Un parco biciclette da poco meno di quattro milioni di pezzi e un gruzzolo di 920 milioni di dollari a disposizione. È la carta di identità dei due principali operatori del bike sharing cinesi: Ofo e Mobike. Due start-up nate rispettivamente nel dicembre 2014 e nel gennaio 2015, ancora un anno fa note soltanto a un numero ristretto di utenti di Pechino e Shanghai.

Start-up la cui rivoluzionaria capacità di innovare sta già tracimando dalla Cina a Singapore, dove le bici bianco-gialle di Ofo erano presenti da febbraio e Mobike è sbarcata lo scorso 20 marzo con le sue due ruote high-tech argento-arancione dotate di pneumatici airless e localizzatore gps alimentato dal pannello solare nel cestino.

Bici dell'operatore di bike sharing cinese Mobike a Singapore.
10 MILIONI DI BICI ALL’ANNO
Una realtà tumultuosa, quella asiatica, che sta cominciando a turbare i sonni degli operatori del Vecchio Continente, specie dopo aver constatato con quanta facilità queste giovanissime società hanno rastrellato dapprima più di cinque milioni di abbonati (che a 30 euro di cauzione l’uno hanno portato in cassa 150 milioni) e poi cifre a nove zeri tra gli investitori. Per essere precisi: 450 milioni di dollari per la start-up Ofo, 470 milioni per i rivali di Mobike.

Ma soprattutto dopo l’annuncio – giusto per dare una dimensione concreta ai programmi pilota ipotizzati a Londra e in altre capitali dell’Unione europea – di un accordo in esclusiva tra Mobike e Foxconn, il gigante industriale cinese che produce gli iPhone per Apple, per la produzione di 10 milioni all’anno di biciclette destinate al bike sharing. E la crescita della domanda di due ruote per i bike sharing sta mettendo in difficoltà le linee di produzione di bici dell’intero pianeta Cina.

Bici dell'operatore di bike sharing cinese Ofo a Singapore.
IL COLPO DI GENIO HIGH-TECH
È vero che i cinesi sono un miliardo e 300 milioni. E che le start-up asiatiche ci hanno abituato a crescite vertiginose. Ma come hanno fatto Ofo e Mobike a realizzare performance così stellari? Il segreto è nella tecnologia: il bike sharing di nuova generazione abbandona il principio delle stazioni di prelievo e deposito delle bici, corredate da rastrelliere di sosta, per passare alla soluzione free flow. Ogni bicicletta è corredata di localizzatore gps e codice a barre, di solito inciso sul manubrio o sul retro del sellino.

L’abbonato può identificare tramite un’apposita app, identica a quelle del car sharing, la posizione della bici; quando la trova, legge con la fotocamera dello smartphone il codice a barre, attivando la procedura di sblocco del lucchetto antifurto. A fine corsa basta lasciare la bici sul bordo del marciapiede, chiudere il lucchetto e cliccare sulla app per terminare il noleggio.

Lo sblocco tramite app di una bicicletta dell'operatore Ofo.

LUCI E OMBRE DEL BIKE SHARING 2.0

L’idea di poter disporre liberamente della bici è più che attraente. Sparisce la corvée di andar a prendere la due ruote alla stazione self service (e magari trovarla vuota) e di restituirla allo stesso modo, con talora la cattiva sorpresa della rastrelliera completa. Altro piccolo colpo di genio, le gomme airless che né si sgonfiano né si bucano. Per non parlare delle tariffe: in Cina si parla di 13-15 centesimi di euro all’ora con abbonamenti annuali dell’ordine di 30 euro.

Tutto bene quindi? Beh a sentire chi abita a Pechino e Shanghai, dove Ofo e Mobike spopolano, non è tutto oro quello che luccica: le bici dei due nuovi operatori sono talmente tante che finiscono per ingombrare le strade, abbandonate disordinatamente agli angoli degli isolati, bloccano marciapiedi e attraversamenti pedonali, restano accatastate a centinaia nei pressi delle principali stazioni della metropolitana. Al punto che le amministrazioni locali hanno annunciato provvedimenti draconiani per punire gli utenti indisciplinati e costringere gli operatori a dotarsi di personale che intervenga a sgomberare le strade dalle bici “di troppo”.

Un marciapiedi di Pechino ingombro di bici del bike sharing.
CHE COSA CI ASPETTA?
Un rapido tour in rete svela due strategie differenti. Come molte start-up a caccia di finanziatori, Ofo e Mobike hanno una vita mediatica molto vivace. Ecco quindi che su The Strait Times di Singapore il fondatore di Mobike parla più o meno apertamente di avere l’Europa nel mirino, ventilando a breve un test a Londra per tagliare la strada a un terzo e ancora più innovativo operatore cinese, Getbike Sharing System, che sarebbe pronto a mettere su strada tremila bici ultraleggere con telaio in alluminio.

Dal sito Techinasia.com arriva invece la voce di Ofo, che dichiara di puntare sul mercato statunitense, sottolineando come intorno al 20 marzo nel quartier generale di Pechino ci fosse in visita proprio Tim Cook, il grande capo di Apple.
C’è un iBikesharing alle porte?

Biciclette del bike sharing abbandonate in una piazza di Pechino.