Deriva il nome dalle catene (vincula) con le quali sarebbe stato legato a Gerusalemme S. Pietro e che, avvicinate da S. Leone Magno a quelle relative alla passione romana dell'apostolo, si sarebbero miracolosamente fuse ad esse. Eudossia Minore, moglie di Valentiniano III, fece costruire la prima chiesa (sec. V), restaurata nella seconda metà del '400 e ancora all’inizio del '700 da Francesco Fontana. L'interno, cui si accede sotto il portico per un portale marmoreo quattrocentesco, presenta lungo la navata destra, al 1° altare un S. Agostino del Guercino; nella navata sinistra, al 2° altare un S. Sebastiano barbuto, prezioso mosaico bizantino (c. 680); al 1° altare Cristo deposto del Pomarancio e, a sinistra, tomba di Nicolò da Cusa (m. 1464) con bassorilievo (S. Pietro tra il cardinale e l'angelo liberatore) attribuito ad Andrea Bregno. Sotto l'altare maggiore, nella confessione chiusa da due sportelli di bronzo dorato raffiguranti scene della vita di S. Pietro in bassorilievo, attribuite al Caradosso (1477), è custodita l'urna contenente le supposte catene di S. Pietro. Nella cripta sotto l'altare, un sarcofago paleocristiano con le presunte reliquie dei fratelli Maccabei. Nel transetto destro il mausoleo di Giulio II commissionato a Michelangelo nel 1513 ma rimasto incompiuto: delle statue concepite dallo scultore, solo in parte realizzate, nella chiesa si conserva il celebre Mosè; ai lati, entro nicchie, le statue di Lia e di Rachele, simboli della vita attiva e contemplativa, opere di Michelangelo ultimate da Raffaello da Montelupo (1542-45); i Prigioni invece sono conservati a Parigi e a Firenze. Nel 2003 si è concluso il restauro del Mosè, che ha consentito un'aggiornata lettura critica dell'opera. Per restituire l'aspetto tridimensionale voluto da Michelangelo è stato rimosso il finestrone settecentesco che oscurava il capolavoro. Infatti, nel 1553 il maestro aveva fatto aprire una grande lunetta alle spalle del monumento che proiettasse una luce così intensa sul retro della scultura da consentirne una percezione quasi mistica. Nel XVIII secolo era stato inserito un diaframma di vetri opalini che annullava la dinamicità e la profondità della statua, riducendola a un mero monumento funebre parietale. Di notevole interesse è anche il ritrovamento di un affresco medievale sul muro dell'ex sagrestia, alle spalle della tomba di Giulio II; il dipinto è datato al terzo o al quarto decennio del Trecento.