Sono una ventina i soci e i consoli Tci dell’Emilia-Romagna che in oltre due anni di lavoro hanno realizzato "Aemilia, una via lunga 2200 anni", carta “parlante” per esplorare paesaggi, beni culturali e prodotti tipici della regione seguendo il filo conduttore del percorso storico della Via Emilia, da Rimini a Piacenza. Un progetto sviluppato in prima persona dai soci Tci del territorio, in collaborazione con l’Apt dell’Emilia-Romagna, per proporre un viaggio in sei tappe alla scoperta di piccoli e grandi monumenti, musei, scavi archeologici più o meno strettamente legati al tema della consolare che da sempre rappresenta la spina dorsale della Pianura Padana. Tutte le tappe di "Aemilia, una via lunga 2200 anni" sono sulla nostra pagina dedicata.

"AEMILIA, UNA VIA LUNGA 2200 ANNI"
TAPPA 3 - LA VIA EMILIA A BOLOGNA

Lasciati gli scavi dell’antica Claterna, dopo Ozzano Emilia si incontra San Lazzaro di Savena, zona agricola al tempo dei Romani. Il nome ricorda il lazzaretto qui trasferito da Bologna tra il XII e il XIII sec. per impedire il contagio della peste. Passarono di qui, lungo la Via Emilia, gli eserciti che liberarono Bologna al termine della seconda guerra mondiale. A ricordo, è stato realizzato il Museo Memoriale della Libertà.

Il percorso cittadino di Bologna (Bononia) della Via Emilia inizia, al civico 65 di Via Mazzini, dalla chiesa di Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni. La storia del santuario è legata alle vicende dell’antica chiesa parrocchiale, oggi scomparsa, e a quelle del cinquecentesco Santuario di Santa Maria Lacrimosa, entrambi situati lungo la Via Emilia Levante. Il Portico degli Alemanni, così detto da un ospedale di pellegrini tedeschi del XIII sec., rappresenta la prima espansione della città verso la campagna con 145 archi edificati tra il 1619-1631. I portici a Bologna compaiono agli inizi dell’XI sec. su aree di proprietà privata come abuso edilizio per essere poi regolamentati dal Comune a partire dal XIII sec. come spazio privato ad uso pubblico; oggi si estendono per circa 40 km. Via Mazzini termina sui viali che circondano il centro della città, racchiuso fino al 1900 entro le mura medioevali.
Dall’ultimo arco di portico si vede Porta Maggiore, una delle 12 porte di Bologna che era inserita nell’ultima delle tre cerchie murarie oggi abbattute. Il piano regolatore del 1889 apre infatti al nuovo secolo; si abbattono tutte le mura per far posto ai viali di Circonvallazione e vengono allargate le vie Ugo Bassi e Rizzoli, passaggio in città della Via Emilia. Questo comporterà la demolizione di alcune torri e case storiche.

Porta Maggiore
Ci si sposta poi su Strada Maggiore che è la “main street” di Bologna per le dimensioni, l’importanza degli edifici che la fiancheggiano e delle famiglie che li abitarono. Sbirciando dentro ogni portone che vi si pari di fronte, è facile scoprire affascinanti giardini. Sui principali palazzi troverete un cartiglio con i dati storici essenziali. Da annotare al civico 45 Palazzo Hercolani edificato alla fine del ’700, oggi sede della facoltà di Scienze Politiche. Al piano terra si trovano due cortili e un giardino all’inglese; nel primo cortile un monumentale scalone neoclassico sale ai decorati ambienti del piano nobile. Al civico 44 si trova Palazzo Davia Bargellini, edificio secentesco con due “telamoni” (corpulenti sculture maschili che “sostengono” l’ingresso all’edificio); all’interno lo scalone barocco e il Museo Civico d’arte industriale.
Palazzo Davia Bargellini

Di fronte l’elegante portico della chiesa dei Servi di Maria, il cui interno, molto austero, è ricco di opere d’arte. Dietro l’altar maggiore si può ammirare la “Madonna in trono” del Cimabue (XIII sec.) restaurata nel 2015. I Volontari di “Aperti per Voi” del Touring Club Italiano ne curano la possibilità di visita.


Chiesa dei Servi di Maria

Al civico 36 la Torre Oseletti svetta sul tetto di Palazzo Sanguinetti con la sua base di selenite. È una delle circa 20 torri gentilizie ancora esistenti nel centro storico della città. Al 37 Casa Carducci, prima residenza bolognese del poeta (vi abitò dal 1876 al 1890). Al 34 Palazzo Sanguinetti il cui nucleo originario risale all’inizio del XVI secolo ed è, dal 2004, sede del Museo Internazionale e Biblioteca della musica. Al 26 Casa Rossini (dal 1824 abitata dal grande musicista e dalla famiglia per quasi vent’anni), sulla cui facciata compare un epigramma di Cicerone “NON DOMO DOMINUS - SED DOMINO DOMUS” (Non è il padrone che deve inorgoglirsi della casa, ma la casa del padrone). Al 24 Palazzo Sampieri-Talon con cicli pittorici dei Carracci. Al n. 4 la chiesa di San Bartolomeo con all’interno il dipinto della Madonna del suffragio di Guido Reni.

