Porta del Nuovo Mondo, Grande Mela, metropoli tentacolare, crocevia planetario, non si contano le definizioni che vogliono fotografare New York per afferrarla in un’immagine e impedirle di mutare così, di colpo, quasi senza accorgersene.
Chi la raggiunge può pensare di averla già conosciuta con parole, suoni e immagini che almeno una volta hanno accompagnato un gesto di una giornata qualsiasi, in un posto qualunque. Ma si sbaglia, perché New York non è un luogo comune da inquadrare in un obiettivo, è invece un mosaico metropolitano da ricomporre pezzo dopo pezzo, prima di essere ammirato in tutta la sua bellezza.
Lontano il 1624, quando Peter Minuit comperava per pochi e sparuti oggetti Manahatta, allora isola tra le isole in un panorama di verde e acqua incontaminato. Su quella lingua di terra la Nuova Amsterdam sarebbe diventata con gli inglesi la Nuova York e nei secoli la città moderna, la megalopoli contemporanea, sarebbero cresciute nell’unica direzione possibile, verso l’alto.
Oggi camminare a New York (è meglio affrettare il passo… ) è come provare la vertigine di sentirsi al centro di tutto. Ciò che si immagina esiste o è realizzabile, basta lasciarsi trascinare dal movimento di dieci milioni di abitanti, un fiume multicolore dal brusio incessante che si calma solo su una terrazza panoramica a 100 metri d’altezza o nel verde bucolico di Central Park.
Mode, avanguardie, musica, arti visive si nutrono quindi degli infiniti stimoli e dei contrasti che animano la vita di Harlem come di Times Square, l’East Village come SoHo o Tribeca: inner city nella City. Come in un gioco di specchi (basta alzare lo sguardo e se ne contano a migliaia sui grattacieli), si può credere davvero che Broadway nasca da off-Broadway, che per ogni ristorante da mille e una notte ci sia un fast food all’angolo, e che sui muri del Lower East Side sia nata una tela da qualche milione di dollari.
E se passeggiando a passo spedito per Downtown, magari in una tiepida giornata d’autunno, l’aroma di un cappuccino si confonde a un pungente odore di curry, allora sentitevi, senza timore, un po’ newyorkesi.