Il Touring Club Italiano sostiene Va' Sentiero, il progetto di cinque ragazzi che da maggio 2019 hanno iniziato a percorrere tutto il Sentiero Italia. Alla pagina www.touringclub.it/vasentiero tutti gli articoli dedicati al cammino, con resoconti periodici e approfondimenti sulle varie tappe. Seguite anche voi Va' Sentiero, partecipate a una tappa e condividete i contenuti!

Il grande Sylvain Tesson, uno che di camminare e luoghi selvaggi se ne intende, scrisse che "la pioggia è stata inventata perché l’uomo si senta felice sotto un tetto". Facile. Ma se sotto un tetto non si può stare e bisogna camminare? Nel senso: se si deve andare avanti, procedere, e non si può proprio aspettare che esca il sole? Beh, la risposta è facile: ci si mette un bel poncho impermeabile e la si prende con filosofia. Anche quando si è costretti a marciare per ore fradici di umidità con la nebbia che impedisce di vedere a un palmo di naso. D'altronde, “chi desidera vedere l'arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia”... una frase di Coelho che potrebbe andare benissimo per un bacio Perugina, ma che i ragazzi di Va' Sentiero, siamo sicuri, hanno ormai imparato a far propria. 

Tutto questo per dirvi che in Liguria, a ottobre, ha piovuto parecchio sulla strada di Va' Sentiero. E non c'è stato modo, a parte qualche eccezione, di ammirare quei superbi panorami maremonti per cui l'Alta Via dei Monti Liguri è giustamente famosa. Yuri, Sara, Giacomo, Francesco e Andrea dovranno ritornare un'altra volta per godersi lo spettacolo - ma avranno buoni agganci per farlo, sapranno già dove andare, chi incontrare, perché ancora una volta ospitalità e accoglienza sono state straordinarie lungo il sentiero. Anche quando i ragazzi si sono dovuti fermare in un giorno non previsto, mentre la tormenta spogliava i faggi dell'Appennino, hanno trovato un riparo caldo e un sorriso. Lo stesso sorriso che vedete qui sotto, in una foto emblematica di questi giorni: il fido Giovanni che sul van di Va' Sentiero ha percorso mille strade delle valli liguri per recuperare i ragazzi tra una tappa e l'altra - e consegnare, alla bisogna, qualche indumento asciutto.


Giovanni sul van di Va' Sentiero - foto di Sara Furlanetto

FABBRICHE, FORTI E MONGOLFIERE
Ma andiamo con ordine, come sempre. Avevamo lasciato Va' Sentiero al colle di Cadibona, dove (forse) si celebra il passaggio da Alpi ad Appennini. Tappa successiva, quella fino a Cascina Miera, nel Comune di Cairo Montenotte (Sv). "Ci siamo ritrovati in un gruppo davvero numeroso" racconta Sara "sembrava di essere ritornati al primo giorno di Va' Sentiero: eravamo in una cinquantina di persone! Molte erano state coinvolte da un'associazione locale, la Osa Outdoor Sport Activity. Peccato che la giornata fosse uggiosa...". Sempre Osa Outdoor ha provveduto anche all'ospitalità serale a Cascina Miera, dove i ragazzi sono stati accolti da Marco e Marcello, che hanno preso in gestione e rinnovato la struttura.

Sara ricorda in particolare la deviazione alla località Ferrania. "Qui si trova un polo industriale gigantesco e totalmente abbandonato" spiega "quel che resta della Ferrania, una grande azienda nata per la produzione di esplosivi e poi di pellicole per il cinema, acquisita dalla 3M nel 1964 e poi andata in rovina con l'avvento del digitale nei primi anni Duemila. Abbiamo anche incontrato uno degli otto residenti, uno dei pochissimi che si è fermato ad abitare in loco anche quando la fabbrica ha chiuso... pensa che era arrivato a Ferrania nell'aprile del 1962". "La 3M contribuì anche a costituire nel 1989 la riserva naturalistica dell'Adelasia, con l'obiettivo di preservare l'ambiente naturale attorno al sito" aggiunge Francesco. "I boschi protetti sono quelli intorno alla Rocca dell'Adelasia, un altro di quei luoghi dove, secondo la leggenda, trovarono riparo Adelasia e il suo amato Aleramo... una storia che continua a tornare sul nostro cammino" (vedi capitolo precedente).