Alla fine di Strada Maggiore si trova la Piazza di Porta Ravegnana punto strategico della città medioevale, dove convergono la Via Emilia e la Via San Vitale che porta a Ravenna. Sulla piazza la seicentesca statua di San Petronio e le Due Torri, simbolo di Bologna: Garisenda e Asinelli (così chiamate molto probabilmente dal nome delle famiglie che le edificarono). Rappresentano ciò che resta di oltre 100 case-torri risalenti al Medioevo, realizzate in muratura. La Torre degli Asinelli, costruita tra il 1109 e il 1119, è alta 97,2 m, ha una scalinata interna con 498 gradini (terminata nel 1684) e si può salire sulla cima; dall’alto si vede la struttura a raggiera delle vie e la linea retta della Via Emilia che taglia la città. La Torre Garisenda, coeva, è alta 47 m e presenta un’accentuata pendenza (strapiombo di 3,72 m) dovuta a un cedimento delle fondamenta o del terreno. Alla metà del XIV sec. si rese necessario l’abbassamento della torre. Dante Alighieri la cita con un paragone nel suo poema (“Qual pare a riguardar la Garisenda...”: Inf. XXXI, v. 136). Per saperne di più si può visitare il Museo della Storia di Bologna nel Palazzo Pepoli in Via Castiglione 8-10.

Le due torri 

Via Rizzoli - Via Ugo Bassi sono il risultato degli ampliamenti ottocenteschi che ripercorrono la Via Emilia ed il decumano massimo della Bologna romana. Proprio nel punto di incontro tra le due strade si trova la Sala Borsa, oggi spazio culturale del Comune cui si accede da piazza del Nettuno. Nel salone dal pavimento di ghisa e vetro si intravedono i sottostanti scavi archeologici (visitabili), dove spiccano i resti della basilica civile romana del II sec. a.C. Le vicende di questo edificio sono particolarmente affascinanti: nel ’300 è stato un giardino fortificato, nel 1568 orto dei semplici (giardino delle piante medicinali curato dal naturalista Ulisse Aldrovandi), nel 1886 Borsa cittadina, dal 1903 spazio polifunzionale, mensa, banca, teatro dei burattini, campo di pallacanestro, uffici comunali. Dal 2001 Biblioteca Comunale con spazi per bambini e ragazzi.

Gli scavi sotto Sala Borsa

Uscendo dalla Sala Borsa, di fronte alla Fontana del Nettuno (che i bolognesi chiamano “il Gigante”), si erge il Palazzo Re Enzo. Re Enzo di Sardegna, figlio dell’imperatore Federico II di Svevia, durante la battaglia di Fossalta nei pressi di Modena, rimase prigioniero dei Bolognesi, che sconfissero le truppe imperiali; fu recluso nel palazzo per 23 anni fino alla morte avvenuta nel 1272. Girando l’angolo verso Via Ugo Bassi un’altra fontana dello stesso periodo addossata al Palazzo comunale (lato nord) è detta anche “Fontana della Gabella vecchia”.

La fontana del Nettuno

Si percorrono ora Via San Felice e Via Saffi. Al civico 24 di San Felice si trova Palazzo Pallavicini nel quale hanno avuto dimora alcune delle famiglie senatorie più importanti di Bologna. Gli diede ancor maggior lustro il nobile genovese Luca Pallavicini che si ritirò a vita privata a Bologna nel 1754 divenendo protettore di musicisti e letterati. Nel “salone dei passi perduti” Wolfango Amedeo Mozart, quattordicenne, tenne un importante concerto. Al 41 la chiesetta di San Nicolò dell’Abbadia (rimane solo la facciata) unita fino al 1100 alla contigua abbazia dei santi Naborre e Felice. Al 64 la chiesa di San Maria della Carità proprio all’incrocio con Via Riva Reno dove, quando il canale era scoperto (fino al 1953), c’era un ponte detto anch’esso della Carità.

Palazzo Pallavicini

Curioso e oggetto di non poche perplessità è il Monumento alla lavandaia realizzato in occasione di “Bologna Città Europea della Cultura” dell’anno 2000. La statua è collocata in Via della Grada lungo il canale di Reno, oggi coperto, dove per secoli si sono stipati mulini, opifici, osterie, lavanderie e la prima turbina idroelettrica cittadina.
Uscendo dalla città la Via Emilia prende il nome di Via Saffi lungo la quale, al civico 34, si trova la traccia del pozzo della “secchia rapita”, cioè del luogo in cui i modenesi, vittoriosi nella battaglia di Zappolino del 1325, rubarono un secchio per beffeggiare i nemici bolognesi sconfitti. Sono visibili due lastre che ne stringono altre due semicircolari con la scritta: “pozzo della Secchia Rapita”. Il “secchio” è conservato nel Palazzo comunale di Modena. L’episodio viene ricordato anche grazie all’opera in versi la “secchia rapita” di Alessandro Tassoni del 1622. Il luogo può essere raggiunto con una facile passeggiata oppure con bus n. 19 o n. 13 (fermata Palazzo dello sport Via Riva Reno).
La Via Emilia ha conservato fino ai giorni nostri l’importanza strategica che già aveva in epoca romana, e lungo il suo percorso si continua a sviluppare una nuova élite di grandi imprese come la GD che ha dato vita al MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) o il Museo Ducati Moto, Via Antonio Cavalieri Ducati n. 3 e Il Museo del gelato - Il Gelato Museum Carpigiani (bus 13) - primo museo del gelato al mondo.


MAST

INFORMAZIONI
- Tutte le tappe di 
"Aemilia, una via lunga 2200 anni" sono sulla nostra pagina dedicata.
- Hanno curato la realizzazione della tappa 3 Lucia Arena e Angela Manfredini.
Scarica la mappa e la descrizione della tappa 3 in formato pdf!
- Scopri nel dettaglio il percorso di "Aemilia, una via lunga 2.200 anni" sulla mappa interattiva di tourer.it/itinerari.