In principio era il bike sharing che tutti volevano: nato in Francia, nel giro di un decennio si è imposto in tutta Europa e non solo. Il sistema della bici condivisa è: due ruote sulla rastrelliera, tessera per sbloccarla, si pedala fino a un’altra rastrelliera di destinazione (in genere gratis i primi 30 minuti), riaggancio della bici. Un modello con gli esempi di maggiore successo a Milano (280 rastrelliere e 4500 bici di Bikemi) e Parigi (Vélib' con 1.200 stazioni per 18mila bici).
IL BIKE SHARING FREE FLOATING
Lo sbarco a Firenze e Milano delle bici condivise delle aziende cinesi MoBike e Ofo ha segnato la nascita del free floating. Scavalcati i termini inglesi vuol dire che le bici si localizzano con lo smartphone, si prendono e si lasciano a piacere, sbloccandole con una app che apre il lucchetto inserito sulla ruota posteriore. A parte la tariffa che parte da 30 centesimi per la prima mezz’ora - quindi senza gratuità - la comodità è straordinaria, visto che non sempre le rastrelliere del bike sharing convenzionale sono a portata di mano. Disponibilià: 2000 bici a Firenze, 2500 a Milano per Mobike, in prospettiva 4000 a Firenze e 12mila a Milano con l’arrivo anche di Ofo.
 
LA BICI DOVE LA METTO?
Il problema, già sperimentato a Pechino e Shangai, dove MoBike e Ofo sono di casa, è di trovare spazi di sosta adeguati alle bici condivise prive di rastrelliera. Un tema di tale rilevanza che in Cina le municipalità hanno messo un tetto al numero di biciclette autorizzate. E anche Firenze e Milano cominciano a vacillare: le due ruote appese agli alberi o buttate nelle fontane sono per ora casi limite molto rari, come pure quelle forzate e poi legate con una catena in spazi privati dai “proprietari”. Prima di tutto però, c’è da registrare l’irritazione di pedoni e automobilisti intralciati dalle bici in sosta. E non è un’esagerazione.

Bici di Ofo in una fontana a Milano.

PARCHEGGI DA AMPLIARE E NON SOLO

Detto che sia Firenze sia Milano hanno una rete di ciclabili molto limitata, ben lontana da quella delle città d’Oltralpe, il numero degli stalli di sosta è manifestamente insufficiente. In una Firenze coi lungarni lastricati di scooter in sosta e una Milano coi portici e le vie intorno a piazza del Duomo trasformati in autosilo di motociclette, trovare posti decorosi per la sosta di parecchie migliaia di biciclette non è uno scherzo. A Milano, per esempio, le rastrelliere per le biciclette dei singoli cittadini (non di bike sharing quindi) sono 670 per 8300 posti totali e il Comune prevede di portarne la capienza a 13mila posti nel 2018, comunque insufficiente ad accogliere tutti, visto che solo le biciclette condivise a quel punto saranno 12 mila. A Firenze gli stalli per le MoBike sono 140 a fronte di oltre 2100 bici.

Bici abbandonata in mezzo a una via a Firenze.

PAROLA D’ORDINE: EDUCAZIONE
Se le carenze di spazi disponibili per la sosta sono evidenti, non si può negare che un po’ tanti utenti, presi dall’entusiasmo abbiano applicato alla lettera lo slogan “prendila e lasciala dove vuoi”. A Firenze gli amministratori di Palazzo Vecchio hanno già chiesto a MoBike di aumentare le sanzioni agli utenti indisciplinati (si parte con un portafogli di 100 punti e una malasosta costa 20 penalità), Milano per ora tace. Di fatto è una questione che si può risolvere con un po’ di attenzione e senso civico, virtù delle quali però pare si sia spesso persa la traccia. E basta un tour sui social network, facebook in primis, per cogliere che il malumore dei cittadini, in particolare di chi si muove a piedi, è lontano dall’essere sedato. 

Ne abbiamo già parlato qui.