Via del Monte
localita
via del Monte 34122 Trieste (TS)
Via del Monte è senz’altro la via più evocativa via del Ghetto ebraico, oltre che uno dei luoghi della poesia di Saba: «A Trieste ove son tristezze molte, / e bellezze di cielo e di contrada, / c’è un’erta che si chiama Via del Monte». Questo è il cuore dell’antica comunità ebraica triestina e qui nel ghetto, sul limitare della città vecchia, si trovano alcune delle tappe più significative proprio della vita di Saba, di madre ebrea: la casa natale, in via Riborgo, demolita nel 1937; la casa dell’amatissima balia, in via del Monte; l’antico cimitero, di cui oggi non restano che rare vestigia seminascoste nei cortili e nei giardini interni, e il tempio, oggi sede del Museo della Comunità ebraica «Carlo e Vera Wagner».
L’apertura di via del Teatro Romano, negli anni Trenta del ‘900, cancellò la parte inferiore della città medievale, mutando l’assetto urbanistico e architettonico della zona e troncando la continuità tra il colle di San Giusto e la città nuova. Quel che oggi resta del ghetto - un intrico di stradine con negozi di antiquariato, modernariato e libri usati e il mensile mercatino dell’antiquariato - dà solo un’ idea della sua antica importanza. Non che gli ebrei di Trieste siano vissuti tutti lì: i ricchi commercianti fondatori delle Assicurazioni Generali e, poco più tardi, della Riunione Adriatica di Sicurtà, avevano i loro bei palazzi sparsi per la città ma fino all’inizio del ’900 si recavano in ghetto, che a Trieste non è mai stato chiuso, per le cerimonie religiose. La comunità ebraica cittadina era nutrita e con figure di spicco: erano di origini ebraiche molti esponenti dell’imprenditoria, scrittori come Svevo e Saba; il fondatore del quotidiano "Il Piccolo" Teodoro Meyer; il medico Edoardo Weiss, che introdusse in Italia le terapie freudiane. La comunità diede, inoltre, un contributo alla nascita di Israele: a partire dagli anni Venti, da Trieste salpava un servizio navale del Lloyd Triestino diretto in Palestina che accoglieva gli ebrei che affluivano dall’Europa centrale e orientale, reduci dalla Polonia e dall’Urss e, dal 1933, dall’Austria e dalla Germania. Nell’edificio di via del Monte che oggi ospita il Museo della comunità ebraica, in attesa del passaggio marittimo, trovavano asilo, cure, classi dove i giovani potevano continuare a studiare. Tale flusso continuò incredibilmente fino al 1941, quando una gran parte dell’Europa era già sotto occupazione nazista e gli stessi ebrei triestini erano ormai pesantemente discriminati dalle leggi razziali: per questo, dopo la nascita di Israele, Trieste e la sua comunità si guadagnarono il titolo di Porta di Sion.
L’apertura di via del Teatro Romano, negli anni Trenta del ‘900, cancellò la parte inferiore della città medievale, mutando l’assetto urbanistico e architettonico della zona e troncando la continuità tra il colle di San Giusto e la città nuova. Quel che oggi resta del ghetto - un intrico di stradine con negozi di antiquariato, modernariato e libri usati e il mensile mercatino dell’antiquariato - dà solo un’ idea della sua antica importanza. Non che gli ebrei di Trieste siano vissuti tutti lì: i ricchi commercianti fondatori delle Assicurazioni Generali e, poco più tardi, della Riunione Adriatica di Sicurtà, avevano i loro bei palazzi sparsi per la città ma fino all’inizio del ’900 si recavano in ghetto, che a Trieste non è mai stato chiuso, per le cerimonie religiose. La comunità ebraica cittadina era nutrita e con figure di spicco: erano di origini ebraiche molti esponenti dell’imprenditoria, scrittori come Svevo e Saba; il fondatore del quotidiano "Il Piccolo" Teodoro Meyer; il medico Edoardo Weiss, che introdusse in Italia le terapie freudiane. La comunità diede, inoltre, un contributo alla nascita di Israele: a partire dagli anni Venti, da Trieste salpava un servizio navale del Lloyd Triestino diretto in Palestina che accoglieva gli ebrei che affluivano dall’Europa centrale e orientale, reduci dalla Polonia e dall’Urss e, dal 1933, dall’Austria e dalla Germania. Nell’edificio di via del Monte che oggi ospita il Museo della comunità ebraica, in attesa del passaggio marittimo, trovavano asilo, cure, classi dove i giovani potevano continuare a studiare. Tale flusso continuò incredibilmente fino al 1941, quando una gran parte dell’Europa era già sotto occupazione nazista e gli stessi ebrei triestini erano ormai pesantemente discriminati dalle leggi razziali: per questo, dopo la nascita di Israele, Trieste e la sua comunità si guadagnarono il titolo di Porta di Sion.
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