Nell’anniversario tondo dei 700 anni dalla morte di Dante, nella imponente mole di festeggiamenti e di celebrazioni, non poteva mancare la presenza di Verona che di fatto fu la seconda patria del sommo poeta dopo la fuga e l’esilio politico dalla sua Firenze e prima della sua scomparsa avvenuta a Ravenna nel 1321
Alighieri fu accolto da subito con aristocratica ospitalità dal signore di Verona e dalla famiglia di quel Cangrande della Scala, come più volte lo stesso Dante, grato, ebbe a ricordare dedicando loro una citazione nella Divina Commedia e una cantica delle Epistole: «Lo primo tuo rifugio, il primo ostello, sarà la cortesia del gran lombardo che ’n su la Scala porta il santo uccello». Così scrisse Dante nel canto XVII del Paradiso rivolgendosi a Bartolomeo, che aveva inciso sulla tomba l’immagine di un’aquila in cima alla scala, quello della famiglia che lo accolse per primo. 
Dopo la morte di quest’ultimo, nel 1304, il poeta tornò in città e vi rimase (e così poi i suoi figli Pietro e Jacopo e le sue nipoti divenute monache) dal 1312 fino al 1320 avendo modo di integrarsi perfettamente nell’ambiente, sotto la protezione della Signoria scaligera a quel punto governata dal più noto Cangrande.
Verona, centro storico
IN CAMMINO CON DANTE A VERONA
La Verona vissuta così intensamente dal poeta non fu dunque solo uno sfondo scenografico ma divenne in qualche modo coprotagonista attiva della sua esperienza poetica, umana e dei suoi intensi rapporti culturali. Ecco perché la coincidenza con la ricorrenza è sembrata ai veronesi l’occasione ideale per organizzare una mostra. Ma al posto del solito evento museale tradizionale si è puntato intelligentemente su una vera mostra diffusa dal titolo “In cammino con Dante a Verona”. E così è nato un itinerario dedicato, realizzato dai Musei Civici con la collaborazione dell’università, del comitato per le celebrazioni dantesche e con il contributo della Fondazione Banca Popolare di Verona.
Si tratta di un percorso che si può, anzi si deve compiere tranquillamente a piedi e che tocca chiese, conventi, palazzi, piazze, biblioteche del centro antico della città, che, seppur in molte parti inevitabilmente modificati rispetto ai suoi tempi, portano ancora ampie tracce del suo passaggio e dove si può facilmente ritrovare quell’atmosfera che può aver vissuto il poeta riparatosi dalla fuga da Firenze.
Si può partire quasi inevitabilmente dalla Piazza dei Signori, storicamente il centro del potere, dove dal 1865, per il sesto centenario della nascita del poeta fu eretta, in piena notte e quasi di nascosto una grande statua di marmo di Carrara di Dante, considerato dagli occupanti austriaci di Verona dell’epoca, nonostante fossero passati sei secoli, più che un poeta universalmente riconosciuto, quasi un patriota risorgimentale e quindi un cospiratore carbonaro.
La statua appena restaurata è firmata dallo scultore, collezionista e mecenate Ugo Zannoni al quale dal 27 giugno fino al 31 dicembre sarà dedicata una mostra personale “La mano che crea” alla galleria d’arte moderna dentro il Palazzo della Ragione, proprio al quale sembra rivolto lo sguardo del Dante di marmo, la seconda tappa del nostro itinerario veronese alla ricerca di Dante.
Anche perché proprio nel Palazzo della Ragione si è operato un ardito legame tra l’autore della commedia e il bardo di Stratford on Avon. Si intitola "Tra Dante e Shakespeare. Il Mito di Verona" la mostra che (fino al 3 ottobre) punta un faro sul rapporto tra Dante e l’autore di Romeo e Giulietta. Il dramma fu ambientato proprio a Verona dove intelligentemente fu nell’800 reinventato il mito dei Montecchi e Capuleti citati da Dante nel Purgatorio (“vieni a veder Montecchi e Cappelletti/ Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: color già tristi, e questi con sospetti…”), così come reinventate furono la casa di Romeo e ovviamente il balcone di Giulietta sotto il quale milioni di turisti sostano in venerazione e dove arrivano ogni anno migliaia di lettere da tutto il mondo indirizzate alla infelice amante alle quali viene regolarmente data risposta.