Ilenia scruta l'interno dell'immenso stabilimento abbandonato di Ferrania srl, a Ferrania - foto Sara Furlanetto


Tappa Cadibona - Cascina Miera - foto Sara Furlanetto

A sfidare la nebbia e ad arrivare il giorno seguente al monte Beigua, sempre in provincia di Savona, è stato Yuri. "Purtroppo non ho visto quasi nulla per tutto il percorso. Però ti posso raccontare che mi hanno colpito i tanti cippi che ricordano le battaglie napoleoniche e l'avanzata francese di quegli anni" - stiamo parlando della Campagna d'Italia nel 1796 - "e poi le pale eoliche, un'altra costante del tratto ligure del Sentiero Italia. Ogni tanto sentivo un soffio fortissimo all'improvviso, sopra di me... difficile capire, le prime volte, che si trattava di una pala immersa nella nebbia".

Poco dopo la partenza, Yuri ha anche trovato una lapide che ricorda l'impresa del colonnello Joseph "Joe" Kittinger, che nel 1984 stabilì il recordo mondiale di percorrenza in pallone aerostatico: "atterrò poco dopo Le Meugge, proveniente dal Maine, il primo ad aver attraversato l'Atlantico in mongolfiera". Kittinger, tra l'altro, ancora vivente, è uno di quei superuomini che non si è fatto mancare nulla nella vita: ha detenuto per molti anni, dal 1960 al 2012, il record del mondo per il salto più alto con paracadute e la maggior velocità raggiunta da un uomo in atmosfera. 


La lapide che ricorda il colonnello Kittinger - foto Yuri Basilicò

A spezzare il cammino, anche l'incontro con Fabio, escursionista che stava percorrendo l'Alta Via in senso contrario. "Ci siamo sorpresi a vicenda di trovare un altro essere umano sul cammino in un giorno simile!". Poi l'arrivo al rifugio Beigua, vecchio e affascinante, gestito da due squisite e gentilissime signore. "E' stata la nostra casa anche per il giorno dopo" spiega Yuri "visto che il vento a 130 km/h non ci ha permesso di camminare... siamo anche stati senza corrente elettrica per mezza giornata, visto che un albero ha travolto i tralicci". In condizioni tanto avverse qualcuno ha incredibilmente bussato alla porta: "proprio quel giorno è arrivata Sara, diciottenne di Gallarate e futura studentessa di medicina: una persona molto in gamba, discreta e determinata, che ci ha dato anche una mano con vari lavori organizzativi, nell'attesa di camminare i giorni successivi". Francesco ricorda come poco distante dal rifugio, a La Cascinassa, ci fosse il quartier generale di Bonaparte: "in questi giorni liguri abbiamo sentito parlare parecchio del condottiero...". 


Al Rifugio Monte Beigua con la proprietaria Anna e una sua amica aiutante - foto Sara Furlanetto

"Il giorno dopo siamo partiti dal monte Beigua con il cielo azzurro, ma è durato cinque minuti: è venuta subito su la nebbia!" continua Sara. "Abbiamo camminato a lungo nei boschi, fino a che siamo sbucati vicino a un bellissimo forte, il momento più interessante della giornata". Si tratta del Forte Geremia, costruito dal genio militare del Regno d'Italia verso la fine del XIX secolo, sull'ampia anticima orientale del Bric Geremia dal quale prende il nome (Francesco ci fa notare come molti pizzi, vette, cime delle Alpi Liguri siano chiamati bric). "La posizione del forte è invidiabile e strategica, con un'ottima visibilità sia sul mare sia sull'entroterra" spiega Sara "nelle giornate terse, ovviamente non quella in cui ci siamo capitati, si può vedere persino il Monviso e persino il Monte Rosa".

