Villa Medici, la più panoramica tra le residenze patrizie entro le mura, è situata sul Pincio, colle romano conosciuto in epoca imperiale come collis horticolorum per la presenza di splendidi giardini, fra cui quelli di Sallustio, di Domiziano e di Lucullo. La villa, sorta su un precedente edificio, fu completamente trasformata nel 1564-75 per volere del cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano, affidando la cura progettuale all’architetto Nanni di Baccio Bigio, quindi a Giacomo della Porta; il cardinale Ferdinando dei Medici, che l'acquistò nel 1576, la abbellì e ampliò sul lato destro con la galleria delle statue. Era questa una preziosa collezione archeologica, fra le più celebri del Rinascimento romano, che rese il giardino meta di molti visitatori e, ben presto, il più ammirato e studiato dell'Urbe. Dopo questa breve fase di prosperità e fortuna, la villa decadde quando il cardinale Ferdinando, insignito del titolo di granduca di Toscana, nel 1587 si trasferì a Firenze. Per quasi due secoli i Medici si disinteressarono di questa proprietà che fu progressivamente privata di gran parte dei suoi reperti archeologici, trasferiti a Firenze nei giardini di Boboli. Dal 1804 la villa è sede dell'Accademia di Francia - un'istituzione per giovani artisti francesi fondata nel 1666 da Luigi XIV - che ne ha curato il restauro. Il giardino, diviso in tre parti, si estende lungo una stretta lingua di terra tra le mura Aureliane e la sommità del Pincio, occupando una superficie di sette ettari. Un lungo viale costeggia il terrapieno al di sopra del quale è situato il boschetto dei lecci, prosegue nell'arioso parterre antistante la dimora, per terminare davanti alla statua della dea Roma, situata nel vasto giardino rettangolare. Quest'ultima area è suddivisa in sedici aiuole quadrate, cinte da siepi di alloro e di bosso e ornate con lecci, pini e cipressi. È percorsa da una serie di vialetti rettilinei che si intersecano perpendicolarmente, formando una sorta di labirintico corridoio. A ogni incrocio si ammirano statue e busti di marmo. Sei aiuole, formate da semplici tappeti erbosi e racchiuse da siepi di bosso, circondano la fontana dei delfini formando il parterre antistante la facciata secondaria della dimora, ancora oggi abbellita da bassorilievi originali del Cinquecento. Questo giardino formale è delimitato a sud dalla lunga galleria che un tempo ospitava alcuni dei pezzi più preziosi della collezione archeologica e dal muro che sostiene il boschetto. A nord è invece chiuso da alte siepi di lauro e mirto.