In Italia a volte ci sono luoghi minuscoli che racchiudono grandi storie. E’ il caso della Valle Cervo, una piccola valle delle Alpi Biellesi che prende il nome dall’omonimo torrente, dove sorgono una decina di minuscoli paesi, sui cento abitanti o poco più. Anche questa era zona del tessile, come gran parte del Biellese. Alcune realtà d’eccellenza vivono ancora, come il Cappellificio Cervo di Campiglia, che da 120 anni produce cappelli da uomo e da donna in feltro, pelle e paglia. Dal 1898 è produttore ufficiale e unico depositario del cappello dell’Ufficiale Alpino, in pelo di coniglio; è inoltre fornitore di prestigiosi marchi come Hermes e di Louis Vitton. Occasionalmente organizza visite guidate all’interno della fabbrica, per conoscere i segreti della lavorazione dei cappelli e scoprire gli straordinari macchinari di fine Ottocento.
L’alta valle, invece, è terra di scalpellini. Nell’Ottocento qui si prelevava dalle montagne la sienite, una roccia simile al granito, ma con sfumature che vanno dal bruno al violaceo, molto richiesta per costruire ville, ponti, palazzi. Così come erano richiesti i muratori della valle, che sapevano come trattarla e che giravano il mondo per lavoro, riportando spesso a casa souvenir e ricordi di viaggio. Ancora oggi, nelle vecchie case dei borghi si trovano con una certa facilità scudi maori, statue di Buddha, armature giapponesi. Molti di questi oggetti hanno contribuito alla realizzazione di una country house unica nel suo genere: si chiama La Bursch, che in dialetto locale significa “casa”, “rifugio”, “tana”, un termine che ben racconta l’atmosfera di questo luogo misterioso e al tempo stesso familiare.
La Bursch è nata nel 2018 dalla ristrutturazione della casa di famiglia di Barbara Varese, imprenditrice milanese, che ha pian piano inglobato gli edifici circostanti e le memorie in essi costudite. Oggi è composta da 14 case in un unico susseguirsi di ambienti, stanze, angoli nascosti, ognuno con una propria identità e atmosfera, raccordate dal tema del viaggio. Le stanze più grandi sono tematizzate con i ricordi di viaggio: Asia, NordAmerica, Africa, rendendo l’edificio sia un museo del viaggio sia una wunderkammer, impossibile da raccontare.
In più vanta un ristorante, aperto anche agli ospiti esterni, che propone i sapori del territorio con una nota di giovane creatività: in cucina c’è la chef Erika Gotta, classe 1993, più volte premiata (miglior chef Under35 ai Food Community Awards 2022, Corona Radiosa 2023). Il menù segue la stagionalità e la filiera corta, spesso a km 0 come nell’utilizzo di erbe ed elementi naturali raccolti nel bosco. La struttura è praticamente l’unica dell’alta valle, ma come spiega Barbara Varese: “Non vogliamo essere una cattedrale nel deserto, anzi, vorremmo essere da modello e da sprone per il territorio”.
Ma la storia più interessante della Valle del Cervo è probabilmente quella del vicino paese di Rosazza, anch’esso patria di muratori e scalpellini (come testimonia la Casa Museo di Rosazza, visitabile). Il paese deve il proprio nome a Federico Rosazza, Senatore del Regno d’Italia, membro della Giovane Italia mazziniana e Gran Maestro Venerabile della massoneria. A fine Ottocento Rosazza ridisegnò quasi completamente il paese, abbattendo edifici e ricostruendoli altrove in base ai progetti realizzati assieme a Giuseppe Maffei, amico, compagno di massoneria e medium. Anzi, si dice che parte dei lavori siano stati richiesti dalla moglie di Rosazza, prematuramente scomparsa e contattata in sedute spiritiche dal Maffei. 
La chiesa fu abbattuta e ricostruita, il cimitero svuotato e riedificato sull’altra sponda del torrente, nell’unico punto al sole del paese. Vi si accede solo attraverso un imponente ponte di pietra a tre arcate, appositamente costruito. Il municipio, la torre civica, perfino le numerose fontane, ogni edificio è denso di simboli esoterici, alchemici e massoni.
Il primo edificio voluto da Rosazza in paese è il Castello neogotico medievale dalla caratteristica torre guelfa, con i muri e le colonne che richiamano i templi di Paestum (secondo i dettami dell’estetica della rovina). Il castello è circondato da un ampio giardino e l’ingresso è un arco in pietra che riproduce l’arco etrusco di Volterra.
Rosazza volle anche realizzare un sentiero di circa 15 km che collegava la nuova Chiesa-Tempio di Rosazza con il Santuario di San Giovanni Battista, considerato il Santo protettore della Massoneria, sopra Campiglia, per poi raggiungere dall’altra parte della montagna il Santuario della Vergine Nera di Oropa. 
Dall'Alta Valle, invece, si dipana la strada panoramica Zegna che costeggia il crinale prealpino attraversando il parco naturale denominato Oasi Zegna; riserva naturale privata ma ad accesso libero voluta dagli Zegna per preservare i boschi di queste montagne. A differenza della Valle, è molto ampia: circa 100 kmq. Ma cela molti meno segreti.