L’assedio potrebbe terminare, finalmente. Manca l’ultimo miglio e forse non vedremo più immense navi da crociera oscurare i palazzi e le calli di Venezia mentre attraversano il canale della Giudecca per approdare alla Marittima, il porto della città. 

Giovedì scorso, 1 aprile, il Governo ha previsto un piano per chiudere il transito delle grandi navi nel centro storico di Venezia, facendole approdare temporaneamente al porto di Marghera. Il Consiglio dei ?inistri, su proposta del Presidente Mario Draghi, del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini e del Ministro della cultura Dario Franceschini, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico nella Laguna di Venezia.

Insieme a uno stanziamento di 2,2 milioni di euro, l’Autorità portuale del Mare Adriatico settentrionale avvierà un concorso di idee, volto a raccogliere proposte e progetti di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione di punti di attracco utilizzabili dalle navi adibite al trasporto di passeggeri superiori a 40mila tonnellate e dalle navi portacontenitori adibite a trasporti transoceanici.
Anche noi non possiamo non accogliere con entusiasmo l’azione del nuovo governo che punta a risolvere definitivamente un problema arginato finora solo dagli effetti della pandemia da Coronavirus: si tratta di ritornare a un buon uso di una città unica per evitare gli impatti ambientali e sociali negativi che l’hanno snaturata e resa anche meno sicura.
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LE GRANDI NAVI A VENEZIA, LE PROMESSE MANCATE (E UN INCIDENTE)
Il transito delle navi di enormi dimensioni nel canale della Giudecca ha contribuito ad aumentare l’inquinamento e i rischi di incidenti in una città in perenne fragile equilibrio, contribuendo a sfiancarla con il fenomeno del turismo di massa. La storia di questa scellerata pratica ha origini lontane.
“Mentre nelle città europee, a partire dagli anni ’70, si procedeva allo spostamento dei vecchi porti lontano dai centri urbani, a Venezia si veniva ampliando e consolidando quello esistente e, in conseguenza delle nuove esigenze del traffico navale, si scavava il nuovo grande canale per le petroliere (canale dei Petroli o canale Malamocco-Marghera), pensato in stretto rapporto con il progetto di una terza immensa zona industriale; si approfondivano quelli esistenti per il traffico commerciale e crocieristico con larghezze di 80-90 m, profondi 10-12 m, di forma il più possibile rettilinea, totalmente in contrasto con la morfologia e l’idrodinamica della laguna”. A descrivere nel dettaglio le origini del problema è un approfondimento datato 2014 e leggibile nella sua versione integrale sul sito ufficiale del Senato della Repubblica, il cui titolo è “Venezia, la laguna, il porto e il gigantismo navale”: un Libro Bianco sul perché le grandi navi debbono stare fuori della laguna. 
Dagli anni Settanta nulla o poco più sarebbe cambiato. È solo nel 2012 che con un decreto legislativo (Clini-Passera) si prova a imporre il limite di  40mila tonnellate la stazza delle navi transitanti in laguna. La norma però rimane lettera morta, perché non esistendo ancora nessuna alcuna via alternativa per raggiungere il terminal crocieristico, viene sempre applicata una deroga al transito delle grandi navi attraverso il canale della Giudecca.
Il percorso attuale delle navi da crociera a Venezia / courtesy by ilpost.it

 

Nel 2014 invece, un Comitato interministeriale ritenta nuovamente l’accesso alle navi di oltre 40mila tonnellate, ma il Tar del Veneto annulla il provvedimento. Negli anni che seguono, nulla impedisce transiti sempre più frequenti: nel 2018 si registrarono a Venezia 594 navi da crociera, quasi due arrivi al giorno.
Tutto prosegue senza suscitare particolare scalpore nell’opinione pubblica. Almeno fino alla mattina del 2 giugno 2019, quando la nave da crociera “Opera” della società MSC perde il controllo nel canale della Giudecca. Il transatlantico ha un’avaria ai motori, urta un battello turistico con 130 persone a bordo e poi colpisce la banchina del molo di San Basilio, evitando per poche decine di metri la collisione con quella di San Marco, ben più affollata in una domenica di festa.

Ora, con il provvedimento di settimana scorsa, si spera in una virata definitiva, anche se i problemi all’orizzonte sono molti e molto complessi, tra cui frenare gli interessi commerciali vertiginosi legati al turismo delle navi da crociera e adattare il porto industriale di Marghera all’attracco di navi civili dalle enormi dimensioni, pandemia permettendo ovviamente.
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