Erica e Alessandro hanno 29 anni e fanno coppia fissa dal liceo. Lei ha i capelli rossi raccolti in una treccia, un accenno di lentiggini e uno zaino più grande di lei. Lui è castano, abbronzato, la barba di chi non si rade da qualche giorno, uno zaino altrettanto grande, e la tiene per mano. Mentre mi parlano si guardano spesso negli occhi, e sorridono. «Ci piace camminare, scoprire cosa c’è di bello nella nostra regione. Ogni viaggio è una scoperta», racconta Erica.
Li incontro per caso, una mattina, al santuario di Oropa, nel Biellese. Sono saliti a piedi da Santhià seguendo il Cammino di Oropa, un ramo laterale della Francigena che collega questo santuario e quello di Graglia alla Via principale.
Qui in Piemonte la Francigena si ramifica: c’è il tratto più conosciuto, la Via Francigena di Sigerico, che scende dalla Valle d’Aosta a Ivrea e Vercelli e prosegue nel Pavese; e poi c’è la Via Francigena della Valle di Susa, che nel tratto Moncenisio-Arles si collega con il Cammino di Santiago de Compostela; raggiunge Torino, prosegue per Asti attraverso il Monferrato, poi tocca Tortona e da qui prende la via del mare, arrivando in Liguria. Oggi la Via Francigena piemontese è un suggestivo cammino culturale, naturale e artistico in paesaggi di intatta bellezza, arricchito da innumerevoli opere d’arte.  
In tutto il Piemonte, la mappa del romanico si sovrappone a quella della Francigena: ogni provincia, ogni paese ha il suo tesoro d’arte e di storia. Ancora più bello se riscoperto a piedi, con lentezza.
Anche se stanno percorrendo antiche vie di pellegrinaggio, Alessandro ed Erica non si definiscono pellegrini. Perlomeno, non nel senso tradizionale del termine. «Ci piace quando la bellezza della natura si sposa con le meraviglie create dagli uomini, quando possiamo stare in silenzio a riempirci gli occhi di tanto splendore. Sono pochi i nostri coetanei che condividono questo desiderio, ma non importa. Anzi, è meglio così, ci sono posti dove non si può essere una folla».
Ci sediamo a parlare, nella brezza del mattino. Alessandro mi parla della Sacra di S. Michele Arcangelo, di cui è innamorato. Situata all’imbocco della val di Susa, l’abbazia di S. Michele della Chiusa, questo il suo nome esatto, risale al X secolo ed è una delle più importanti architetture romaniche d’Europa. Monumento simbolo del Piemonte, sembra più una fortezza che una abbazia, arroccata com’è a 960 metri di altitudine sulla vetta del monte Pirchiriano, letteralmente: la punta della montagna sbuca nel pavimento della chiesa.
Erica, da parte sua, ha scoperto l’abbazia di Vezzolano, nel tratto di Francigena che da Torino porta ad Asti. Tra i più importanti monumenti medievali del Piemonte, si trova ad Albugnano e la leggenda, racconta, ne fa risalire la fondazione a Carlo Magno. L’esterno mostra tratti elegantemente romanici, l’interno è un mix di gotico e romanico. «Nel chiostro ci sono affreschi del Trecento, non avevo mai visto un chiostro affrescato», si emoziona. Ma forse la cosa più importante è come ci si arriva, a Vezzolano, prosegue. A piedi da Albugnano, con una camminata di mezz’ora, fattibile per chiunque, ma che regala scorci di rara bellezza nel verde e momenti di pace interiore.
 
Il cammino dei due giovani è partito da Ivrea, il cui Duomo racconta una storia millenaria che va dal romanico delle origini (IX secolo) al barocco e neoclassico dell’attuale facciata.
Erica e Alessandro si alzano: per loro è tempo di rimettersi in cammino. «Quanti giorni avete ancora di vacanze?», chiedo.
Sorridono. «Non siamo in vacanza, siamo in viaggio di nozze».
Hanno tutta la vita davanti.