Ad accogliere i ragazzi al forte è stato Stefano, 38 anni, "che si definisce alpinista archeologo speleologo pilota" e che tra mille difficoltà sta restaurando la struttura e convertendola in un rifugio, probabilmente il primo a essere costruito dentro a un forte. "Ci ha spiegato un po' rassegnato di quanto sia complicato avere a che fare con la burocrazia: pur avendo un bando per la conversione dell'immobile, non ha ancora visto un soldo... eppure procede con tenacia, con l'aiuto di tanti amici artigiani, organizzando anche numerosi eventi per far conoscere il luogo e la struttura". Speriamo che Stefano possa trovare maggior fortuna in futuro, per portare a compimento un'opera che ha davvero dell'encomiabile.


Il Forte Geremia - foto Sara Furlanetto


Stefano, gestore del rifugio/forte Geremia - foto Sara Furlanetto

La sera i ragazzi sono arrivati al passo del Turchino, tristemente famoso per un eccidio nazista. Nei pressi, a Campomorone, provincia di Genova, sono stati ospiti a casa di Claudio, ingegnere in pensione che come raccontavamo nello scorso capitolo ha dato vita alla rete associativa Ospitalità Alta Via, grazie alla quale promuovere l'Alta Via dei Monti Liguri. "Abbiamo capito di quanto sia complicato sia il rafforzamento della rete sia il dialogo con le istituzioni per mantenere l'Alta Via" ricorda Sara "Claudio ci ha spiegato che si fa sempre qualcosa di nuovo dimenticandosi di mantenere quel che già c'è". Sempre Claudio ha anche creato un numero per il soccorso sul sentiero, attivo 24 ore su 24 e sette giorni su sette.

QUEI BAMBINI EROI... E QUELLE MADONNE MIRACOLOSE
Sveglia con la nebbia, tanto per cambiare. Francesco e Mattia, alias "stambecco della Valtellina", 21enne ultratrailer che si era già aggregato alla spedizione più di una volta nel corso dell'estate, sono partiti in mezzo al bosco diretti a Passo della Rocchetta: "una passeggiata tranquilla su una carrozzabile con viste sul golfo di Genova: non si poteva non notare il Santuario della Madonna della Guardia, in cima a un monte, punto di riferimento per i genovesi". Francesco ci racconta la storia-leggenda collegata: "un pastore della val Polcevera, intorno al 1490, vide la Madonna ma non disse nulla per non farsi credere pazzo... poi la Madonna apparve una seconda volta e lo guarì da una caduta, così da convincere anche i più scettici e costruire una cappella in cima al monte Figogna". Ad attenderli al passo della Bocchetta, dopo un acquazzone, Elisa con il bimbo Matteo: "ci voleva raggiungere a piedi, ma poi ha desistito causa pioggia... e per nostra fortuna ci ha aspettato in auto con un'ottima focaccia ligure!". 


Il sottobosco dei monti Liguri - foto Andrea Buonopane

Un tappa altrettanto invisibile attendeva i ragazzi dal passo della Bocchetta al colle di Creto. "Proprio una di quelle giornate da stringere i denti e andare, senza vedere nulla o quasi" racconta Yuri. A Mignanego (Ge), un altro santuario, quello dedicato alla Nostra Signora della Vittoria; e un'altra storia, la miracolosa vittoria dei genovesi nel 1620 contro i Savoia, a seguito della quale fu costruita la prima cappella per ringraziare la Madonna. "C'è anche una lapide in dialetto a commemorare l'evento" ricorda Yuri, che poi racconta un momento particolare: di quando, presso la Crocetta d'Orero, il valico più basso dell'Appennino Ligure, ha fatto asciugare per un momento il poncho appendendolo a un cancello. "Subito è uscito un signore per capire cosa facessi: e dopo quattro chiacchiere mi ha invitato dentro casa a prendere un caffè. Simpatico, Domenico, con un forte accento calabrese... ho improvvisato anche qualche accordo sulla chitarra insieme al nipotino!". 
 

