All’epoca del primo Giubileo, era il 1300, la Francigena era la principale via d’accesso a Roma.
Da allora si sono succeduti 26 Giubliei, e la Francigena ha via via perso il suo ruolo. Oggi, con un nuovo Giubileo alle porte e una nuova sensibilità diffusa verso i cammini e il camminare, potrebbe ritrovare una sua centralità come itinerario turistico e religioso. Un’opportunità e una sfida per tutti coloro che in questi anni si sono dati da fare per la valorizzazione e la rinasciate dell’antico percorso.
Un’opportunità di cui si è discusso a Monteriggioni negli Stati Generali della Via Francigena, che si sono tenuti nel borgo senese durante lo
Slow Travel Fest.
Stati Generali - organizzati da
SloWays in collaborazione con
AEVF e Touring Club Italiano - che sono serviti per fare il punto della situazione, grazie alla presentazione della ricerca del
Centro Studi Tci sulle motivazioni, e il profilo, di chi si mette in viaggio sulla Francigena (dossier di cui si può leggere approfonditamente e scaricare anche
qui); e al sondaggio, realizzato dall’
Associazione europea delle vie Fracigene sulle criticità della Francigena oggi. Ma gli Stati Generali sono serviti soprattutto per discutere delle criticità che esistono sul percorso, sulle opportunità da sfruttare e sugli sforzi che nel proprio settore ognuno può fare.
Criticità che a detta della maggioranza degli intervenuti - dai viandanti ai rappresentanti delle associazioni che si prendono cura del percorso, come l'Associazione toscana vie francigene e Mediterraid - riguardano soprattuto la segnaletica e l’accoglienza, sia quella più turistica, ovvero b&b ed alberghi, sia quella più propriamente “pellegrina”, a donativo. La cui presenza non è per nulla uniforme lungo il cammino e laddove c’è non è sufficientemente pubblicizzata. Questo nonostante gli sforzi enormi delle decine di hospitaleros volontari - alcuni presenti, come Immacolata Coraggio o Giovanni Corrieri - che, sulla scorta di quel che accade in Spagna lungo il Cammino di Santiago, si danno da fare per accogliere al meglio i viandanti, migliorare le strutture e fornire tutte le informazioni del caso per chi intraprende il cammino.
Ma appunto le informazioni sono un nodo scoperto della Via Francigena. Non che manchino, anzi negli ultimi anni si è fatto tantissimo - quest'estate il gruppo di Camminafrancigena ha posto migliaia di adesivi per segnare il cammino - e sono oramai decisamente abbonanti e plurali. Ma spesso - è stato sottolineato da più parti - manca una definizione univoca del percorso che permetta ai pellegrini di scegliere una strada e una sola che sia messa in sicurezza, segnalata adeguatamente e lungo cui si possa sviluppare un’adeguata economia turistica incentrata sulla Francigena che porti benefici a tutti. Un’economia turistica di prossimità che potrebbe rispondere alle necessità dai tanti piccoli borghi che il tracciato intercetta e che andrebbe strutturata meglio per sfruttare appieno le opportunità del settore.
SVILUPPO DEL PRODOTTO TURISTICO
Perché le possibilità di uno sviluppo turistico del prodotto via Francigena sono tante - come hanno sottolineato gli interventi di due dei maggiori tour operator italiani del settore, S-Cape e Girolibero - però vanno tarate sui diversi pubblici interessati al Cammino. Non solo i pellegrini che dormono negli ostelli e camminano mossi da motivazioni religiose o personali, ma anche i turisti - soprattutto del nord Europa - che hanno bisogno di servizi di livello, alberghi comodi e informazioni chiare. Per arrivare a questo bisogna sensibilizzare le istituzioni, fondamentale, ma anche gli operatori locali, dagli albergatori agli esercenti dei borghi attraversati affinché vedano nel cammino un’occasione di sviluppo e non solo un percorso per eccentrici ed entusiasti camminatori.
Un tema quello del turismo sulla Francigena che non è per nulla in contrasto con l’accoglienza “pellegrina”, ma anzi è parte dello stesso discorso: solo se verranno garantiti i servizi base di accoglienza a chi vuole viaggiare auto-organizzato, la Francigena decollerà. Ma per far tutto ciò serve uno sforzo comune.
È necessario che tutti gli attori collaborino e che si individui una governance nazionale. Perché gli sforzi delle singole Regioni sono importanti - e su questo la Toscana è di certo un ottimo esempio - ma quello che ci vuole è una collaborazione a livello nazionale per trainare tutto il percorso della Via Francigena, dalla Val d’Aosta a Roma.
Uno sforzo che si concretizzi in azioni di promozione comune, nell’investimento per una manutenzione diffusa che non ricada solo e soltanto sui piccoli comuni, ma abbia un sostegno nazionale e contribuisca a uno sviluppo sostenibile del percorso. Uno sviluppo che sempre più tenga conto anche delle necessità delle persone diversamente abili, come ha più volte ripetuto Pietro Scidurlo, pellegrino in carrozzina e fondatore di Free Wheels, che ha raccontato la sua esperienza e spiegato le necessitò di chi, come lui, vorrebbe percorrere la Francigena. Perché una Francigena viva e vissuta per tutti è un davvero buon investimento: sia per chi cammina, sia per chi accoglie.
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