Sarde a beccafico, pasta con le vongole o al nero di seppia, triglie di scoglio, purpiceddi (polipetti), caponatina, caciocavallo e per finire, cannoli. Potrebbe essere il menu ideale del commissario Montalbano, se è vero che questi piatti della più genuina tradizione siciliana sono quelli citati più spesso nei suoi libri.
L’amore di Andrea Camilleri, recentemente scomparso, per la sua Sicilia, passa anche attraverso i piatti e i sapori della sua terra. E se i luoghi – Vigata e Montelusa – sono immaginari, non lo sono i piatti.
A ben guardare, un po’ di realtà c’è anche nei luoghi:  il commissariato di Montalbano a Montelusa si trova a Scicli, in provincia di Ragusa. In realtà è il palazzo del Comune e la stanza del questore è l’ufficio del sindaco. Quanto a Vigata, è un insieme di luoghi, principalmente ad Agrigento e Porto Empedocle, il suo affaccio sul mare.
Per questo siamo andati ad Agrigento e a Porto Empedocle in cerca dell’autentica cucina della Sicilia meridionale, la cucina di Camilleri. E l’abbiamo trovata in due ristoranti – uno ad Agrigento, l’altro a Porto Empedocle – legati a doppio filo. Nei nomi, che si riferiscono a due pesci azzurri, pesci poveri, di quelli che un tempo i pescatori tenevano e che oggi abbiamo finalmente imparato ad apprezzare, ma anche nei cognomi, anzi nel cognome: Ravanà.
A Porto Empedocle, a due passi dalla statua che la città ha dedicato al commissario Montalbano molto prima che diventasse un personaggio televisivo (e infatti la statua ha i capelli neri e i baffi), si trova Il salmoriglio, raffinato ristorante aperto nel 2010 da Alessandro Ravanà, all’epoca come trattoria in cui il giovane chef, autodidatta, si fece le ossa. «Come siciliano anche io sono molto legato a Camilleri, e ci piace omaggiarlo in alcuni piatti che celebrano il territorio», racconta. «Per esempio, nel pane e sgombro, rivisitazione di uno dei piatti poveri più amati di questa zona, la seconda colazione dei pescatori al rientro dalla pesca notturna.»
Su, ad Agrigento, a due passi dalla Stazione ferroviaria, nella zona oggi più bella del centro storico, c’è invece l’Aguglia persa, seminascosta da un giardino che pare quello di un baglio, ma in piena città. Qui a proporre i sapori della Sicilia c’è il fratello di Alessandro, Lorenzo Ravanà. E anche la sua cucina è un omaggio alla tradizione, rivisitata qua e là ma con molto rispetto: sarde a beccafico, polpo all’alloro, tonno in crosta di zafferano e pistacchio. Nel suo menu mi colpisce un piatto, lo spaghetto ricci di mare e vongole scappate, fuite. Lorenzo ha chiamato questo piatto la fuitina, un omaggio alla tradizione siciliana della fuga d’amore di due innamorati quando le famiglie sono contrarie alla relazione, per dissapori o per età. Montalbano, ne sono certo, li avrebbe assaggiati a occhi chiusi. E anche Camilleri.