Ancora pioggia nel bosco, fino a una cappelletta dove Yuri si è sorpreso di trovare una iscrizione dedicata alla "brigata partigiana balilla". Ma come? Balilla non era un nome utilizzato dalla retorica fascista? "In realtà" spiega Francesco "abbiamo poi capito che balilla è un nome ligure utilizzato per indicare i bambini, deriva da balla, ovvero palla. Il balilla più famoso era stato quel bambino che aveva lanciato una pietra contro gli austropiemontesi nel 1746, scatenando la rivolta di Genova... poi venne utilizzato anche in epoca fascista, ma qui ha sempre significato eroismo e coraggio, indipendentemente dalla politica". Al passo del Bocco i ragazzi troveranno anche una statua dedicata al bimbo eroe.
"Gettati come pulcini sotto l'acqua". Andrea non usa mezzi termini per farci capire quanto piovesse anche il giorno successivo... "Io e Mattia abbiamo corso parecchio per arrivare fino al rifugio Barbagelata, tra creste, faggete e... grandi scivoloni senza conseguenze". Poi, un altro episodio di quelli che fanno bene al cuore e al morale - a Scoffera, vicino all'omonimo passo tra la val Bisagno e l'alta valle Scrivia, dove la statale 45 per lungo tempo è stata l'unico asse di collegamento tra Genova e Piacenza. "Siamo entrati nel bar Route45 per asciugarci e abbiamo chiesto a Cristina, la titolare, se potevamo consumare all'interno la nostra schiscetta in cambio dell'acquisto di una pizzetta e di qualche bibita. Peccato che eravamo sprovvisti di contanti e il bar non accettava le carte... Ci sentivamo un po' in imbarazzo, ma Cristina ci ha sorriso e ci ha pure offerto il caffè". Acqua, salita, ancora acqua, buio, fin quando il fido Giovanni è arrivato a riprendere i ragazzi...


Tappa Creto-Rif. Barbagelata - foto Andrea Buonopane​

UN FUNGO TIRA L'ALTRO
E il giorno dopo? Sole? Macché. Sara definisce la tappa dal rifugio Barbagelata al passo della Forcella "una tappa disagio". Come dire: non c'è mai limite al peggio... "Pioveva tantissimo, i torrenti scendevano impetuosi, a volte coprendo pure il sentiero... cercavamo di aggirarli salendo più in alto, ma gli arbusti erano scivolosi e il terreno sconnesso, insomma è stata un'avventura". Naturalmente con la pioggia arrivano anche i funghi: "saltavano fuori da ogni dove, e con i funghi anche i fungaioli che nonostante il meteo erano dappertutto, sembrava una corsa all'oro" sorride Sara. "Io ho provato anche a raccoglierli" aggiunge Francesco "ma senza grande successo, mi si sono pure rovinati nella busta... la mia carriera di fungaiolo è finita definitivamente" ride. 
 


Funghi come se piovesse - foto Andrea Buonopane

Poi stop alla pioggia, poi cresta con vento fortissimo, poi nebbia bella spessa. "Quando siamo arrivati al passo della Forcella eravamo al settimo cielo... finalmente era finita! Abbiamo baciato la terra e Giovanni" racconta Sara. Ospitalità serale alla guesthouse Drago Bianco, "una bella realtà raccolta e isolata, in un bosco, perfetta per chi cerca la pace... Paolo e Anna, i proprietari, sono una coppia bizzarra e simpatica, appassionata di fantasy: in casa spuntano draghi da tutte le parti, c'è anche un forno in giardino a forma di drago!". 


Francesco e Sara verso Lorsica - foto Sara Furlanetto
 

In compagnia di Paolo gestore della Guest House "Il Drago Bianco" - foto Andrea Buonopane


Tappa dal rifugio Barbagelata al passo della Forcella - foto Sara Furlanetto
 

Ancora funghi a profusione, episodi della resistenza, gocce d'acqua insistenti nella tappa dal passo della Forcella al passo della Spingarda. "Ci hanno raccontato una curiosità interessante" spiega Francesco "presso Borzonasca, non lontano dal sentiero, c'è quella che si pensa sia la più grande scultura rupestre paleolitica d'Europa e probabilmente la più grande del mondo. La chiamano il "volto megalitico di Borzone" ed è una grande roccia che raffiugra un volto umano (7 metri di altezza e 4 metri di larghezza). C'è comunque chi dice che a scolpire il volto furono invece i monaci Benedettini della vicina abbazia di Sant'Andrea di Borzone". 