Piazza dei Signori e Palazzo della Prefettura / foto D. Zugliani
Tornando a camminare sulle tracce dantesche, a pochi passi si trova il Palazzo del Capitanio. Fatto costruire da Cangrande, il bellissimo edificio è passato da residenza dei Della Scala a sede del Capitano della Serenissima veneziana (da cui il nome) a palazzo della Provincia e infine a Prefettura. A impreziosirlo sono saloni, camini, pitture, affreschi ricostruiti e d’epoca.
Accanto si trovano le Arche scaligere, vale a dire le monumentali tombe dei signori di Verona. Altri due passi e ci si ferma alla basilica di san Zeno, patrono della città, capolavoro del romanico lombardo, descritta da Dante nel Purgatorio. Da non perdere, oltre alla tomba del santo, nella cripta, la pala d’altare di Andrea Mantegna dedicata a Zeno e le meravigliose formelle bronzee del portale.
Arche Scaligere
Adiacente alla cattedrale c’è un luogo dantesco certificato: Si tratta della chiesa di Sant’Elena gestita all’epoca dal patriarcato di Aquileia, con un magnifico chiostro a doppio colonnato, dove Alighieri tenne la lezione pubblica Questio de acqua et terra, per spiegare il fenomeno dell’emersione della terra dalle acque davanti a tutto il clero locale ( “salvo i soliti invidiosi”, registra Dante).
E proprio lì accanto si trova la biblioteca Capitolare, una delle più antiche del mondo con manoscritti e codici miniati che risalgono al sesto secolo, dove Dante certamente è andato e dove, anche grazie a un sistema innovativo di catalogazione digitale, gli studiosi non hanno perso le speranze di ritrovare tra quei libroni un manoscritto autografo dell’Alighieri.
Biblioteca del seminario vescovile / foto Ignazio Sfregna
Dopo la sosta nelle chiese di sant’Anastasia (con la più antica tomba veronese della famiglia Alighieri), San Fermo maggiore (frequentata da Dante, con le tombe di altri suoi discendenti) e Sant’Eufemia, si torna in Piazza delle Erbe dove ci sono tracce delle pubbliche recite dantesche fatte dal figlio Piero, e dove si incontrano Palazzo Bevilacqua, la sua abitazione, e il monastero benedettino di San Michele Arcangelo dove presero i voti Alighieri, Gemma e Lucia nipoti di Dante.
Gli archi esterni della chiesa di Santa Anastasia
Se la villa Serego Alighieri, ancora di proprietà degli ultimi eredi del poeta non è visitabile, lo è invece il vasto maniero di Castelvecchio che Dante non fece in tempo a vedere, costruito appena dopo la sua morte da Cangrande, ma che oggi accoglie come sede museale importanti testimonianze dell’epoca del poeta. Al suo interno si celebrò il noto “Processo di Verona” che condannò a morte Galeazzo Ciano e altri gerarchi fascisti, traditori del regime per aver firmato l’ordine del giorno Grandi del 25 luglio del 1943. Nelle eleganti bacheche firmate da Carlo Scarpa, nella sala Boggian, sono esposte negli archivi, fino al 3 ottobre (chiusura sabato e domenica), 41 incisioni, acqueforti e acquetinte di Dante. Qui di può anhe apprezzare l’inferno di Mazur, opera dell’artista americano Michael Mazur ispirate alla prima cantica della Divina Commedia e regalate dall’artista alla città di Verona. 
Per seguire l’itinerario è stata creata una dettagliata mappa cartacea e per orientarsi basta seguire i pannelli esplicativi dotatio di qrcode. 
Ponte di Castelvecchio / foto Giorgio Vantini
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