Via del Monte è senz’altro la via più evocativa via del Ghetto ebraico, oltre che uno dei luoghi della poesia di Saba: «A Trieste ove son tristezze molte, / e bellezze di cielo e di contrada, / c’è un’erta che si chiama Via del Monte». Questo è il cuore dell’antica comunità ebraica triestina e qui nel ghetto, sul limitare della città vecchia, si trovano alcune delle tappe più significative proprio della vita di Saba, di madre ebrea: la casa natale, in via Riborgo, demolita nel 1937; la casa dell’amatissima balia, in via del Monte; l’antico cimitero, di cui oggi non restano che rare vestigia seminascoste nei cortili e nei giardini interni, e il tempio, oggi sede del Museo della Comunità ebraica «Carlo e Vera Wagner».<br>L’apertura di via del Teatro Romano, negli anni Trenta del ‘900, cancellò la parte inferiore della città medievale, mutando l’assetto urbanistico e architettonico della zona e troncando la continuità tra il colle di San Giusto e la città nuova. Quel che oggi resta del ghetto - un intrico di stradine con negozi di antiquariato, modernariato e libri usati e il mensile mercatino dell’antiquariato - dà solo un’ idea della sua antica importanza. Non che gli ebrei di Trieste siano vissuti tutti lì: i ricchi commercianti fondatori delle Assicurazioni Generali e, poco più tardi, della Riunione Adriatica di Sicurtà, avevano i loro bei palazzi sparsi per la città ma fino all’inizio del ’900 si recavano in ghetto, che a Trieste non è mai stato chiuso, per le cerimonie religiose. La comunità ebraica cittadina era nutrita e con figure di spicco: erano di origini ebraiche molti esponenti dell’imprenditoria, scrittori come Svevo e Saba; il fondatore del quotidiano "Il Piccolo" Teodoro Meyer; il medico Edoardo Weiss, che introdusse in Italia le terapie freudiane. La comunità diede, inoltre, un contributo alla nascita di Israele: a partire dagli anni Venti, da Trieste salpava un servizio navale del Lloyd Triestino diretto in Palestina che accoglieva gli ebrei che affluivano dall’Europa centrale e orientale, reduci dalla Polonia e dall’Urss e, dal 1933, dall’Austria e dalla Germania. Nell’edificio di via del Monte che oggi ospita il Museo della comunità ebraica, in attesa del passaggio marittimo, trovavano asilo, cure, classi dove i giovani potevano continuare a studiare. Tale flusso continuò incredibilmente fino al 1941, quando una gran parte dell’Europa era già sotto occupazione nazista e gli stessi ebrei triestini erano ormai pesantemente discriminati dalle leggi razziali: per questo, dopo la nascita di Israele, Trieste e la sua comunità si guadagnarono il titolo di Porta di Sion.