Il Museo di Storia contemporanea ha sede nel restaurato Cekinov grad, palazzo barocco eretto alla metà del Settecento, oggi ai margini del parco Tivoli. La raccolta rappresenta una valida opportunità per ripercorrere, secondo un’ottica diversa da quella di gran parte della storiografia italiana, le contrapposizioni che nello scorso secolo hanno segnato il rapporto tra il nostro Paese e la terra divenuta nazione slovena nel 1991. L’allestimento ha un taglio pacato e critico, scevro da trionfalismi. La prima guerra mondiale è rievocata partendo dalla ricostruzione di una trincea, che offre l’occasione per mettere a confronto la vita cittadina e quella degli uomini al fronte (interessante la collezione di cartoline di propaganda). Al conflitto, perso dall’Austro-Ungheria di cui la Slovenia faceva parte, seguono gli anni del regno di Iugoslavia, sotto il quale la Slovenia conosce una forte crescita economica e sociale, con la formazione di una borghesia nazionale (bella a questo proposito una fotografia dell’epoca che ritrae una folla a passeggio per il parco Tivoli). Nella sala dedicata alla seconda guerra mondiale si ricordano gli orrori dell’occupazione italiana, e poi tedesca, con memorie di profughi e deportati nei campi di concentramento. Non mancano le testimonianze dei non pochi sloveni che parteggiarono per gli occupanti (i cosiddetti domobranci, ossia la Guardia Nazionale). Si accede quindi alla sezione dedicata alla Iugoslavia socialista, dominata dalla figura di Tito, dittatore amato dal suo popolo ma fautore della repressione delle nazionalità e della Chiesa. Una sala è dedicata alle realizzazioni economiche e sociali dell’epoca iugoslava, ottenute a prezzo di ingenti prestiti richiesti all’estero e di una crescente inflazione. Gli anni Ottanta, dominati dalle tensioni fra le repubbliche della Federazione, preparano il terreno alla lotta di indipendenza, ottenuta con la cosiddetta guerra dei Dieci giorni a cui è dedicata l’ultima sala dell’esposizione.