi obiettivi è stato realizzato recentemente un video esplicativo in lingua inglese, prodotto dal Touring, che vi proponiamo qui sotto. 
 


 
"È un progetto molto stimolante" spiega Maria-Chiara Minciaroni, che per il Touring sta seguendo Cheers. "Spesso chi si occupa di gestione del rischio non riesce a stabilire un dialogo con chi invece lavora per tutelare il patrimonio e chi deve pianificare l'emergenza, mentre invece è fondamentale cercare modalità perché tutte le componenti possano scambiarsi le competenze: sia per prevenire il rischio sia e soprattutto per mettere in sicurezza i beni prima che avvengano gli eventi calamtitosi". A volte manca anche una vautazione delle priorità: quali luoghi devono essere protetti per primi? E quali beni devono essere salvati, in caso di eventi? Su quali basi lo si può decidere? A dare possibili risposte ecco due buone pratiche italiane.

1. IL SANTUARIO DI GALLIVAGGIO
Il caso del santuario di Gallivaggio ha rappresentato un precedente importante. Il santuario si trova in Valchiavenna, in provincia di Sondrio; fu realizzato tra il 1598 e il 1603 in una stretta gola sotto una ripida parete rocciosa, e da allora ha conservato preziose opere d'arte, tra cui vari gruppi lignei. Il 13 aprile 2018 viene data l'allerta per il distacco di materiale roccioso dalla sovrastante parete, distacco che provoca un dislocamento e un lento scivolamento di una grande massa in cima alla parete stessa; la strada viene chiusa e la frazione evacuata. 

Dieci giorni dopo, il 23 aprile, la Regione Lombardia stabilisce un'unità di crisi formata da moltissimi enti locali, provinciali e regionali, nonché esperti di vario tipo: al tavolo siedono rappresentanti dei Carabinieri, della Diocesi, della Comunità montana, della Provincia, dei Vigili del Fuoco, oltre a architetti, storici dell'arte, tecnici. Tutti insieme identificano, tra le tante operazioni, le principali opere d'arte ospitate nel santuario da trasportare altrove: un complesso e puntuale lavoro di mappatura, valutazione, rilievo.

Dopo verifiche tecniche e di sicurezza, l'11 maggio viene deciso il prelievo dei beni dalla chiesa, messi in salvo a Chiavenna. Quasi venti giorni dopo, il 29 maggio, la frana si abbatte sul santuario, provocando ingenti danni alla struttura (muri e tetto). L'eccellente lavoro di gruppo e il dialogo tra le parti ha portato alla salvaguardia di tutte le opere più importanti, nell'attesa che la struttura possa essere restaurata e i beni possano tornare nella loro "casa".


Il santuario di Gallivaggio - foto www.santuariodigallivaggio.it

2. LA VALLE DELL'ADIGE IN TRENTINO
"Il punto di partenza di Cheers, il suo caso-pilota per l'Italia" spiega Minciaroni "è relativo all'area di Trento, dove si vuole giungere a un aggiornamento dei Piani di emergenza della Provincia Autonoma per gestire lo scenario di rischio di esondazione dell’Adige con interventi di messa in sicurezza dei beni culturali".

In questo caso il lavoro sul caso pilota è stato fatto mettendo intorno al tavolo diverse expertise e a oggi ha riguardato:
- l’analisi dello scenario dell’evento (l'esondazione dell'Adige);
- la mappatura dei beni culturali e l’analisi dell’esposizione del patrimonio culturale, identificando i beni potenzialmente esposti;
- la definizione delle priorità di intervento (cosa mettere in sicurezza prima) attraverso l’assegnazione di un “valore di triage” (con un metodo proposto dal progetto chiamato Attach) e una valutazione della vulnerabilità dei beni esposti al rischio.

"Il valore aggiunto di questo metodo sta nell'avere ricostruito l'intero percorso di valutazione finalizzato alla definizione di una priorità di intervento" dichiara Luca Gabrielli, Soprintendenza per i Beni Culturali, Provincia Autonoma di Trento "e quindi nell'avere trovato un equilibrio tra l'istanza qualititativa, che appartiene all'operatore della tutela culturale, e quella quantitativa, misurabile, imposta dalla definizione di una priorità. È un metodo non elementare, ma che consente di operare valutazioni su scale anche di diverso livello, senza perdere di definizione". 

Un lavoro importante, dunque, di cui vi terremo aggiornati sui prossimi sviluppi.

INFORMAZIONI
Per conoscere il progetto Cheers e rimanere aggiornati sugli sviluppi, visita il sito di Cheers e iscriviti alla newsletter dedicata!

La valle dell'Adige - foto Wikipedia Commons