HERE COMES THE SUN
E finalmente il tempo migliorò. "Nella tappa da Passo della Spingarda a Colla Craiolo è tornato il sole!" racconta Andrea. "Insieme ad alcuni amici abbiamo finalmente potuto ammirare un paesaggio spettacolare, camminando tra le faggete arancioni su un sentiero cosparso di foglie appena cadute. E anche se a tratti si scivolava, il panorama è stato spesso davvero magico, molto suggestivo". Anche Andrea ricorda "ruscelli diventati fiumiciattoli e un sacco di gente in giro a funghi" fino alla Rocca della Scaletta, dove si è aperta una vista a 360 gradi su tutto il circondario. "Per pranzo abbiamo raggiunto il rifugio Devoto, dove eravamo ospiti dalla sera prima; poi gli ultimi sei chilometri, con arrivo quasi all'orario del tramonto, tra collinette arancioni e luce calda. Anche il viaggio di ritorno in van fino al Devoti è stato molto bello, tra colori del crepuscolo". 


Tappa Passo della Spingarda-Colla Craiolo, il passaggio in mezzo alle faggete - foto Andrea Buonopane


Lungo la tappa Passo della Spingarda-Colla Craiolo, l'Alta Via dei Monti Liguri regala una vista mozzafiato - foto Andrea Buonopane​

Ed infine l'ultima tappa in territorio ligure, precisamente nella provincia di La Spezia. "Il Sentiero Italia, che segue l'Alta Via dei Monti Liguri, procede per il passo di Cento Croci" spiega Yuri "una tappa breve e tranquilla, tra gli 800 e i 1000 metri di quota, in un paesaggio boschivo con creste dolci e dossi: eravamo in tanti, vecchie e nuove conoscenze, finalmente tante chiacchiere senza affanni e un bel clima sereno". Lungo il percorso un incontro speciale: "ci siamo imbattuti in un gruppo di volontari Cai della sezione di La Spezia che stavano sistemando la segnaletica del Sentiero Italia. Naturalmente ci siamo messi a chiacchierare e abbiamo dato qualche consiglio sul tratto che avevamo appena percorso".

 Tappa Colla Craiolo-Passo Centocroci; volontari della sezione CAI di La Spezia sistemano la segnaletica dell'Alta Via e del Sentiero Italia - foto Andrea Buonopane
 

"Dopo il monte Ventarola siamo arrivati al passo di Cento Croci, così chiamato per una strana leggenda" racconta Francesco "pare che sul posto ci fosse un monaco che avvelenava i viandanti per ucciderli e derubarli... ecco perché il toponimo delle cento croci. Una storia che abbiamo ritrovato anche altrove, dove gli omicidi erano briganti". Al passo, sul confine tra Spezzino e Parmense, sorge anche un imponente monumento dedicato ai partigiani caduti nel corso della seconda guerra mondiale appartenuti appunto alla brigata partigiana Cento Croci. Notte a Varese Ligure, bel borgo certificato dal Touring con la Bandiera arancione, tra i primi in Italia ad aver seriamente investito nell'agricoltura biologica insieme a tutta la sua valle, la Val di Vara: oggi sono oltre 40 le aziende agricole consorziate nelle cooperative locali per la produzione di carni e formaggi biologici. "Abbiamo apprezzato molto il centro storico" conclude Francesco "molto ben curato, con il borgo rotondo, il castello dei Fieschi, la torre, il ponte cinquecentesco di Grexino...".  

E poi? E poi l'Emilia Romagna e la Toscana attendono. Sperando che novembre non sia così ostico come gli ultimi giorni di ottobre. La fine del primo anno è vicina, manca soltanto un mese. Ma d'altronde, i ragazzi di Va ' Sentiero sono sempre più determinati. Lo si sente nelle loro voci, nei loro racconti. Altro che pioggia. Ci vuol ben altro.

Non maledire ciò che viene dal cielo.
Inclusa la pioggia.
Non importa cosa ti precipiti addosso, non importa quanto violento il nubifragio o gelida la grandine: non rifiutare quello che il cielo ti manda.

(Elif Shafak, La Bastarda di Istanbul)


Arrivo al Passo di Centocroci e passaggio in Emilia Romagna - foto Andrea Buonopane


Le colline tra Spezzino e Parmense - foto Andrea Buonopane